Inciviltà

“Latin, sangue gentile” scriveva Petrarca più di sei secoli fa. Siamo un Paese a cui piace credersi civile, anzi, uno dei più civili al mondo. La nostra storia illustre, il nostro contributo alla civiltà universale, la supposta mitezza del nostro carattere, giustificano questa credenza. Ma l’imbarbarimento del nostro costume – a partire dal linguaggio sempre più basso e volgare che dilaga nell’arena politica, negli show televisivi e un po’ dovunque – punta nella direzione opposta.

Gli esempi sono tanti e si moltiplicano: basterebbero per tutti gli insulti di Grillo, il suo parlare tra minaccioso e scurrile. In verità, alzando i toni il demagogo genovese dà l’impressione di sentirsi sempre più in difficoltà: di fronte a un Governo che sta cercando di fare il suo dovere e a qualche luce che forse si accende in fondo al tunnel, di fronte alla disillusione serpeggiante anche tra i suoi seguaci, il personaggio si sente mancare il terreno e alza la posta con un linguaggio sempre più oscuro, urlante e apocalittico (“L’autunno è vicino, molto vicino” e così via), mentre la sua deplorevole spalla, Casaleggio, profetizza conflitti civili.

Ma altri esempì di questo imbarbarimento sono purtroppo emersi in questi ultimi giorni, che al comico genovese o al suo esempio deleterio non possono essere attribuiti. Parliamo dei vari insulti alla signora Kyenge per il colore della sua pelle e all’irrisione, in pieno Parlamento, di un deputato afflitto da sclerosi per la sua difficoltà di eloquio. Ha cominciato il solito Calderoli (non mi sento di chiamarlo onorevole, perché non penso lo meriti) che ha paragonato il nostro Ministro dell’Integrazione a un orango. Calderoli è fatto così, la volgarità e la bassezza sono il suo pane quotidiano, ma il torto è di chi le tollera da troppo tempo, minimizzandole o passandole sotto silenzio: il suo partito innanzitutto, e parlo del segretario Maroni, che per parte sua, paragonato ai vari Calderoli e Borghesio, si esprime come un gentiluomo inglese, ma queste uscite le assolve con troppa facilità. E si capisce il suo imbarazzo, perché a lanciare uno stile fatto di insulti volgari sono stati proprio i leghisti, e il razzismo fa parte dei loro geni. Ma una responsabilità anche maggiore ce l’hanno le altre forze politiche, quelle che riteniamo “civili” e che reagiscono con molte parole ma pochi fatti. Perché l’ondata delle indignazioni a comando va bene, è consolante e autoassolutoria, ma francamente non basta. Ci si sarebbe aspettati che, di fronte a un insulto così profondamente incivile a un membro del Governo – un insulto che ci copre di vergogna agli occhi del mondo – da parte di un alto esponente delle nostre istituzioni, PDL, PD, Scelta Civica, SEL, avessero sentito la decenza di presentare in Senato un ordine del giorno comune chiedendo le dimissioni di Calderoli dalla Vicepresidenza, senza cullarsi nella falsa illusione che fosse egli stesso a dimettersi o il suo partito ad obbligarlo (figuriamoci!).

Ed ora l’episodio appare già archiviato, nell’imbarazzo passeggero di alcuni e nella virtuosa ma inefficace deplorazione di altri e presto o tardi Calderoli tornerà a dirigere dall’alto del suo scranno i dibattiti del Senato, che dovrebbe vergognarsi di averlo alla sua testa. Così, non è da stupire che il suo fulgido esempio sia stato rapidamente seguito da quello sciagurato che, in modo altrettanto insultante, ha lanciato banane alla signora Kyenge. Lei ha reagito con intelligenza e ironia, e va bene. Il mondo politico e la società civile si sono profusi in attestati di facile solidarietà. E va benissimo. Ma ancora una volta, a chi ha perpetrato un gesto così incivile non accadrà nulla.

Di chi ha irriso uno sclerotico, non vale neppure la pena parlare. È un individuo di tale bassezza che non merita il mandato parlamentare che il popolo gli ha conferito. Anche per lui, temo che non vi saranno conseguenze, a parte un po’ di vergogna di fronte ai colleghi, mentre dovrebbe essere il suo stesso gruppo politico, o in mancanza la Presidenza della Camera, a censurarlo severamente e con misure concrete.

È facile prevedere, in queste condizioni, che qualcun altro, da qualche parte, si sentirà presto autorizzato a ripetere insulti, minacce, volgarità, scontando ovviamente le tante indignazioni, molte sincere, altre ipocrite: ma sapendo che, nello stato di decadenza civile che ci affligge, non gli accadrà proprio nulla.

© Futuro Europa

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