La Terra dei cachi di Grillo tra presunti brogli e alleanze pericolose
Beppe Grillo parla di brogli. Anzi, lo scrive, in perfetto stile pentastellato, sul suo blog con un post dal titolo eloquente: “Broglio sì, broglio no, la Terra dei cachi”. Secondo il leader del Movimento 5 Stelle le elezioni Europee sono state condizionate da risultati alterati “soprattutto in quei seggi rossi dove già in passato si sono verificati brogli”. Occorre “avviare una verifica del voto” in una giornata “dove l’affluenza è stata circa del 60 per cento e tenendo conto che gli elettori 5 Stelle per loro peculiarità vanno a votare, la perdita di tre milioni di elettori – si legge nel testo – è statisticamente molto improbabile. Ovviamente stiamo trattando dati statistici e applichiamo la logica, senza avere riscontri dimostrabili”.
La replica del Pd non si è fatta attendere: “La batosta elettorale ha fatalmente stordito Grillo che non riesce a farsene una ragione”, dice il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza. “#grillofattiunaragione gli italiani tra chi voleva distruggere e chi sta cambiando verso a questo Paese, hanno scelto di stare dalla parte di chi – aggiunge il deputato Matteo Richetti – vuole costruire, il 25 maggio scorso hanno premiato chi vuole fare e non chi, invece, vuole solo urlare. Il risultato è netto. Metterlo in dubbio vuol dire solo offendere gli elettori. A volte il silenzio è d’oro”.
Denunciare brogli elettorali non è certo una prerogativa esclusiva dei grillini. La storia repubblicana inizia proprio all’insegna di presunti brogli, quelli del referendum Monarchia-Repubblica del 1946, dove furono denunciati soprattutto al Sud a favore della vittoria repubblicana. Senza andare così indietro nel tempo, nel 2006 Silvio Berlusconi denunciò più volte presunte irregolarità nel voto delle elezioni politiche vinte dal centrosinistra per uno scarto di soli 24mila voti.
Spostando il punto di vista dai presunti brogli al dibattito politico, quello all’interno del Movimento riguarda l’ipotetica alleanza con l’Ukip di Nigel Farage. Grillo torna sull’argomento e sul blog scrive: “Chi ha più eurodeputati è più appetibile. Il perché è semplice. Entro giugno saranno assegnate le presidenze e le vicepresidenze delle 20 commissioni europee. I gruppi più consistenti sono favoriti. Farage, primo partito con il 31 per cento in Gran Bretagna, dispone di 24 eurodeputati. Hanno rifiutato qualunque ipotesi di accordo con Marine Le Pen e messo alla porta la Lega che faceva parte del suo gruppo. Ha chiesto l’espulsione di Borghezio per le sue dichiarazioni razziste sulla Kienge. E’ il possibile primo ministro inglese”. Insomma, secondo Grillo, l’alleanza con l’Ukip a Bruxelles è necessaria “per contare qualcosa in Europa”. E pazienza se i valori ideali del Movimento e quelli del partito di Farage sono profondamente diversi. Populismo a parte, Farage proviene dalla destra profonda, vuole uscire dall’Unione europea e basta. Non vorrebbe neanche tentare di cambiarla come, invece, pare sostenga il Movimento 5 Stelle.
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