Energia rinnovabile, l’Italia fa scuola nel mondo
Il rischio è che il pressing emergenziale, questa volta dovuto alla crisi ucraina, faccia ancora una volta dimenticare il merito della ‘questione energia’: il fatto che non può più essere prodotta a scapito del clima e dell’equilibrio del pianeta. C’è questo dietro il G7 Energia, che Roma ospiterà dal 5 al 6 maggio, e che ha come tema di fondo il rafforzamento della ‘sicurezza energetica collettiva’ dei Paesi più industrializzati del mondo. Dal 7 al 9 maggio si terrà, invece, a Milano, il Solar Expo 2014, che illustrerà l’innovation cloud sulle Rinnovabili nel mondo. Sullo sfondo, le politiche energetiche del governo Renzi, sorto all’alba dell’anno del Semestre Italiano in coincidenza con la crisi ucraina appunto, ma anche impegnato nel perseguimento degli obiettivi europei di riduzione delle emissioni inquinanti al tramonto di una legislatura europea che, anch’essa condizionata dagli aspetti strategici delle politiche dell’energia, non ha deciso sui limiti massimi di emissioni inquinanti entro il 2030; né c’è da stupirsene, visto l’approccio solo strategico del resto del mondo ai problemi dell’energia, appunto.
Renzi, sia pure a favore delle sanzioni contro Putin, è obbligato a non perdere di vista gli interessi nazionali, soprattutto nel settore dell’energia. Il premier si è ritrovato inserito in bolletta da Letta il ‘capacity payment’ per sostenere gli investimenti di alcuni produttori di energia da combustibile fossile. E, come spiegato appena il 29 maggio dallo stesso Viceministro all’Ambiente Silvia Velo, “c’è nell’aria un decreto spalma-incentivi che potrebbe intervenire in maniera retroattiva sul solare, impattando sugli investimenti già fatti dalle aziende”. Con il paradosso che, nonostante il capacity payment a vantaggio dei combustibili fossili, “l’idea che la bolletta del Paese sia alta per colpa degli incentivi alle rinnovabili trova degli appoggi”, dice il Viceministro, lamentando che su queste questioni ci si debba muovere “sulla difensiva”. Eppure Renzi, investito dell’incarico istituzionale di ‘fare scuola nel mondo’ anche a nome dell’Europa, su questioni come energia e clima deve dar segni di coerenza: perché qui ci sono in gioco due-gradi-due di riscaldamento globale in pochi anni, c’è il rischio di fame, guerre e migrazioni e tra G7 Energia, Conferenza di Lima e Semestre Europeo, l’Italia si trova al centro dell’attenzione internazionale, con l’obbligo morale di ‘segnare la rotta’ su questioni di straordinaria importanza in maniera meno incerta possibile. Rotta che si traccia a partire dalle azioni nel proprio Paese, pena la scarsa credibilità e reputazione propria e di chi si rappresenta sul piano internazionale.
Ora, qui da noi le Rinnovabili sono una grande promessa, visti i brillanti risultati della ricerca italiana che molti Paesi ci chiedono di ‘mettere in produzione’. Come il Solare Termodinamico, sviluppato da Enea sul principio degli specchi ustori di Archimede, tecnologia in base alla quale è stato realizzato il centro di 30 mila metri quadri costruito proprio a Siracusa e in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di 4000 famiglie: una tecnologia che, grazie alle capacità di accumulo di energia proprie dei sali fusi sviluppati da Enea, consente agli impianti di funzionare senza irraggiamento solare, teoricamente anche di notte. Se parlerà in uno dei convegni di SolarExpo, il 7 maggio, a Fiera Milano.
Per dare un’idea di quello che potrebbe significare per noi, ad inizio marzo il Ministero dello Sviluppo Economico, l’ICE e Confindustria hanno organizzato una missione imprenditoriale in Arabia Saudita per approfondire le opportunità di collaborazione offerte dal mercato alle imprese italiane. L’ente governativo saudita K.A. CARE, King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy, ha infatti in cantiere un progetto di circa 25.000 MW per il CSP da realizzare entro 20 anni, con investimenti che superano i 100 miliardi di dollari. Se le imprese italiane riuscissero ad ottenere anche solo una piccola parte di questi investimenti, la ricaduta per la nostra economia e per l’industria del settore, sia nella fase di costruzione dell’impianto che in quella di esercizio, sarebbe particolarmente significativo. Il guaio è che questa promessa si presenta deboluccia: per rimanere al solare termico, a causa di problemi burocratici e sociali insieme siamo senza alcun impianto realizzato da nessuna delle trenta imprese italiane di settore, che pure sono pronte a produrre energia pulita e posti di lavoro in Italia e ad esportare tecnologia nel mondo; mentre in Spagna, per citare un Paese simile al nostro, di impianti ce ne sono già più di cinquanta, per una potenza installata totale di 2,3 GigaWatt. E pensare che una delle conseguenze positive della realizzazione di impianti di questo tipo sarebbe proprio, per i Paesi come il nostro, a favore della ‘sicurezza energetica’: perché quella solare è un’energia che si può produrre localmente, al riparo quindi dalle alterne vicende dei mercati internazionali, e perché un impianto che dovesse essere colpito da eventuali attentati può essere ricostruito con un dispendio di tempo e denaro molto minori rispetto agli impianti tradizionali.
Il punto allora è: se siamo anche in questo campo leader nel mondo, se i ricchi Paesi arabi, come tutti quelli della cosiddetta ‘sun belt’, guardano ancora una volta agli Italiani per valorizzare le loro risorse, perché non affrontare la questione con una visione strategica più ampia, realizzando già qui da noi politiche di sintesi tra tecnologie tradizionali e innovative, agevolando ed integrando davvero le Rinnovabili nel sistema, evitando di perdere questo ‘treno’ e valorizzando invece tutte le idee, le intelligenze e le imprese che sono la ricchezza del Paese? Perché non fare in modo di sbloccare il solare termodinamico nel nostro Paese per dare competitività alla filiera nazionale sui mercati esteri e portare l’attenzione su un’Italia interessata allo sviluppo dell’energia pulita?
Guardare avanti è doveroso, perché sul piano internazionale e sul lungo periodo la ‘questione energia’ verrà risolta con regole simili ma con strumenti diversi da quelli oggi in campo. E una cosa che storicamente non si può negare alle migliori intelligenze del Paese, soprattutto nel settore dell’energia, è aver saputo guardare avanti.
©Futuro Europa®