Cinesi più ambientalisti degli Europei
Il loro Paese è di fatto il maggiore produttore di CO2 del mondo, eppure i Cinesi si sentono più ‘ambientalisti’ degli Europei: a rivelarlo è un sondaggio effettuato in Europa, Usa e Cina dal Research Institute Motivaction International fra dicembre 2013 e gennaio 2014. Il dato emerge dalle quarantottomila interviste distribuite, che hanno rivelato anche che tre Cinesi su quattro risultano preoccupati per i danni provocanti dagli esseri umani al pianeta, contro il 71% degli Europei ed il 60% dei cittadini Usa. Ma il 64% dei Cinesi si riconosce nell’affermazione “Io sono un’ambientalista”, contro il 31% degli Europei e il 29% degli Statunitensi. E, quindi, ancora tre Cinesi su quattro si sforzano di vivere in maniera “eco-consapevole”, mentre adottano comportamenti simili solo il 61% degli Europei e il 46% degli Statunitensi.
Insomma, se da una parte ha fatto registrare in pochi anni una vertiginosa crescita dell’economia e dei consumi di energia, in gran parte derivata dai combustibili fossili e quindi altamente inquinante, dall’altra la Cina conferma di aver conservato nella memoria collettiva della sua popolazione l’antica matrice culturale della sostenibilità. Un fattore tradizionale travolto, sulle prime, dall’improvvisa, nuova ‘rivoluzione’ della crescita, ma che è pronto a controbilanciare gli eccessi del boom e a incidere sulle condizioni materiali dello sviluppo. Ne è convinto Martijn Lampert, direttore della ricerca di Motivaction, secondo il quale “gli ambientalisti occidentali dovrebbero sostanzialmente adattare le loro strategie e argomenti se vogliono essere efficaci in Cina in modo tale da scatenare il potenziale rivoluzionario di cambiamento già presente nel Paese”. Se avvenisse, l’impatto positivo sul clima sarebbe decisivo, e la Cina produrrebbe qualcosa di straordinariamente importante per l’intero pianeta, ovvero la prevenzione di futuri sconvolgimenti e catastrofi naturali già annunciate dalla prevista crescita della temperatura media di 2 gradi in pochi decenni.
Di certo qualcosa si sta facendo per avvicinarsi a questo obiettivo e anche questa volta in prima linea c’è l’iniziativa degli Italiani. Proprio al cuore della questione energia-clima mira l’iniziativa della a Fondazione Centro Studi Enel, che ha rinnovato anche per il 2014 la partecipazione al Programma di formazione avanzata Sino-Italiano sulla Gestione dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile, promosso dal Ministero dell’Ambiente e dedicato a funzionari pubblici cinesi. Il programma, si inserisce nelle attività di cooperazione bilaterale tra Italia e Repubblica Popolare Cinese ed è attuato di concerto con istituzioni cinesi. Nei dodici anni di vita del programma, oltre diecimila funzionari pubblici cinesi hanno potuto beneficiare delle attività di formazione organizzate in Italia e Cina dalla VIU.
L’accordo vede la partecipazione anche della VIU, la Venice International University, responsabile per l’organizzazione e il coordinamento tecnico-scientifico dell’intero programma. Con la propria partecipazione, iniziata nel 2012, la Fondazione Centro Studi Enel ha permesso al programma di estendere ulteriormente l’offerta formativa sui temi delle politiche energetiche e del clima, delle tecnologie di generazione tradizionale e da fonte rinnovabile, della gestione delle reti intelligenti e della mobilità elettrica.
Il Dodicesimo Piano quinquennale della Repubblica Popolare prevede che il governo cinese arrivi a investire in infrastrutture ambientali fino a 3mila miliardi di Rmb(yuan) nei prossimi 5 anni, una opportunità per le imprese leader in sostenibilità, ha invece reso noto la Fondazione Italia Cina, presieduta Cesare Romiti, che da sette anni ha introdotto all’interno dei China Awards il Premio Green China, dedicato proprio alle aziende che si sono distinte nel settore ambientale sul mercato cinese. Una opportunità da cogliere, da parte delle imprese, con una mission di straordinaria importanza: le stime prevedono infatti che le emissioni di anidride carbonica raggiungeranno nel 2014 i 34 miliardi di tonnellate, dei quali oceani e foreste riusciranno ad assorbirne solamente la metà. Fra i maggiori responsabili proprio le economie emergenti come la Cina, che secondo i dati diffusi dalla società di servizi per l’efficienza energetica Avvenia sfiorerà i sette miliardi di tonnellate di emissioni di CO2, mentre l’India raggiungerà quota 1,7 miliardi.
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