Emergenza morale
Il nuovo scandalo veneziano del Mose, che segue a ruota quello dell’Expo di Milano, dimostra in modo acuto che vi è in Italia un’emergenza morale che ci riporta ai tempi peggiori di Mani Pulite. È un motivo di scarsissima consolazione, per un romano, constatare come la corruzione proliferi sia nella ”Capitale morale” sia in quel Veneto a vocazione separatista, cioè in quei luoghi da cui partivano le più dure invettive contro “Roma ladrona” e il reclamo per un’amministrazione più efficiente e pulita. Ed è preoccupante notare che vi sono immischiati esponenti di vari partiti, a destra e a sinistra, e personalità finora rispettate e influenti come Galan, già presidente della Regione e Ministro dei Beni Culturali. Giustizia dirà se e quali siano le colpe sue, del Sindaco PD e dell’altra trentina e più di arrestati o indiziati. Però, l’effetto sull’opinione pubblica c’è già stato: la gente sa che annidati nel sistema degli appalti pubblici, specie di grande portata, prosperano avventurieri, profittatori e, tanto per dirla con semplicità, veri e propri “ladri”.
Sarebbe profondamente ingiusto attribuire tutto questo al ventennio berlusconiano. Il vizio esisteva ben prima (risale, di fatto, ai tempi di Craxi e della “Milano da bere”) e non fa salvi anche esponenti della sinistra. Quel che si può rimproverare a Berlusconi è di non aver fatto nulla per combatterla efficacemente quando ne aveva la forza politica, anzi di aver contribuito (con la derubricazione di alcuni reati, l’accorciamento della prescrizione, il tentativo di tagliare le gambe alle intercettazioni e la presentazione nelle sue liste elettorali di personaggi quantomeno chiacchierati) a limitare le lotta contro di essa. Ha sottovalutato il problema? O è stato forzato a passarlo in secondo piano dalla sua stessa posizione,di uno che dalla corruttibilità di altri aveva tratto diretti ed enormi benefici?
Ma ora la situazione è diversa. Da una parte la gente è stomacata dai continui scandali (e anche per questo in molti vanno ancora appresso a Grillo), dall’altra parte c’è al governo una generazione di giovani che hanno rotto con la vita politica del passato, sono intenzionati a cambiare l’Italia e hanno, per quanto se ne sa, le mani pulite. A loro, e specialmente al Premier Renzi, chiediamo di intervenire subito e senza pietà. Non solo cacciando tutti i ladri e corrotti dall’amministrazione delle opere pubbliche, ma prendendo i provvedimenti che impediscano, nei limiti del possibile, che queste vergogne si ripetano. Renzi ha detto che le regole ci sono, ma il problema sono i ladri. Ha ragione solo in parte. Le regole, evidentemente, non bastano, se faccendieri e ladri di ogni tipo vi si infilano e le distorcono a loro profitto. Per non limitarci a un richiamo generico, da vecchio servitore dello Stato e conoscitore dell’Amministrazione, vorrei suggerire al Premier qualche misura concreta, nella premessa che la moralità pubblica non può essere lasciata ai controlli, spesso deficienti o complici, degli enti locali, ma deve essere compito dello Stato nel suo insieme. La Giustizia deve essere lasciata libera di agire in tutte le direzioni e deve essere fornita di più uomini, più mezzi, più autorità. Mettere un limite alle intercettazioni telefoniche o ambientali sarebbe un suicidio (altra cosa è la loro pubblicazione sui mezzi d’informazione, ma su questo si può e si deve intervenire). Ma la Giustizia è l’ultima spiaggia. Un controllo preventivo e permanente va affidato ai servizi ispettivi che pur esistono in tutti i Dicasteri, ma che per mia esperienza sono per lo più depotenziati e privi di mezzi d’azione e di autorità. Il Governo scelga gli uomini migliori per questi compiti e magari li metta sotto la guida e il coordinamento di un Ispettorato Centrale o dell’Autorità anticorruzione, dotati di effettive e pervasive capacità di controllo. Si è fatto per la Mafia, creando un organo centrale, ma la corruzione non è meno grave della mafia e con essa, del resto, spesso coincide e collide. Altra raccomandazione: non aboliamo i Prefetti, facciamone anzi gli occhi e le orecchie dello Stato, forniti di mezzi adeguati di ispezione e controllo rispetto agli enti locali presso cui, è doloroso dirlo, si annidano i germi peggiori della corruzione. Sugli organi regionali vigili un Commissario dello Stato, con efficaci poteri d’intervento.
Il sistema degli appalti per trattativa diretta è stato spesso a giustificato dall’esigenza di semplificare le procedure per lavori urgenti. Purtroppo, si è prestato ad abusi gravissimi. È tempo di abolirlo, ma in pari tempo va rivisto completamente il sistema delle gare d’appalto, che è lento, farraginoso, pieno di controlli il più delle volte inutili (se talvolta, purtroppo, vi sono persino Magistrati della Corte dei Conti complici). Qualche esempio di buona procedure a livello comunale c’è, il Governo lo studi e se del caso lo applichi. In situazioni dubbie, il Governo poi non esiti: se c’è un’opera questionata, la commissari ponendo alla testa persone di provata integrità (ce ne sono – eccome! – tra i servitori dello Stato in servizio o no, in uniforme o no). Magari il Governo ne compili una lista riservata e da lì attinga quando serve. Avrà grate sorprese. E infine, che i delitti di corruzione non siano sottomessi a una prescrizione ridicolmente corta, com’è il caso ora dopo le leggi berlusconiane. Chi è indagato sia allontanato automaticamente dall’ufficio che occupa e, se trovato colpevole e condannato, l’interdizione dai pubblici uffici sia, non transitoria, ma permanente. Che sia, non solo ineleggibile, ma incandidabile a qualsiasi incarico, fino a consigliere di quartiere. Chi ha rubato una volta non è degno di tornare ad amministrare, anche perché il pericolo di recidiva è sempre presente. E sia obbligato a restituire tutto il mal tolto, con gli interessi e condannato a multe pesanti, oltre alle pene detentive del caso.
Sono misure necessarie per ridurre la tentazione a rubare. Possono offendere la sensibilità (spesso interessata o complice) dei garantisti ad oltranza. Ma il problema è grave, falsa tutto il sistema dei valori ed è una pesante remora alle capacità di crescita della nostra economia. Se il giovane Premier saprà affrontarlo con durezza e decisione, avrà acquisito un grande merito di fronte al Paese.
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