Sergei Lavrov, dalla crisi ucraina all’America Latina

Nei libri di storia e nella memoria di molti italiani non più giovanissimi è ancora viva la crisi dei missili del ’62 tra Russia e USA. Mai, durante i quasi cinquant’anni di guerra fredda globale tra il mondo occidentale a guida USA e il mondo comunista guidato dall’URSS, si era arrivati così vicino alla guerra atomica. Le navi americane avevano bloccato quelle russe che portavano altri missili nelle basi cubane, a meno di cento chilometri dal territorio USA. Le basi a Cuba erano la risposta dell’URSS al dispiegamento, per esempio, dei potenti missili Juppiter in territorio turco, a ridosso del confine russo.

Paradossalmente la storia sembra ripetersi a più di cinquanta anni da quegli avvenimenti. In questi giorni i mezzi di informazione ci riportano di incontri e di telefonate tra i leader del mondo sulla crisi ucraina, tra questi figura di rilievo è naturalmente Sergei Lavrov, ministro degli Esteri della Federazione Russa. Improvvisamente un comunicato avverte che Lavrov è in volo, destinazione Kiev o verso qualche conferenza sulla crisi? No, verso Cuba. Gli Affari Esteri russi dicono che Lavrov compirà un viaggio di quattro giorni in America Latina, visitando Cuba, Nicaragua, Perù e Cile. Certamente non si tratta solo di visitare vecchi amici, come Cuba e Nicaragua,  per ringraziarli per il “fermo atteggiamento” tenuto all’ONU, visto che i due paesi hanno votato contro la condanna della Russia per i suoi comportamenti sulla Crimea. Diverse le ragioni della visita al Perù e al Cile (che hanno invece votato contro la Russia), visite che hanno ribadito la volontà di rafforzare i legami politici e commerciali. Il Perù ha deciso l’acquisto di 700 milioni di dollari di mezzi blindati, il Cile vorrebbe comprare 24 elicotteri russi.

Le ambizioni commerciali russe di essere presente in America Latina (al Brasile ha già venduto 12 elicotteri per 150 milioni di dollari e un sistema missilistico del valore di un miliardo di dollari) – che si esprimono, secondo il FMI, in un volume di 15 miliardi annui di scambi – sono chiare e dichiarate. Quello che attrae l’attenzione degli esperti e degli opinionisti è il non detto, il messaggio chiaro lanciato agli USA. In pratica Putin dice agli USA: “tu con la Nato ti sei avvicinato ai miei confini, io farò lo stesso”. Ecco allora il viaggio dell’anno scorso del ministro della difesa russo in Sudamerica e le sue dichiarazioni: “sono in stato avanzato le trattative per basi russe a Cuba, Nicaragua e Venezuela”. Dichiarazioni confermate nel febbraio scorso.

Gli americani seguono con grande attenzione il nuovo espansionismo panslavo di Putin, consapevoli che non si placherà facilmente. Scherzosamente o no, qualche giornale USA ha scritto che, tra le rivendicazioni, un giornale russo ha parlato anche dell’Alaska, venduta agli USA nel 1867!

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