Camera di Consiglio
Trascrizione in Italia di un matrimonio gay celebrato all’estero – Il caso: due cittadini italiani omosessuali che avevano contratto matrimonio a New York, secondo le leggi ivi in vigore, richiedevano al Tribunale di Grosseto la trascrizione del detto matrimonio nei registri di stato civile italiani; i giudici, non ritenendo tale matrimonio contrario all’ordine pubblico internazionale, hanno accolto la domanda disponendo la richiesta trascrizione.
Il passaggio giuridico attuato dai giudici inizia dagli artt. 27 e 65 della L.218/95, che detta le regole italiane di diritto internazionale privato; il primo stabilisce le condizioni per contrarre matrimonio, disponendo che per esse si applica la legge nazionale di ciascun nubendo, mentre il secondo stabilisce le modalità di riconoscimento in Italia dei provvedimenti stranieri, disponendo che essi hanno efficacia se attuati secondo la legge del Paese straniero e se non sono contrari all’ordine pubblico. Si prosegue, poi, con il richiamo all’art. 115 del Codice Civile, che disciplina il matrimonio del cittadino all’estero, stabilendo la soggezione del cittadino alle disposizioni del medesimo codice.
Tutte dette norme richiamano la legge nazionale dei nubendi e, quindi, nel nostro caso la legge italiana. E proprio su questo punto il Tribunale fa un’affermazione decisamente forte e cioè che, non essendo individuabile, secondo la sua interpretazione, nel nostro codice alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio, la legge italiana non conterrebbe alcun elemento tale da escludere dall’istituto del matrimonio le coppie omosessuali.
Tale affermazione non è assolutamente condivisibile, dato che in più punti il nostro codice con chiarezza parla di “marito” e “moglie”, pertanto risulta evidente che il presupposto della differenza dei sessi, pur non essendo esplicitamente richiamato nelle specifiche condizioni necessarie per contrarre matrimonio, costituisce una premessa assolutamente scontata e che non può essere posta in dubbio. Altrimenti non avrebbe senso la dichiarazione di volersi prendere “rispettivamente in marito e in moglie”, espressamente prevista dall’art. 107 del Codice Civile che disciplina la forma della celebrazione, così come non avrebbe senso parlare dei diritti e dei doveri che “il marito e la moglie” acquisiscono con il matrimonio previsti dall’art.143 del Codice Civile, così come non avrebbe senso di parlare del cognome della “moglie” di cui all’art. 143 bis del Codice Civile.
Il Tribunale, poi, superato con la suddetta interpretazione l’ostacolo di diritto interno, richiama l’art. 18 del DPR 396/2000, che disciplina l’ordinamento degli atti di stato civile, articolo che pone come unico limite alla trascrivibilità degli atti stranieri la contrarietà all’ordine pubblico.
Su tale punto (contrarietà all’ordine pubblico) si è ritenuto di richiamare i principi esplicitati nel notissimo provvedimento della Corte di Cassazione n.4148 del 2012, secondo il quale il matrimonio delle persone dello stesso sesso costituirebbe un vero e proprio diritto fondamentale, per quanto condizionato ad una riserva assoluta di legislazione ordinaria. Per cui esso non sarà possibile in Italia finché non ammesso da una legge dello Stato, ma ciò non significa che le coppie omosessuali non siano titolari del diritto alla “vita familiare” e di vivere la loro condizione di unione con tutela, anche giurisdizionale, di specifiche situazioni. Conseguentemente, secondo la Cassazione, il matrimonio tra persone dello stesso sesso non sarebbe “inesistente”, ma semplicemente inefficace nel nostro ordinamento non potendo, in difetto di uno specifico atto legislativo che lo consenta, produrre alcun effetto in Italia, inefficacia, però, che porterebbe a negarne la trascrivibilità.
Anche su tale punto il Tribunale di Grosseto fa un ulteriore passo, infatti se il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è inesistente per il diritto italiano, di certo non appare sussistere, secondo i suddetti principi della Suprema Corte, alcuna contrarietà all’ordine pubblico internazionale (unico limite alla trascrizione secondo il richiamato art.18 DPR 396/2000), pertanto va da sé che nessun impedimento può configurarsi per la trascrizione del matrimonio omosessuale contratto all’estero, quindi essa deve ritenersi ammissibile e lecita.
E’ innegabile constatare come la giurisprudenza tenda, con percorso inesorabile, ad aprire sempre più la strada nel nostro Paese per l’introduzione del matrimonio omosessuale, per cui la problematica appare debba essere urgentemente esaminata dal legislatore.
Certo è evidente l’opportunità della tutela di alcuni diritti fondamentali e l’eliminazione di qualsivoglia discriminazione nei diritti umani, garantendo a tutti, indipendentemente dalle tendenze sessuali, una serena vita familiare, quale che sia la tipologia di famiglia prescelta, ma voler a tutti i costi snaturare un istituto come quello del matrimonio, basato necessariamente sulla biologia dell’essere umano e volto alla procreazione, in nome di un modernismo che diventa sempre meno comprensibile, sembra un percorso quanto mai pericoloso.
©Futuro Europa®
[NdR – L’autore dell’articolo, avvocato, è membro del “Progetto Mediazione” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma]