Gli USA rinviano le sanzioni al Venezuela

La scorsa settimana c’è stato un colpo di scena alla Commissione Esteri del Senato degli Stati Uniti. Sembrava già tutto pronto, da giorni il segretario di Stato Kerry diceva che la situazione in Venezuela richiedeva sanzioni, era già girata una lista di alcune personalità vicine a Maduro ed esponenti del regime a cui sequestrare beni e vietare l’ingresso nel paese. Da tempo il senatore repubblicano della Florida, di origine cubana, chiedeva sanzioni contro Maduro e i suoi amici. L’influente senatrice Ileana Ros-Lehtinen chiedeva a Obama di adottare sanzioni nell’ambito del suo potere presidenziale, come aveva già fatto con il Sudan del Sud e la Siria. Ma nella riunione della Commissione, la segretaria aggiunta per gli Affari dell’Emisfero occidentale, ovvero per le Americhe, Roberta Jacobson, ha chiesto di rinviare il tutto.

Certamente le sanzioni rimangono sul tappeto, ma occorre vedere se Maduro sfrutterà l’opportunità offertagli, inoltre il MUD (tavolo democratico dell’opposizione) ha chiesto di sospenderle perché potrebbero ostacolare il tentativo di impedire il tentativo di mediazione portato avanti da una parte dell’opposizione venezuelana guidata dall’ex candidato Capriles. Purtroppo, dal paese sudamericano non arrivano messaggi incoraggianti. È ormai chiaro che Maduro alterna il dialogo con un aumento della repressione. Negli ultimi giorni è sceso in campo il SEBIN (Servizio Segreto Bolivariano) che compie arresti mirati di notte.

La rituale denuncia del complotto internazionale è stata rilanciata in una conferenza stampa dal Ministro degli Interni, Miguel Rodriguez Torres: la congiura sarebbe pianificata a Washington, con l’aiuto dell’opposizione di Lopez e Corina Machado, ma Torres, nella sua roboante denuncia, ha risparmiato quella parte dell’opposizione che tenta di dialogare con Maduro. L’opposizione del MUD ha avvertito Maduro che l’inflazione ha toccato il 60% annuo e che l’aumento del 30% dei salari deciso da Maduro non serve a nulla, se non a indebolire ancor di più il settore produttivo privato. La mancanza di prodotti di base rimane cronica, la crisi economica non si ferma, il contrabbando di merci verso la Colombia costa al Venezuela danni crescenti. Il regime chavista reagisce indurendo la repressione, in modo particolare contro gli universitari, all’alba di giovedì, la polizia ne ha arrestati ben 250 accampati in una piazza.

Maduro e il regime guardano con terrore agli ultimi risultati di un sondaggio pubblicato da Datanalisis: ben il 59,1% dei venezuelani pensa che Maduro deve lasciare il potere, 15 punti in meno da novembre, l’80% degli universitari ha giudicato la situazione generale del paese negativa. Negli ultimi giorni la quota dei morti è aumentata a 42. Difficile se non impossibile avanzare previsioni sugli sviluppi della situazione.

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