La lezione di un Papa e di due nuovi santi

L’affettuosa partecipazione di milioni di credenti e non all’affascinante celebrazione della beatificazione di Papa Wojtyla e Papa Roncalli, dovrebbe far meditare tutti noi cattolici impegnati in politica.

Ora più che mai, in presenza di società disorientate, bombardate da messaggi laicisti e spesso cinici, c’è l’assoluto bisogno di un impegno civile, pur nella laicità delle nostre azioni, alla luce di valori e principi universali che ci derivano dall’insegnamento della fede nella quale siamo immersi.

La storia di questi due santi, la figura di Papa Francesco, dovrebbe far comprendere a tutti i responsabili della vita pubblica quanto sia importante lavorare per il bene comune con umiltà, onestà ed efficacia.

Nel nostro scenario politico c’è assoluto bisogno, specialmente in questo particolare momento di crisi valoriale ed economica, di una forza politica che si richiami ai principi di quel popolarismo rappresentato da De Gasperi, Schuman, Adenauer, che ha conseguito indelebili risultati di pace e benessere nell’intero continente europeo e nei singoli Stati che lo compongono.

Basta con i leaderismi personali mediatici, con la politica distante dai comuni cittadini, con l’edonismo esasperato, diffuso in modo eccessivo dai mezzi d’informazione. Si ritorni all’impegno dei cattolici democratici che ha avuto la capacità di dare all’Italia un assetto democratico e benessere economico per decenni; che ha espresso una classe dirigente ancora invidiataci dentro e fuori i confini del nostro Paese.

Non si tratta di riproporre vecchi schemi, ma di rilanciare, stando al passo con la modernità, obiettivi di convivenza civile, di equilibrio sociale, a salvaguardia dei bisognosi in un contesto sempre più aperto a orizzonti meno provinciali di quelli ai quali ci siamo abituati. L’onorevole Ciriaco De Mita, mio collega al Parlamento europeo, in una sua recente intervista, analizzando l’attuale piega della politica italiana, fa una sintetica ma profonda considerazione che la dice lunga: «I deputati oggi sono sempre più una presenza estranea non perché sono peggiori, ma perché non rappresentano più gli interessi collettivi e il voto come rito è vuoto. Nelle democrazie rappresentative, invece, il voto è un mandato fiduciario. O almeno dovrebbe esserlo». Ecco noi vogliamo che lo sia. Le nuove generazioni potranno così ritrovare una speranza d’impegno civile che li renda partecipi della costruzione del loro futuro. Quella stessa speranza che ha animato la mia generazione rendendola protagonista della vita pubblica, certo a volte con limiti ed errori, ma entusiasta e fiera di rappresentare le nostre istituzioni democratiche. Ed è con la stessa fierezza che faccio mia, anche se con una storia personale certamente non paragonabile alla sua, una citazione sempre di De Mita: «quando morirò, siccome nemmeno io sono eterno, sulla mia lapide voglio inciso: ricordati che sono stato un democristiano».

©Futuro Europa®

Potito Salatto 
 

[NdR – L’autore dell’articolo è eurodeputato del PPE e vicepresidente della delegazione Popolari per l’Europa al Parlamento europeo]

 

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