Copyright online: pro e contro il Regolamento Agcom

Lo scorso 31 marzo è ufficialmente entrato in vigore il nuovo Regolamento in materia di copyright online emanato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). Così com’è formulato il documento non si rivolge solamente alle grandi major discografiche e cinematografiche, ma tutela i diritti di proprietà intellettuale anche dei singoli, che dall’inizio del mese possono rivolgersi all’Authority per rivendicare la paternalità delle loro creazioni (siano esse opere digitali o servizi di media audiovisivo o radiofonico). L’obiettivo del regolamento è promuovere lo sviluppo dell’offerta legale di opere digitali e contrastare il fenomeno della pirateria, che secondo l’associazione di categoria Confindustria Radio TV peserebbe circa 500 milioni sul settore dell’audiovisivo (dati di gennaio 2014).

Frutto di un’ampia consultazione con la Commissione europea, il regolamento attribuisce all’Agcom la facoltà di rimuovere, oscurare o impedire l’accesso a quei contenuti che non risultano conformi alle norme. I provvedimenti saranno improntati ai criteri di adeguatezza, gradualità e proporzionalità così da scongiurare un eventuale abuso di poteri, che potenzialmente può configurarsi come una restrizione del diritto di espressione, anch’esso riconosciuto sia in sede nazionale che comunitaria.

Per alimentare una cultura della legalità, le misure inibitorie non si limitano alla sola opera di contrasto, ma prevedono anche forme di autoregolamentazione, che saranno promosse dalle istituzioni in collaborazione con gli operatori del settore. In caso di sospetta violazione dei diritti di proprietà intellettuale, gli utenti sia in forma individuale che collettiva (tramite associazioni di settore e società di gestione) possono presentare istanza all’Agcom in forma elettronica, chiedendo la rimozione delle opere digitali. Il documento non impatta, quindi, direttamente sui consumatori finali, ma sui fornitori di servizi media o sui prestatori di servizi (hosting provider o ISP) nel caso di opere digitali diffuse online, su reti di comunicazione elettronica. Malgrado ciò, ove necessario anche altre figure come il gestore del sito o della pagina internet e l’uploader (ovvero il soggetto che carica online un contenuto audiovisivo) possono intervenire nel corso dell’istruttoria a garanzia dei loro diritti.

L’introduzione del nuovo Regolamento Agcom non ha mancato di sollevare alcune perplessità, in parte condivise da Confindustria Digitale. A finire sotto giudizio sono le modalità d’intervento dell’Agcom in quanto le comunicazioni successive alla presentazione dell’istanza sono di pertinenza dell’Autorità. Spetterà, infatti, all’Ufficio diritti digitali individuare i contenuti sui quali intervenire, un compito di non sempre facile attuazione (si pensi per esempio alle piattaforme tipo YouTube che contengono migliaia di video). Ci sono, inoltre, dubbi sulla procedura d’urgenza abbreviata che, su richiesta del soggetto istante e per casi particolarmente gravi, può concludersi in poco meno di due settimane e sui contenuti oggetto delle norme (ad esempio, vi rientrano anche i contenuti seriali come telefilm e serie TV?). Per quanto riguarda invece la documentazione da allegare come testimonianza dell’avvenuta violazione, è richiesto un semplice screenshot dell’opera digitale oggetto della contestazione. Va da sé che questo genere di prove si presta a essere facilmente modificato, ragion per cui la giurisprudenza non è solita attribuirgli valore legale. Anche le misure inibitorie non sono giudicate particolarmente incisive (si parla di rimozione dei contenuti o al massimo di oscuramento del sito internet che li ha diffusi), ma ciò non esclude comunque la possibilità di percorrere la via giudiziaria.

©Futuro Europa®

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