Parag Pai (Mizuho Bank): India, poca governabilità causa di decrescita
India – Dopo la vittoria alle recenti elezioni di Narendra Modi, una sola domanda sembra ossessionare la maggior parte degli economisti: potrà l’India tornare ai formidabili livelli di crescita del 2008 e puntare alla leadership economica mondiale a scapito del suo più grande “rivale” asiatico, la Cina? I più ottimisti tra gli economisti prevedono che il paese possa crescere al 6% entro i prossimi due o tre anni, c’è chi addirittura si è spinto a pronosticare una crescita dell’8% come Shane Oliver, capo economista di AMP Capital a Sidney. Futuro Europa ha voluto vederci più da vicino intervistando Parag Pai, vicepresidente di Mizuho Bank a Mumbai.
Secondo il VP Credit & Research della banca giapponese in India, l’elezione di Modi non risolve tutti i nodi politici ed economici del paese. Sebbene, infatti, l’economista riconosca l’eccezionale capacità di leadership dell’ex governatore del Gujarat, e nonostante l’NDA godrà di una robusta maggioranza in parlamento, Pai crede che la maggior parte dei problemi per il neo-eletto PM possano venire da fuori le camere legislative. Con il livello di aspettativa al massimo, la corruzione ancora dilagante e con l’opposizione pronta a ostacolare il governo in tutti i modi, magari portando alla luce falle del sistema amministrativo locale o alimentando il caos con tesi basate su accuse fittizie, il compito per il governo Modi non sarà affatto semplice. Inoltre, la pronunciata differenza culturale, religiosa e il sistema delle caste in India sono ancora fattori determinanti nel paese. Secondo, Pai, infatti, gli indiani ci mettono davvero poco a cambiar faccia e umore verso una persona, passando da una devozione simile a quella riservata a un dio un giorno, a un aspro e violento criticismo il giorno seguente. Tornando però alle questioni più strettamente economiche:
Se una crescita del 6% è una visione estremamente ottimistica, realisticamente cosa possiamo aspettarci dal PIL indiano nei prossimi anni?
Il tasso di crescita del Pil è crollato gradualmente dal 9% del 2008 al 5.5% alla fine del 2013, ed è destinato a scendere attorno al 5% nel 2014. Un ritorno immediato a una crescita del 6% nell’esercizio attuale è praticamente impossibile. Anche nello scenario migliore ci vorrebbero almeno 3-5 anni affinché il governo Modi possa rimettere la crescita sulla giusta carreggiata e ritrovare il sentiero battuto in passato. Dunque, una crescita che superi il 5% nei prossimi due anni è da escludere, senza poi dimenticare la dipendenza energetica dall’importazione di petrolio che non è controllabile al momento.
Tra i fattori che hanno bloccato la crescita economica del paese, certamente corruzione, eccessiva burocrazia e la mancanza di adeguate infrastrutture sono i più evidenti. Quali tra questi colli di bottiglia può essere rimosso per primo dal nuovo governo?
L’economia indiana negli ultimi cinque anni ha sofferto principalmente una totale mancanza di governabilità. La corruzione è ovviamente un grosso problema, ma è presente anche nel resto del mondo, ed è una di quelle componenti del sistema che è praticamente impossibile estirpare. Di fatto, mi domando come la corruzione possa intralciare seriamente la crescita economica e se debba essere considerata nella lista delle priorità di qualsiasi governo, in particolar modo in un paese in via di sviluppo come l’India. Una buona amministrazione e una spinta nella direzione dello sviluppo economico a 360° (incluso lo sviluppo delle infrastrutture) dovrebbe essere la priorità del governo Modi, seguita da un attento controllo dell’inflazione che è in parte causata da fattori di approvvigionamento e dalla tassazione irrazionale su prodotti come la benzina e il diesel.
Modi ha promesso che il XXI secolo sarà ‘il secolo dell’India’. La Cina sostiene sia il suo ‘secolo’. A chi dobbiamo credere?
Il ventunesimo secolo potrebbe assolutamente essere il secolo dell’India se Modi governasse per almeno tre legislature consecutive, ipotizzando sempre che governi con una maggioranza formata da un solo partito anche nei successivi mandati. Ciò non sembra comunque essere alla portata ed è piuttosto irrealistico, quindi credo che la Cina abbia un chiaro vantaggio competitivo rispetto all’India, considerando anche che l’implementazione delle policy è molto più facile in Cina visto che non è una democrazia.
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