Cronache dai Palazzi
Il dramma immigrazione e la risalita dello spread incupiscono questa ultima settimana di campagna elettorale. Continua il testa a testa tra Grillo e Renzi che aspira a togliere al comico la bandiera della riforma del servizio pubblico radiotelevisivo (tra le proteste dei dipendenti che minacciano uno sciopero generale) e continua a disseminare le speranze scongiurando le paure. L’ex Cavaliere, invece, considera ormai la soglia del 20% un “miracolo” e si trattiene dal criticare il Colle alla luce dell’ultimo libro di memorie di Timothy Geithner, l’ex segretario del Tesoro americano che ha raccolto una serie di pungenti “rivelazioni” che confermerebbero l’allontanamento involontario di Berlusconi dal potere nel novembre 2011 – soprattutto a proposito di ‘certi’ leader europei – quando al governo di centrodestra subentrò il governo dei tecnici di Mario Monti.
In questa convulsa campagna elettorale, avvelenata dal duello tra Renzi e Grillo, il Pd è costretto ad assecondare le proteste dei pentastellati votando l’arresto di Genovese con voto palese – insieme ad una minoranza FI (presenti 19 deputati su 60) Ncd (presenti 9 deputati su 28) – nonostante il capogruppo alla Camera Speranza punti il dito contro i grillini: “Qui qualcuno vuole uno scalpo elettorale”, ha gridato Speranza nell’Aula di Montecitorio. Astenuti i socialisti e in parte i popolari, mentre Scelta civica e Sel hanno deciso “pur senza entusiasmo” per l’arresto.
“Il Pd crede che la legge sia uguale per tutti. E la applica sempre, anche quando si tratta dei propri deputati, a viso aperto”, afferma Renzi cercando di parare il colpo, mentre Grillo continua ad invocare la retata gridando: “Li mandiamo a casa uno a uno”. Matteo Renzi però non ci sta ad essere spiazzato dal leader del M5S e a proposito dell’arresto Genovese afferma: “Grillo sperava in una nostra marcia indietro? Voleva presentarci come la partitocrazia che si arrocca e si difende? Bene, ha sbagliato strada e interlocutore, rimetta in funzione il navigatore”.
La tensione tra Renzi e Grillo è comunque molto alta e nonostante il superamento della vicenda Genovese Renzi si dichiara pronto ad un altro attacco da campagna elettorale, magari in tv in uno dei più noti salotti televisivi. Intanto a proposito di correttezza Renzi sferra un colpo basso: “Noi del Partito democratico non prendiamo lezioni di legalità da uno come Grillo, ci mancherebbe altro”. Il capo assoluto del Movimento 5 Stelle si vanta di aver piegato il presidente del Consiglio e il Pd con il voto pro arresto e non manca di sottolineare di aver indotto il Parlamento a ricorrere allo scrutinio palese. Tra la pubblica opinione serpeggia inoltre un grillismo in ascesa e si acuiscono i dati dell’astensionismo.
I dati negativi sul Pil nel primo trimestre del 2014 e lo spread in risalita confermano la gravità della crisi economica ricordando che la strada per agganciare la ripresa è ancora molto lunga e tortuosa. Il sottosegretario Delrio conferma, non a caso, l’applicazione di “scelte radicali” come dura conseguenza di un reale stato di preoccupazione del governo.
Nella realtà dei fatti il ping pong in atto regala al M5S dei margini di consenso e Grillo si sente rafforzato invocando già un trionfo alle Europee: un eventuale successo temuto e nello stesso tempo sminuito dall’esecutivo. “Se i risultati dovessero assegnare a Grillo un trionfo – afferma il ministro Stefania Giannini – dal punto di vista politico non ci sarebbero ripercussioni, trattandosi di elezioni europee”.
L’ipotesi che M5S diventi il primo partito non è ancora un risultato tangibile e in questo ultimo strascico di campagna elettorale il Pd cerca di arginare le perdite. Il premier Renzi, nel contempo, vorrebbe attingere voti sia dall’incubatore dei pentastellati sia dall’incubatore di centrodestra, convinto che gli italiani sono dalla sua parte, e quindi dalla parte del Partito democratico. La flessione negativa dello 0.1% del Pil non deprime Renzi che resta “fiducioso”, mentre Padoan sintetizza in un tweet la tabella di marcia e le intenzioni dell’esecutivo: “Teniamo alta la guardia, testa alta sulla crescita, occhi sui conti, cuore all’occupazione”.
I dati dell’Istat hanno comunque reso ancor più ardua la scalata verso il voto europeo, tantoché una nota del ministero del Tesoro sottolinea: “Ci aspettiamo che il taglio dell’Irpef abbia un effetto sull’andamento dell’economia attraverso la ripresa dei consumi”. Nello stesso tempo ci si aspetta che le “politiche annunciate dalle istituzioni europee diano una spinta concreta alla crescita”. Le speranze sono quindi riposte, ancora una volta, nell’Europa e nel semestre italiano di presidenza europea, durante il quale l’Unione europea dovrebbe imprimere una svolta concreta in favore di crescita e occupazione.
A proposito di lavoro il decreto Poletti – il primo tassello del Jobs act, la riforma del mercato del lavoro firmata Renzi – è stato convertito in legge: i contratti a termine diventeranno più flessibili e l’apprendistato subirà delle consistenti semplificazioni. La quota dei lavoratori con contratto a termine non potrà superare il 20% del totale dei dipendenti e chi sforerà il tetto non sarà obbligato ad assumere a tempo indeterminato il lavoratore “fuori quota” ma dovrà pagare una sanzione. Tale manovra potrà eventualmente rendere meno dolorosa la ripresa ma non è sufficiente una manovra per creare nuovi posti di lavoro (e per rendere i posti esistenti meno precari) né, tantomeno, per riconquistare la fiducia degli italiani.
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