Ucraina e ‘Utili idioti’
Il dramma ucraino, che pareva avviato ad un’uscita diplomatica con gli accordi di Ginevra, sta tornando rapidamente a volgere in tragedia. La responsabilità va chiaramente attribuita ai ribelli filorussi, che con l’uso della violenza armata hanno creato una situazione che nessun Paese sovrano può accettare; nelle loro azioni c’era certamente anche una larga componente di provocazione (lo scopo è evidentemente di rendere inevitabile, e in qualche modo legittimare, un intervento diretto della Russia). Le autorità di Kiev per loro parte sono cadute nella trappola. Sarebbe stato difficile, quasi impossibile, per loro, assistere inerti all’occupazione degli edifici pubblici e alla rivolta aperta nelle zone russofone, ma si sono lasciate andare ad una violenza sconsiderata che non credo possa portarle a riprendere il controllo delle zone in conflitto. Il rischio è che la situazione degeneri in guerra civile generalizzata nell’Est ucraino e Odessa, una situazione a cui nessun Paese può sopravvivere indenne.
Ma vi è in tutto questo una responsabilità diretta di Mosca: senza l’incoraggiamento e l’appoggio russo, i ribelli non avrebbero né i mezzi né la forza di ribellarsi militarmente allo Stato ucraino. Le responsabilità di Putin sono dunque evidenti e Stati Uniti ed Europa non hanno altra scelta che inasprire le sanzioni in modo da consigliare lo zar di Mosca ad un certo ritegno. Altrimenti sentirebbe di avere mano libera e torneremmo alle più oscure pagine della Storia europea degli anni Trenta e del nazismo. Parrebbe un’evidenza che nessuna persona sensata può negare. Eppure in Occidente non manca chi difende Putin, ne legittima l’azione e plaude al ricongiungimento dei russofoni alla Madrepatria. Tra loro c’è di tutto: ci sono quelli che Lenin definì gli “Utili idioti”: intellettuali affascinati dal mito russo prima e sovietico poi. La lista ha nomi illustri, da Voltaire a Van Herder, da Gide a Sartre e a Neruda e attualmente include pubblicisti americani come Stephen Cohen, Max Blumenthal o Zoltan Grossman, ma persino un ex-Cancelliere tedesco – in verità piuttosto rimbambito – come Helmut Schmidt.
Cohen ha scritto, senza arrossire, che l’Ucraina “appartiene alla sfera d’influenza russa” e quindi abbiamo torto a contestare a Putin il diritto di farvi quello che crede (cioè cercare di federalizzarla per poi spezzettarla, e neutralizzarla come premessa a un ritorno all’ovile russo). Evidentemente gli ucraini, essendo vicini della Russia, non hanno diritto né alla loro indipendenza, né al loro diritto di scelta. E se si scoprisse che Polonia e Romania, e ovviamente gli Stati Baltici, sono anch’essi parte di quella zona d’influenza? Dovrebbero zitti zitti uscire dalla NATO e dall’UE, entrare in un rinnovato Patto di Varsavia e, perché no, in una nuova URSS? E Cohen aggiunge che, a ben vedere, la colpa di tutto è di USA ed UE che appoggiano Kiev e l’incoraggiano a non piegarsi ai diktat moscoviti. Ma si rendono conto certi pseudo-intellettuali delle enormità che scrivono?
Ci sono poi i tipi morbosamente attratti dall’Uomo Forte e sono pronti a dargli sempre ragione (pensiamo a quanti hanno giustificato i peggiori crimini di Hitler e poi di Saddam Hussein, di Gheddafi e persino di Kim-il-Sung e dei suoi squallidi successori). Forse è il fascino del “Cattivo”? O la sindrome di Stoccolma? Per alcuni agiscono poi un odio viscerale per tutto quanto è occidentale e un amore speculare per chi si proclama nemico ”dell’imperialismo”( a senso unico, ovviamente) e basti pensare ai plauditori di Fidel Castro e di Chavez. E la cosa peggiore è che sono in genere persone benintenzionate, sinceri democratici che si riempiono la bocca di diritti umani e libertà dei popoli – riferendosi molto selettivamente alle violazioni perpetrate da regimi di destra – e chiudono completamente gli occhi alle altrettanto gravi violazioni “di sinistra”, dalla repressione a Cuba, in Venezuela, in Iran, dai metodi polizieschi della Russia putiniana alle inumane esecuzioni in Corea del Nord. Lista, anche qui, lunghissima.
Poi ci sono quelli che agiscono in nome di un malinteso pacifismo, che porta sempre ad accettare e alla fine giustificare le male azioni altrui e a criticare chi cerca di opporvisi, se questo comporta rischi di qualsiasi tipo: è la sventurata schiera degli “appeaser” (tra cui, spiace dirlo, si ritrovano anche certi settori della Chiesa o del mondo ad essa legato). Fin qui si può parlare di ingenuità, errore, idiozia, magari in buona fede. Ma nella lista c’è il gruppo imperdonabile di quelli che hanno difeso in passato i peggiori dittatori e oggi sostengono Putin per concreti interessi politici o privati. Interessi di parte: indigna vedere schierate tra le fila prorusse le peggiori destre europee: la Lega Nord in Italia, il Vlaamse Belang in Belgio, il Freedom Party in Austria, i Joblik in Ungheria, il Fronte Nazionale in Francia. Ma non sono i difensori del nazionalismo? E gli ucraini non si battono per loro identità nazionale? Il nazionalismo russo è buono e quello ucraino cattivo? L’assurdo è che l’accusa rivolta dai filorussi e da Mosca contro il movimento indipendentista ucraino è di essere fascista, anzi nazista! Perchè si schierano questi neo-fascisti al lato di Mosca e contro i supposti “camerati” ucraini? Ma è chiaro: per odio all’Europa e ai suoi valori, quei valori a cui gli Ucraini si richiamano.
Ma al fondo della lista, per indegnità morale, ci sono quelli che sono mossi da concreti interessi privati: da noi Berlusconi, socio in affari di Putin; in Germania l’ex Cancelliere Schroeder, membro del Consiglio d’Amministrazione di GAZPROM a 250.000 euro l’anno. Sono voci screditate e poco o per nulla influenti sulla politica dei rispettivi governi, ma rischiano di indurre Putin a una lettura sbagliata della determinazione e della compattezza occidentale. Errore pericoloso: l’esempio è Saddam Hussein, che aveva scambiato la varietà e libertà di opinioni in America e in Europa come un fattore decisivo di inazione e sbagliò il calcolo. Putin ovviamente non è Saddam Hussein e c’è da sperare che non faccia lo stesso errore, perché sarebbe tragico. C’è da sperare che abbia presenti i limiti da non superare e mantenga, lui come gli altri, i nervi freddi e si torni al tavolo negoziale. Kiev deve accettare alcuni sacrifici, conscia che la sola alternativa è il disastro di cui sarebbe la prima a pagare le tragiche conseguenze. Offra tutte le garanzie ragionevoli e possibili per le sue minoranze russofone e non escluda neppure un loro eventuali distacco al termine del cammino (un esempio in Europa c’è: gli Accordi De Gasperi-Gruber sull’Alto Adige): meglio essere una Paese più piccolo ma etnicamente compatto e senza spine nel fianco. Offra alla Russia la certezza di non trasformarsi in una pista di lancio militare della NATO contro di lei. Rassicuri, inoltre, Mosca sui suoi interessi economici (gasdotto e altri). Ma in cambio le siano pienamente riconosciute indipendenza nazionale e libertà di scelta europea.
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