Sbaraini (PI): in Europa per rilanciare il lavoro
Quarantaduenne, sposato con quattro figli, residente nella provincia bresciana, imprenditore, ora candidato alle Elezioni Europee per i “Popolari per l’Italia” in lista con NCD e UDC nella Circoscrizione Nord Ovest. E’ Pietro Sbaraini, con al centro del suo programma il lavoro che manca e che bisogna rilanciare. Futuro Europa gli ha rivolto alcune domande.
Qual è la strategia più idonea a suo avviso per garantire il lavoro?
Parto da alcune constatazioni. In questi ultimi due anni duemila persone al giorno hanno perso il posto di lavoro. A questa ecatombe di lavoratori ne corrisponde un’altra identica per le aziende. Un’azienda al minuto ha cessato di esistere. La disoccupazione giovanile è sul 40%. E’ giunto il momento di azioni concrete, efficaci e dirette. Basta con le chiacchere, con le parole in libertà, con discorsi paludati ma inconcludenti.
Questa è la realtà ma come si può fare per superarla?
Con provvedimenti semplici, diretti e di facile attivazione. Il primo intervento, necessario per aumentare la produttività del sistema Paese, è una vera riforma della pubblica amministrazione. La burocrazia è ormai un freno insopportabile per imprese e cittadini. La World Bank classifica la macchina statale italiana all’ottantasettesimo posto per efficienza. La Francia è ventinovesima, la Germania diciannovesima, la Gran Bretagna settima. Spesso queste inefficienze sono spiegate con un eccessivo numero di impiegati pubblici, ma questa è un’interpretazione riduttiva. Non è una questione di numerosità, ma di organizzazione del lavoro, di incontro fra necessità e competenze. Bisogna rivoluzionare i processi mediante una completa e sistematica informatizzazione della struttura e non, come spesso è stato fatto negli ultimi decenni, senza una visione d’insieme.
La seconda area di intervento è la riduzione delle rendite di posizione, che dovunque si annidano nel nostro sistema produttivo. Le creano la chiusura delle professioni e le licenze nei trasporti. Ad alimentare contribuisce un sistema locale che tassa proporzionalmente meno le rendite che i redditi da lavoro. A parole, tutti gli italiani sono d’accordo sul fatto che i mercati vadano aperti. In pratica, a turno, si scagliano contro ogni tentativo di rimuovere le rendite quando ne sono essi stessi beneficiari. A questo proposito si possono citare alcuni esempi. Giovanni Rana, l’imprenditore veronese dei tortellini, decide di costruire uno stabilimento a Boston. Dal giorno che presenta il progetto al Municipio all’inizio effettivo della produzione passa un anno. In Italia per realizzare uno stabilimento similare un anno non è sufficiente per ottenere i permessi di costruzione. È di tutta evidenza che non è possibile continuare così.
Sul piano più generale cosa si attende dal Governo?
È in corso di approvazione da parte del Parlamento di una riforma organica del lavoro. La Legge Fornero, pensata per un’economia in espansione, va radicalmente modificata ed il provvedimento predisposto dal Governo va in questa direzione. Ma si potrebbe far di più. Ad esempio, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato lo sgravio totale dei contributi previdenziali è una lodevole iniziativa che va sostenuta, come pure le altre idee avanzate. L’insieme della mia proposta e di queste iniziative farà si, una volta adottate, che si apra finalmente una nuova congiuntura dove il lavoro da chimera diventa realtà. Altre soluzioni hanno il sapore del tampone e non invece quello di uno stimolo alla ripresa. Il mio impegno sarà quello di portar avanti questo proposito.
Parliamo di Europa che oggi è vista come matrigna e le politiche di austerità che si sono praticate negli ultimi due anni hanno prodotto più difficoltà che risultati evidenti. Cosa fare per invertire la linea di tendenza?
Anche qui con iniziative semplici e concrete. Per prima cosa utilizzare totalmente i contributi europei per il nostro paese. Questi contributi non sono una elargizione piovuta dal cielo. Sono soldi che i contribuenti italiani hanno versato a Bruxelles e che l’Europa ci restituisce in quantità inferiore. Lasciarli inutilizzati è un autentico delitto la cui colpa ricade interamente sulla classe politica italiana. Sono infatti 35 miliardi di euro i fondi inutilizzati. A questo proposito assumo l’impegno di istituire un ufficio a Brescia il cui scopo è quello di incentivare l’utilizzo di questi fondi a tutto vantaggio del nostro territorio.
Lei è un politico sui generis e il suo curriculum parla di un imprenditore che si cimenta come politico. Cosa propone per superare i limiti di una classe politica percepita come un problema e non come un mezzo per risolverli?
Anche qui la concretezza deve essere la linea guida. Come già detto mettiamo al bando le chiacchiere, al fumo opponiamo la sostanza. Anche qui cito un esempio di ciò che un politico concreto e coerente può fare subito, non domani. Parlo del progetto definito Garanzia Giovani che dispone di un fondo di un miliardo e mezzo, rivolto ai disoccupati italiani tra i 15 e i 29 anni. Le risorse poste in essere possono aiutare circa 900 mila giovani con stage, corsi e servizio civile. Anche qui gli enti locali possono e devono avere un ruolo attivo e decisivo. Ad esempio, premendo sulla Regione affinché sottoscriva con urgenza la relativa convenzione con il Ministero del Lavoro. La mia presenza in campo europeo avrà la funzione di operare un raccordo tra i fondi europei e quelli italiani per promuovere il lavoro in ogni sua forma. Tutto ciò con un occhio di riguardo alla mia terra, alla Bassa Bresciana, portando a Bruxelles un modo di fare bresciano: poche parole ma molti fatti concreti.
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