Una nonna di Plaza de Mayo
In questi giorni nelle principali librerie d’Italia, è stato presentato lo scorso 27 maggio a Roma Una nonna di Plaza de Mayo, un libro su Estela Carlotto, una dei principali esponenti del movimento Abuelas de Plaza de Mayo e delle Madres de Plaza de Mayo in Argentina. La biografia scritta da Javier Folco, tradotta da Ana Valeria Dini e pubblicata da Edizioni a Nordest, non rappresenta solo una semplice biografia di una donna coraggiosa che ha lottato per far valere i propri diritti, ma la testimonianza di un membro di un movimento composto da donne, madri e nonne, che si sono unite in un contesto, quello della dittatura militare durata dal 1976 al 1983 e della successiva debole repubblica presieduta dal radicale Raul Alfonsin, che mortificò e annientò ogni umano diritto del popolo argentino sotto gli sguardi distanti e spesso complici degli altri stati del mondo.
Javier Folco ha spiegato che lo scopo di questa pubblicazione non è solo quello di far conoscere la storia di Estela Carlotto e ciò che realmente accadde in Argentina in quegli anni, ma un modo per far sapere a tutti che le nonne non si sono arrese, continuano a cercare i loro nipoti ed anche un mezzo per far sapere che chiunque abbia dei dubbi sulla propria identità può recarsi presso l’ambasciata argentina per fare gratuitamente il test del DNA mitocondriale.
Estela Carlotto si è raccontata con un candore ed una forza impressionante, ha raccontato delle preoccupazioni che aveva negli anni di regime per l’incolumità della figlia, palesemente contraria al regime e parte di un gruppo di resistenza. Ma Laura, la figlia, non èscappata e per questo èstata sequestrata. Era in cinta di pochi mesi e spesso il regime manteneva in vita le donne in stato interessante, le faceva partorire per appropriassi dei loro figli che venivano dati in affidamento con documenti falsi. Le madri ovviamente venivano poi uccise. Ora Estela sa che la figlia è morta, ma in cuor suo sente che il nipote Guido, questo il nome che la madre pensava di dargli, ora di 36 anni è ancora vivo da qualche parte e non conosce la sua vera identità. Estela moglie, madre e poi nonna, ha lavorato come maestra, la dittatura l’ha costretta ha cambiare la propria visione del mondo e le sue priorità. Ogni volta che poteva si riuniva clandestinamente con le compagne delle Abuelas de Plaza de Mayo per indagare, raccogliere informazioni e cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica straniera alla loro causa. Finita la dittatura iniziarono a uscire allo scoperto a marciare serrate con un fazzoletto bianco per farsi riconoscere per Plaza de Mayo, da qui il nome.
All’inizio venivano additate come pazze, irregolari come le definisce Massimo Carlotto nel suo libro inchiesta sugli orrori di Buenos Aires, chiesero aiuto a tutte le istituzioni, dalla Chiesa cattolica, che ignorò il loro grido di aiuto, al presidente Pertini in Italia nel 1977-78, ma anche qui senza esito. Con il passare degli anni però iniziarono ad arrivare le prime notizie, i primi ritrovamenti, ma servivano mezzi più certi per poter stabilire il grado di parentela in assenza di documenti e della madre biologica. Così la loro determinazione riuscì a smuovere gli scienziati Mary-Claire King e Cristian Orrego della Società Americana per il Progresso della Scienza degli Stati Uniti che si misero a lavoro per creare un metodo sicuro per stabilire il grado di parentela tramite DNA e senza genitori donatori. Sono riuscite a ritrovare 113 nipoti, non tutti sono vivi perchéspesso le madri venivano uccise prima del parto, ma ora le lo famiglie sono in pace perchésanno. Il loro lavoro non si èfermato, continuano a viaggiare per il mondo alla ricerca dei loro nipoti, 400 ne mancano all’appello, sperando di porli riabbracciare.
«Questo libro – ha detto Estella Carlotto, presente all’incontro – è un contributo meraviglioso per tutti per acquisire consapevolezza, che tutti viviamo nello stesso pianeta, che tutti abbiamo bisogno di amore, di mangiare ogni giorno, avere una propria casa, educazione, il piacere, l’ozio e una vita degna di questo nome. Non può essere che non ci sia, come dicevano i nostri figli, giustizia sociale, loro non tolleravano la ricchezza infinita nelle mani di pochi e la profonda povertà di tanti. Quindi è da prenderci per mano, condividere le differenze, le diversità. Per costruire un mondo migliore per i bambini di oggi e i bambini del futuro. Sempre dico una cosa che puòrisultare strana, posso sopportare tanto dolore perchélotto, e lotto con allegria nonostante il dolore, perchénon attraverseròquesta vita invano, perchélascio qualcosa.»
A fine presentazione è intervenuto il ministro plenipotenziario dell’Ambasciata della Repubblica Argentina a Roma, Carlos Cherniak, che è responsabile della sezione Diritti Umani; ha esposto la situazione attuale dell’Argentina che sta cercando di rinegoziare il debito pubblico, e ha ripercorso gli anni che vanno dal 1976 al 1983 mostrando quale fosse il quadro storico mondiale e facendo intendere che i colpevoli che stavano dietro a dirigere i fili della politica mondiale sono gli stessi di oggi. Ha fatto grandi complimenti a Estela e al suo movimento che mai ha pensato di risolvere il problema con altra violenza, il suo paese è onorato di poter condividere una donna così forte con tutto il mondo. «Come sosteneva Primo Levi– ha affermato Cherniak – tutto può ripetersi e noi dobbiamo lavorare per sensibilizzare e svegliare le coscienze affinché tragedie come i desaparecidos, la shoah e simili non si ripetano più. Lavorare per i Dritti Umani è lavorare sulla memoria per creare gli anticorpi affinché tutto ciò non si ripeta.»
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