Pakistan, il delitto d’onore che sconvolge il Paese
Per essersi sposata per amore, Farzana, 25 anni e incinta di tre mesi, è stata colpita a morte con dei mattoni da alcuni membri della propria famiglia, contrari a questo matrimonio che li aveva “disonorati”.
Farzana Iqbal si era sposata da poco, sfidando la sua famiglia in un Paese dove i matrimoni combinati sono ancora la regola. Furiosa, la famiglia aveva sporto denuncia per “rapimento” contro il Romeo di questa Giulietta pachistana, che si doveva presentare Martedì scorso davanti alla Corte di Lahore per “dichiarate al giudice che si era sposata per scelta”, ha detto il suo avvocato. Ma la giovane Farzana non ha potuto testimoniare, perché un centinaio di membri della sua famiglia l’ha attaccata al suo arrivo davanti al Tribunale nel centro di questa megalopoli di più di dieci milioni di abitanti. Questo caso ha provocato grande sdegno in Pakistan. Il Primo Ministro pachistano Nawaz Sharif ha subito preteso e due giorni dopo la polizia ha annunciato l’arresto di quattro uomini, tra i quali il padre della giovane donna. Ma cosa più incredibile è stata l’ammissione del marito di aver ucciso la prima moglie, ammissione che da a questo dramma una svolta shakespeariana, macabra e inattesa. Dopo essere stato accusato dalla famiglia di Farzana di aver disonorato il nome del padre di lei, Mohammad Iqbal, un agricoltore di 45 anni ha ammesso di aver ucciso la propria moglie “per amore” di Farzana. “Ero innamorato di Farzana ed è a causa di questo amore che ho ucciso la mia prima moglie, strangolandola”. Il figlio della coppia aveva denunciato il padre, ma lo aveva subito “perdonato” in cambio del versamento del “prezzo del sangue”(una somma di denaro che lava il crimine). Una volta “perdonato”, il padre ha ritrovato la libertà. Mohammad ha quindi convinto Farzana a sposarlo ma, dopo un accordo iniziale (perché all’inizio ci fu un accordo), la famiglia ha preteso una dote più generosa. Al rifiuto di Mohammad sono arrivate le prime minacce di morte, ovviamente non rivolte all’uomo, ma alla ragazza.
Anche nel “Paese dei puri”, dove solo nel 2013 sono state vittima di un delitto d’onore almeno 900 donne, secondo la Commissione pachistana dei Diritti dell’Uomo, questo omicidio rappresenta un fatto eccezionale per diversi motivi. Perché è stato perpetrato in pieno giorno, sotto gli occhi di decine di testimoni, impavidi, nel cuore di una grande città e non in una zona rurale arretrata. Perché la lapidazione pubblica ricorda la punizione imposta alle donne adultere dai Talebani e perché rivela tutta l’impotenza della polizia nel proteggere le vittime, e l’impunità della quale godono gli autori di questi crimini davanti alla giustizia. Questa morte ha indignato anche i militanti per i Diritti Umani di tutta la Comunità Internazionale. L’alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay, “profondamente sconvolta”, ha immediatamente esortato il Governo pachistano a prendere misure “forti e urgenti”. “Non voglio neanche utilizzare il termine ‘delitto d’onore’, perché non c’è nessun onore nell’uccidere una donna in questo modo”, ha affermato con forza la Pillay.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato tre Risoluzioni – nel 2001, 2003 e 2005 – per esigere che gli Stati membri prendessero tutte le misure necessarie per lottare contro questo drammatico fenomeno. La rappresentante delle Nazioni Unite ha puntato il dito sulle lacune dello Stato pachistano nel proteggere le potenziali vittime di queste violenze. “La polizia in servizio intorno all’area del tribunale era misteriosamente assente dalla scena del crimine, è stata incapace di prendere misure preventive, di proteggere la vittima e questo malgrado i precedenti nei casi di omicidi d’onore”, ha affermato Tahira Abdullah, una militante per i Diritti delle donne. Farzana e suo marito erano oggetto di minaccia da gennaio, quando avevano deciso di registrare il loro matrimonio davanti ad un giudice. Sembrerebbe che i due fossero fidanzati da due anni, e che, come abbiamo visto, le divergenze siano subentrate solo dopo e per questioni di dote.
La legge in Pakistan vieta i matrimoni combinati e i delitti d’onore, ma, conformemente ad un dispositivo della giustizia islamica, i loro autori possono evitare di essere perseguiti “ricomprando” il delitto dalla famiglia lesa. Per questo motivo sono pochi i casi che arrivano in tribunale. Sono rare le persone disposte a testimoniare per casi del genere. La gente ha paura di parlare, perché teme di essere accusata di blasfemia o di propositi contrari all’Islam. Anche in caso di rinvio a giudizio, gli autori delle violenze contro le donne vengono quasi sempre prosciolti o si vedono infliggere condanne minime per via di “lacune” nelle indagini e del moltiplicarsi di “vizi” procedurali, spiega Zia Awan, avvocato e militante per i Diritti Umani. E’ stato chiesto da parte di queste associazioni di far rispettare il codice civile pachistano invece della legge Islamica.
La fermezza delle autorità dimostrata in questo caso, che ha avuto grande risalto sulla scena internazionale, sarà insufficiente nel soffocare un fenomeno ancora molto radicato nella società pachistana, e soprattutto nelle zone rurali, per via delle tradizioni locali e di una interpretazione, spesso falsata, dell’Islam. Sul suo Blog, l’attivista femminista pachistana Bina Shah si è mostrata dispiaciuta che un gran numero di suoi concittadini ignorassero che nella religione musulmana “una donna ha il diritto di scegliersi il marito”. Il consenso delle famiglie sulla scelta dello sposo rimane la regola nella società pachistana, anche se i matrimoni per amore diventano sempre più numerosi nelle classi medie urbane. Un ambiente al quale in realtà non appartenevano i due protagonisti di questa storia. Tutti e due contadini, il padre della vittima e il suo sposo sono originari di piccoli villaggi vicini, situati ad una quarantina di chilometri da Lahore.
Oggi il Pakistan si trova a dover prendere una decisione importante, scegliere tra la strada della “Talebanizzazione” o prendere la via dello Stato di Diritto.
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