Brasile, si dimette il giudice più popolare
La scorsa settimana, una notizia bomba ha scalzato il calcio e la prossima Coppa del Mondo dalle prime pagine dei giornali e dei TG in Brasile. Si è dimesso Joaquim Barbosa dalla presidenza del Supremo Tribunale Federale e dallo stesso organo. Le dimissioni partiranno dalla fine di giugno. Dopo una visita alla Presidente della Repubblica per informarla, secondo la prassi costituzionale, Barbosa ha incontrato rapidamente il Presidente del Senato e quello della Camera. Le dimissioni hanno generato sorpresa, stupore e rammarico in vasti settori della popolazione brasiliana. Barbosa ha 59 anni e sarebbe potuto rimanere nel STF per altri 10 anni. In una breve dichiarazione ha detto di volersi dedicare all’insegnamento e di voler avere più tempo per la propria vita privata.
In Brasile, il Supremo Tribunale Federale si vede attribuire dalla Costituzione funzioni di rilevante importanza, è un insieme di nostra Corte Costituzionale e ultima istanza di giustizia, con una crescente supplenza del potere politico. Barbosa ha sommato nella sua persona tre vicende, tutte e tre di grande positività. È un uomo nato da una famiglia umile, lavorando e studiando è riuscito a laurearsi, vincendo un concorso in magistratura, dove ha occupato incarichi importanti, fino ad essere scelto dal presidente Lula come membro del STF. È nero, è il primo nero che entra nel STF ed è il primo afrobrasiliano, come preferiscono alcuni, a diventarne presidente.
Ma il fatto che lo ha portato a diventare popolarissimo, al punto che in molti hanno visto in lui un possibile presidente della Repubblica, è stato il suo ruolo durante lo scandalo cosiddetto del “mensalão”. Durante il 2012 e 2013, in più di sessanta sessioni dell’organo, Barbosa, prima come relatore, poi come Presidente, ha portato alla condanna del gruppo dirigente del PT e di altri partiti accusati di aver finanziato partiti e deputati per sostenere il Presidente Lula. Uomini come José Dirceu, ministro della casa civil, numero due del potere brasiliano e uomo di fiducia di Lula, hanno avuto condanne pesanti. Per la prima volta, in un paese dove la corruzione politica è decisamente diffusa e impunita, potenti uomini politici sono finiti dietro le sbarre. Con decisione, alcuni dicono eccessiva, scontrandosi spesso anche con gli stessi membri del STF, Barbosa ha scritto un pezzo di storia del paese.
Logicamente, sulle sue dimissioni si sono scatenate le più svariate interpretazioni. Scartata subito l’ipotesi di dimissioni per potersi candidare (la legge elettorale brasiliana glielo proibisce essendo scaduti i termini), alcuni paventano le minacce ricevute per i suoi comportamenti nel “mensalao”, altri la presa di consapevolezza del nuovo quadro interno del STF che renderebbe sempre più difficile il suo ruolo, gli uomini della Rousseff e di Lula sono ormai in forte maggioranza nell’organo. Alcuni dicono che un peso potrebbe averlo avuto la presa di posizione dell’OAB, Associazione degli avvocati brasiliani, sulla sua decisione di impedire il carcere aperto, ossia di notte in carcere e di giorno al lavoro, a chi non abbia compiuto un sesto della pena, e l’OAB gode fama di forte garantismo e di serietà.
Tutto possibile, niente certo. L’unica verità è che con Barbosa la giustizia brasiliana perde un punto fermo, quella maggioranza di neri e di mulatti indicata nell’ultimo censimento perde una figura che alimentava la sua speranza di vincere la piaga vergognosa del razzismo. Quelli che credono che la corruzione politica possa essere battuta hanno meno fiducia e certezze.
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