Accademie, il MIUR si “accorge” di AFAM
La VII Commissione del Senato (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) ha accennato ad alcuni sviluppi nel settore AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale) da parte del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca). Il Ministro Stefania Giannini ha riconosciuto che si tratta di «un comparto che negli ultimi anni è stato trascurato dalla politica, soprattutto ministeriale»; nel fare ciò ha attestato le mancanze del MIUR. Ma, senza individuare le cause del corrente malfunzionamento settoriale, non si è spinta molto oltre il dire che «la governance degli Istituti è semplicemente caotica», con «i diversi organi […] in perenne conflitto fra di loro: presidenti e direttori, consigli accademici, consigli di amministrazione, direttori amministrativi».
Bisogna quindi andare a ritroso fino al 21 dicembre 1999, alla Legge 508/99, che costituisce l’ultima Riforma delle Accademie di belle arti, dell’Accademia nazionale di danza, dell’Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati. È impossibile comprendere in modo organico e funzionale tutti questi Istituti strutturalmente diversi, tra produzione artistica, musicale, drammatica e coreutica. Più di ogni cosa il MIUR non ha assistito adeguatamente la Riforma.
Il MIUR non ha emanato i relativi decreti attuativi, destinati ad attuare la completa applicazione della 508/99. La 508/99 ha inoltre creato l’AFAM, che ha privato i vari organismi di qualsiasi specificità e valorizzazione. I lenti e parziali provvedimenti per le norme di autonomie si sono rivelate insufficienti sin da subito. Ancora, la politica e l’amministrazione centrale, ossia il Ministero, hanno gravissime responsabilità di inerzia legislativa. Le differenze sono da ricercare nei modelli di ordinamento, nell’articolazione dei settori disciplinari e delle loro declaratorie, nei decreti di applicazione dell’ECTS (European Credit Transfer System), nei decreti di riconoscimento in crediti dei percorsi di vecchio ordinamento.
In materia di Accademie di Belle Arti è emerso il bisogno di urgenti modifiche radicali. Si sta raggiungendo il punto di rottura: si è tirato avanti fin troppo a lungo in queste condizioni ridicole. Le Accademie richiedono di essere riconosciute come Dipartimenti Universitari di Arti Visive (come ad esempio in Spagna), e dunque l’istituzione di un’area analoga all’interno del CUN (Consiglio Universitario Nazionale). Il rapporto con le altre Istituzioni AFAM è insostenibile.
Il personale docente, interessato da norme similari a quelle da scuola dell’obbligo, ci si augura che finalmente confluisca nel ruolo universitario. Del resto, la realtà che gli compete, definita nell’Articolo 2, Comma 6, è di graduatoria permanente a esaurimento, che prevede che incarichi a tempo determinato per sopperire alla mancanza di docenti per i pensionamenti. Non c’è nessuna permeabilità delle fasce di insegnamento, ovvero non sono previsti concorsi per passare dalla seconda (i vincitori di vecchi concorsi già banditi e vinti) alla prima (i docenti di vecchia data) fascia. Sono concesse poche unità come dotazioni di organico, così si verifica che i docenti, sotto la guida del Direttore, si occupino di questioni che in Università sono meglio affrontate dal personale tecnico specializzato.
Attualmente in Italia le Accademie statali ammontano a 20 e le Accademie storiche legalmente riconosciute (dunque non statali) a 23, per le quali, durante il convegno “Patrimoni da Svelare per le Arti del Futuro” (13-15 giugno 2013), da Giovanna Cassese, Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, era stato saggiamente proposta: «La costruzione di un tavolo nazionale permanente delle Accademie» anche «per accedere ai fondi PRIN (Programmi di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) per progetti specifici sui patrimoni storici e contemporanei». I PRIN consentirebbero progetti occasionali di rilancio legati a un bando, ma la questione ha radici molto più profonde nella consueta mancanza di fondi di ricerca. Nelle suddette Accademie mancano corsi postdiploma, come i dottorati di ricerca universitari.
Come se non bastasse la possibilità di un Direttore si esaurisce a 3 anni, rinnovabili per altri 3, non consentendo di attuare politiche durature nel tempo attraverso azioni culturali e manageriali, come succede in merito ai ruoli a esaurimento. Pensiamo a quando nel 2013 il CNAM (Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale), il corrispettivo del CUN nell’AFAM, è stato fatto scadere senza un decreto pronta per regolare la sua ricomposizione. Pure il passaggio di esperienze è del tutto assente.
Andando dritti al punto, si deve agire il prima possibile, ma sempre con decisione e oculatezza, per trasformare le Accademie in Dipartimenti e tutto il resto deriverà di conseguenza, come fu fatto nel 2002 mediante un decreto che equiparò i titoli delle Accademie alle lauree universitarie. Si deve puntare sulla specificità per ottenere il massimo. Pensiamo all’Italia paradossale, in cui le Accademie di Belle Arti sono già analizzate dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca).
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