Aurélie Filippetti, un Ministro per la leadership culturale UE
Francia – Aurélie Filippetti, riconfermata Ministro della Cultura e delle Comunicazioni dal nuovo Primo Ministro francese Manuel Valls, si pronuncia in previsione delle Elezioni Europee di maggio. Il 4 aprile ha presieduto un incontro con 20 colleghi di altri Stati membri, tra i quali il nostro Dario Franceschini. La riconferma, che non ha invece ottenuto il nostro Massimo Bray, ha rinsaldato la sua determinazione e l’ha condotta alla decisione di formare una leadership culturale UE. La Filippetti vuole giocarsi l’ottava grande occasione di cambiamento europeo e non essere colta impreparata.
Il Ministro dalle origini italiane opera una manovra mirata a far accostare in particolare i Paesi dell’eurozona (a oggi 18) e la sua Francia all’Italia, che avrò la Presidenza europea da luglio a dicembre. Lei crede fermamente nella Cultura, motivata non certo a torto: “La Cultura è un nutrimento fondamentale. È un cibo spirituale, morale. Anche io devo spiegarlo al Dicastero delle Finanze. In Francia, l’industria culturale rappresenta già il 3,2% del nostro PIL, con un giro d’affari di 58 miliardi di euro, superiore a quello dell’industria automobilistica”.
La Cultura accostata al termine “industria” non se la cava male in Francia. Perché non applicare lo stesso piano come soluzione UE? La Filippetti lancia l’idea, ma con non poche complicazioni la riesce a smuovere dal livello teorico. Nomina tanti buoni propositi, tuttavia non è capace di dare forma a nessuno di essi al momento. Il tempo è agli sgoccioli e la Filippetti ha dovuto presentarsi con ciò che aveva in mano, per poco che fosse.
Le sue sono silhouette di concetti da estendere su base paneuropea. La valorizzazione della cultura, la protezione dei prodotti culturali, il patrimonio culturale come identità comunitaria e balsamo contro il populismo considerato come minacciato da 2 fuochi dati dai gruppi elitari e dalle minoranze. Il Ministro Filippetti si presenta deciso sul percorso verso l’unità culturale in senso economico e ideologico. 65 proposte saranno oggetto di selezioni e discussioni, da cui deriverà una sintesi elaborata per la presentazione in sede della prossima Commissione Europea, dopo le Elezioni.
Si pronuncia più preoccupata che entusiasta: “L’industria culturale attraversa una rivoluzione senza precedenti dovuta alle nuove tecnologie. La presunta ottimizzazione fiscale dei giganti del web rischia di essere solo un’evasione fiscale che mette a repentaglio il sistema di protezione e finanziamento degli autori. Bisogna fare passi avanti anche sull’IVA applicata ai prodotti culturali, compresi i media digitali”.
Mettiamo nero su bianco che il vertice organizzato dalla Filippetti vede l’origine della propria causa prima durante i negoziati relativi all’accordo di scambio tra UE e USA dello scorso anno, quando era stata approvata la cosiddetta “eccezione culturale”. La Francia, con il sostegno di altri 14 Paesi UE e rappresentanti d’oltreoceano, aveva sottratto dall’operazione il settore audiovisivo, in quanto importante leva per la crescita e l’impiego. La Cultura per lei deve essere trattata come merce speciale. Il rischio è che ciò, al posto di tutelarla, produca un ulteriore difficoltà nella sua circolazione e si riduca a essere uno dei tanti limiti economici già esistenti e controproducenti, dunque pro-crisi e pro-aumento della pressione fiscale. Per esempio in Francia, sorge l’opzione di imporre una tassa sui tablet.
Eppure lo sviluppo tecnologico e il web costituiscono un’ottima modalità di diffusione e commercializzazione culturale. Il mare magnum della rete forse è ora il luogo più democratico: tutti dispongono di pressoché eguale potere di accesso e di diffusione rispetto alle informazioni. Ormai l’e-commerce è la risorsa ideale per reperire venditori e compratori, grazie a tutte quelle piattaforme online di vendita di prodotti artistici. E ancora in merito ai tablet: “Il nostro modello non è arcaico, come dicono alcuni, ma deve essere adattato alle nuove tecnologie. È in gioco la sopravvivenza della nostra diversità culturale”.
Diversità culturale tra carta stampata e il digitale? Idee forse un po’ confuse. Questo presente tecnologico non può essere rallentato e regolato dalle comuni leggi di mercato; forse è qui che dovrebbero entrare in ballo norme speciali e rivoluzionarie. Il web è maestro di cultura e istruzione.
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