Afghanistan, elezioni dopo trent’anni di guerre

Una nuova tappa si apre nella Storia dell’Afghanistan. Sabato 5 Aprile, la popolazione si è recata a votare per eleggere un nuovo Presidente dopo 13 anni di regno di Karzai (e di intervento militare guidato dagli americani), che hanno profondamente trasformato il Paese, senza riuscire però a vincere, né a guadagnarsi il consenso degli insorti Talebani. Questa scadenza politica viene considerata come un test importante per la stabilità del Paese e la solidità delle sue Istituzioni, mentre il ritiro delle forze NATO, previsto per la fine del 2014 fa temere un ritorno di fiamma della violenza, in realtà mai sopita. I Talebani rimangono gli artefici di una violenta insurrezione. Secondo fonti delle Nazioni Unite, 3000 civili sono morti nel 2013 (+7% rispetto al 2012). Ma il Paese sembra veramente essersi evoluto dalla messa al bando dei Talebani nel 2001, quando, sulla scia dell’11 Settembre, furono cacciati dal potere da una coalizione militare guidata dagli Stati Uniti.

Chi sono i principali candidati? Tra gli otto concorrenti per la successione del Presidente Karzai (che non ha potuto ripresentarsi perché la Costituzione non glielo ha permesso), si distaccano tre favoriti. Il primo è Abdullah Abdullah, nato da padre Pashtun e madre Tadjika, i due principali popoli afghani, Abdullah era riuscito, dopo una bella campagna elettorale, ad arrivare in seconda posizione al primo turno delle Presidenziali del 2009, con più del 30% delle preferenze. Si era ritirato dal secondo turno dopo aver denunciato, come molti osservatori, delle frodi massicce, che avevano portato alla rielezione de facto del presidente Hamid Karzai. Vendicativo, quest’anno ha attuato una campagna molto energica, ripetendo senza tregua che solo la truffa e i brogli avrebbero potuto impedirgli di vincere le elezioni. Abdullah, 53 anni, forte sostenitore dell’opposizione e apprezzato dai leader occidentali, era stato portavoce del Comandante Shah Massoud – famoso resistente all’occupazione sovietica e al regime talebano,assassinato il 9 Settembre del 2001 – prima di essere nominato Ministro degli Esteri del primo Governo Karzai.

Il secondo contendente è Zalmai Rassoul, fino a pochi mesi fa Ministro degli Esteri, incarico che ha lasciato per lanciarsi nella campagna elettorale. E’ un Pashtun vicino al Presidente Karzai – fu suo consigliere per la sicurezza nazionale dal 2003 al 2010 – viene considerato da molti osservatori come il candidato del potere uscente, del quale rivendica l’eredità politica. Rassoul ha conquistato nelle ultime settimane il sostegno di due altri candidati, tra i quali figura Qayum Karzai, fratello maggiore dell’attuale Presidente, ma la sua mancanza di carisma politico potrebbe costargli diversi voti. Poliglotta, parla correntemente quattro lingue tra le quali l’italiano, ha studiato medicina a Parigi ed è stato Segretario Generale dell’ultimo re dell’Afghanistan, Mohammed Zaher Shah, durante il suo esilio a Roma.

Il terzo è Ashraf Ghani, economista, professore universitario riconosciuto e stimato a livello internazionale. Ha lasciato il suo incarico di capo del Comitato di transizione, istituzione governativa incaricata di supervisionare la transizione democratica in Afghanistan, per dedicarsi unicamente alle Presidenziali. Anche lui è di origini Pashtun e aveva partecipato alle elezioni del 2009 ottenendo un deludente 2,94% di preferenze. Ma contrariamente all’ultima campagna elettorale, dove era apparso fin troppo discreto, Ghani questa volta ha portato avanti la sua campagna senza risparmiarsi, pronunciando discorsi appassionati che sono riusciti a coinvolgere moltissime persone. Non è né un ex militare, né un professionista della politica, ma un ex dirigente della Banca Mondiale, laureato alla Columbia University di New York ed ha ricoperto il ruolo di Ministro delle Finanze dal 2002 al 2004. La sua candidatura ha sollevato alcune polemiche quando ha scelto come candidato a lui associato il controverso Abdul Rasheed Dostom, accusato di aver autorizzato nel 2001 il massacro di centinaia di prigionieri afghani.

Ma non è tutto, tra i candidati figura anche Abdul Rasul Sayyaf, uno dei più celebri capi militari afghani. Pashtun ritenuto essere molto vicino all’Arabia Saudita, la sua notorietà risale all’occupazione sovietica (1979-1989), prima di unirsi all’Alleanza del Nord del comandante Massoud durante la guerra civile (1992-1996). Le milizie controllate da Sayyaf, che oggi ha 70 anni, erano state messe in discussione da un Rapporto delle NU per il massacro di centinaia di Hazari sciiti a Kabul nel 1993. Sayyaf appare anche in un Rapporto della Commissione Americana per l’11 Settembre per essere stato il “mentore” di Khaled Cheikh Mohammed, mente auto confessa degli attentati del 2001. Sebbene non sia considerato nella rosa dei favoriti, questa personalità influente potrebbe giocare un ruolo importante nei negoziati che potrebbero essere necessari per il secondo turno.

Le autorità hanno salutato come un successo questa prima tornata elettorale, che ha visto un tasso di partecipazione del 50%, molto superiore al 30% registrato nel 2009. Se due persone sono state ferite da un ordigno artigianale in un seggio di Logar (centro), secondo le autorità locali, nessun incidente di rilievo è stato segnalato in una giornata che i ribelli Talebani avrebbero  potuto boicottare in molti modi. Di fronte alle minacce talebane, centinaia di migliaia di poliziotti e soldati afghani sono stati mobilitati in tutto il Paese, soprattutto a Kabul, praticamente blindata nella giornata elettorale. I ribelli, artefici di una violenta guerriglia dalla loro cacciata dai vertici del Paese, hanno insanguinato la Campagna elettorale, senza però riuscire a minarla veramente. Molte loro operazioni hanno avuto una forte eco come l’attacco all’hotel Serena di Kabul, che ha causato la morte di 9 persone, tra le quali 4 stranieri. Gli attentati sono costati la vita anche due giornalisti stranieri, l’anglo-svedese Nilso Horner, ucciso all’inizio di Marzo a Kabul, e la fotografa tedesca Anja Niedringhuas, il venerdì che precedeva le elezioni. Oltre al problema della sicurezza, due altre minacce pesano su queste elezioni: i brogli e l’astensionismo. I primi sono stati già denunciati dai principali candidati e segnalati alla Commissione dei reclami elettorali (ECC). Il secondo sembra essere scongiurato viste le lunghe file d’attesa davanti ai seggi e l’entusiasmo con il quale è stata affrontata questa pagina importante per la Storia del Paese. In realtà dopo gli ultimi attacchi, diverse missioni straniere in Afghanistan per il controllo elettorale hanno deciso di lasciare il Paese, complicando il monitoraggio delle possibili frodi, cosa che preoccupa maggiormente tutti coloro che, nonostante i rischi, sono andati a votare per il cambiamento.

I risultati preliminari del primo turno verranno resi noti il 24 Aprile, prima di un possibile secondo turno il 28 Maggio.

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