Un matrimonio da favola (Film, 2014)
Un matrimonio da favola non è ‘commedia all’italiana’, come buona parte della critica ha scritto, ma una pochade alla Feydeau che si conclude in bagarre. La ‘commedia all’italiana’ racconta la vita, parte dai nostri vizi e difetti, fa sorridere e pensare, con leggerezza, non ha sempre un lieto fine, i personaggi sono presi dalla vita, intrisi di realismo. Niente di tutto questo è possibile riscontrare nell’ultimo lavoro dei fratelli Vanzina che banalizzano l’idea contenuta in Compagni di scuola (1988) di Carlo Verdone.
Regista e sceneggiatore raccontano la storia di cinque vecchi amici che si ritrovano dopo vent’anni in occasione di un matrimonio. Si sposa il più sfigato: Daniele (Memphis), che sembra aver vinto un terno al lotto, perché convola a nozze con Barbara (Osvart), affascinante figlia di un ricco banchiere svizzero. I quattro amici invitati non hanno avuto la stessa fortuna. Luca (Giannini) ha abbandonato il sogno di viaggiare per fare la guida turistica a Roma, ma resta un gran seduttore. Giovanni (Solfrizzi) ha sposato Paola, avvocato divorzista (Minaccioni), ma ha pure una giovane amante: Sara (Spada), che lo crede single. Alessandro (Pasotti) è militare in carriera ma è gay e non ha il coraggio di farlo sapere. Luciana (Rocca), ex nazionale di calcio femminile, si è sposata con un marito tirchio e fastidioso come Fabio (Rossi), ma è ancora innamorata di Alessandro.
I destini che s’incrociano poco prima delle nozze portano alla ribalta vecchi caratteri e ruoli immodificabili: lo sfigato, il tombeur de femmes, la calciatrice innamorata e delusa, il debole vessato da una perfida moglie, il gay che non riesce a fare outing, l’amante delusa, la donna che non riesce a cambiare… La trama si sviluppa in una finta Zurigo – il film è girato a Bolzano – durante i preparativi per il matrimonio tra un modesto impiegato di banca e la figlia di un ricco banchiere che disprezza il futuro genero. La pellicola procede per una serie di equivoci, scambi di camere e persone così ossessiva da risultare fastidiosa. I personaggi sono superficiali, caricature e non caratteri, al punto che non ci si affeziona a nessuno, meno che mai a un Ricky Memphis, sposo tradito da uno dei suoi amici e da una moglie che in fondo non conosce. Paola Minaccioni è il bozzetto di un avvocato divorzista e la macchietta della moglie assillante. Max Tortora è il più simpatico nei panni dello zio ladro e cafone, comicamente a disagio come ospite di un matrimonio elegante. Brava Stefania Rocca, se non altro la più espressiva di un cast che sembra recitare controvoglia un copione che profuma di Alberto Sordi e di troppe cose già viste in passato. Emilio Solfrizzi è a suo agio nel ruolo del marito che non sa decidere e finisce per perdere moglie e amante. Giorgio Pasotti è un gay convenzionale che alterna un lavoro molto macho a una vita privata di ben altro tipo. Stefania Rocca è innamorata di lui, finirà per andarci a letto, trovando il coraggio di lasciare il marito, consolandosi col fatto di essere stata l’unica donna della sua vita. Le altre presenze femminili – Andrea Osvart e Ilaria Spada – sono belle e decorative ma la recitazione non è cosa per loro. Qualche gag funziona, ma le migliori sono quelle più farsesche, da commedia sexy, non certo le situazioni da commedia.
Il finale è suggestivo, con gli amici che ritornano ragazzini e si mettono a giocare al calcio, ricollegandosi al flashback iniziale delle sequenze scolastiche. La fotografia di Lucidi è da cartolina, troppo convenzionale e perfetta, da fiction televisiva. Il montaggio di Montanari è serrato, mentre la musica di Taviani e Travia utilizza pezzi commerciali di gran moda. La sceneggiatura è ben congegnata con meccanismi a incastro che i Vanzina conoscono a memoria, ispirandosi al lavoro del padre Steno. Poco credibile il ritrovamento del biglietto in lavanderia (in un capo lavato e stirato!) da parte di Memphis quando scopre il tradimento della futura moglie.
Un film che è ancora più superficiale rispetto alla media dei Vanzina movie, perché non tenta neppure un modesto approccio con la realtà. I contenuti sono da soap-opera, l’azione si svolge nel mondo dorato dei ricchi, dipingendo un netto contrasto tra l’alta società e i bassi ceti sociali. I Vanzina spingono l’acceleratore sul versante sexy, con alcune sequenze insolite nel loro cinema che riportano alla vecchia commedia erotica. Tutto sommato il film diverte ed è accettabile, se entriamo in sala preparati a vedere una farsa e non ci attendiamo una ‘commedia all’italiana’ o una ‘commedia sofisticata’. Un matrimonio da favola non ha proprio niente di sofisticato.
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Regia: Carlo Vanzina. Soggetto: Carlo Vanzina, Enrico Vanzina. Sceneggiatura: Carlo Vanzina, Enrico Vanzina, Edoardo Falcone. Fotografia: Enrico Lucidi. Montaggio: Luca Montanari. Musica: Giuliano Taviani, Carmelo Travia. Scenografia: Serena Alberi. Costumi: Daniela Ciancio. Produttore: Fulvio Lucisano, Federica Lucisano. Produzione: IIF, Rai Cinema. Interpreti: Adriano Giannini (Luca), Ricky Memphis (Daniele), Paola Minaccioni (Paola), Andrea Osvart (Barbara), Giorgio Pasotti (Alessandro), Stefania Rocca (Luciana), Riccardo Rossi (Fabio), Emilio Solfrizzi (Giovanni), Ilaria Spada (Sara), Max Tortora (zio Remo), Luca Angeletti (Roberto), Teco Celio (Casimiro), Roberta Fiorentini (madre di Daniele).
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]