La diplomazia di Bergoglio verso l’Argentina

I commentatori e gli analisti politici argentini e latino americani sono concordi su un punto: anche senza fare dichiarazioni pubbliche, Papa Francesco sta praticando una diplomazia silenziosa, ma molto attiva, verso il suo paese. I fatti per motivare questa affermazione sono sotto gli occhi di tutti, diverse e complesse le ragioni di questo atteggiamento del Papa. Tutti ricordano i tesissimi rapporti tra la coppia presidenziale e il Cardinale Bergoglio, divenuto poi Papa Francesco. Non solo duri scontri orali, ma bisogna ricordare che, quando Cristina il 25 maggio scorso è andata al Te Deum nella Cattedrale Maggiore di Buenos Aires, celebrato per ricordare l’anniversario della Rivoluzione di Maggio agli inizi dell’indipendenza argentina, erano giusto otto anni che non era presente all’avvenimento.

Secondo tutti gli osservatori ed analisti, nessun leader del mondo riceve tanta attenzione dal Papa quanto la presidente dell’Argentina. Vengono citati i tempi dell’incontro del 17 marzo, ben due ore e mezza a fronte dei 55 minuti del colloquio con Obama e dei 20 minuti con la regina Elisabetta. Sono note e pubbliche le molte udienze concesse agli argentini che si trovano a Roma. Scalpore ha suscitato quella concessa ai primi di giugno al giudice federale Ariel Lijo, il giudice che sta indagando per corruzione il vice presidente Amado Boubou. I giornali riportano che il Papa avrebbe ricordato al giudice che “se la prudenza si converte in inazione è codardia”. Alla fine degli incontri l’argentino Bergoglio non manca mai di dire ai suoi ospiti “cuiden a Cristina” (preoccupatevi di Cristina, fate attenzione a Cristina).

Se i fatti sono certi, meno certezze si hanno sulle ragioni di questo nuovo rapporto tra la Presidente e il suo Papa Francesco. Si badi bene, la Chiesa argentina non ha mancato, anche ultimamente, di contestare duramente alcune realtà argentine, come i dati sulla povertà e sulla violenza, dure e forti le reazioni degli ambienti peronisti. Si dice che Papa Francesco tenti, con i suoi comportamenti, di acquisire fama di mediatore, per poi usarla in campo internazionale. In ambienti peronisti gira l’interpretazione che Cristina abbia fermato, vedi il giornalista Verbitsky, l’onda di critiche e di sospetti sul comportamento del Cardinale Bergoglio durante la tragica dittatura militare degli anni ’76 – ’83 e quindi il Papa la “ripaga”. Quello che è certo è che la nota attivista dei diritti civili Olivia Oliveira, insieme al premio Nobel per la pace Pedro Esquivel, i peronisti dicono su loro sollecitazione, scese pubblicamente in campo per difendere Papa Francesco. Quando la Presidente andò a Roma dal Papa, la portò con sé e da allora è cominciata la svolta nei rapporti tra i due argentini più importanti nel mondo.

Molto credibile è che l’atteggiamento di “protezione” del Papa sulla Presidente del suo paese derivi dalla consapevolezza della crisi di Cristina alla fine del suo secondo mandato. L’argentino Bergoglio ricorda bene le terribili esperienze dei golpe militari e l’uscita traumatica di presidenti eletti. Gli esperti dicono che l’argentino Bergoglio vuole lavorare perché il suo paese abbia una transizione senza colpi e traumi per la democrazia, ancora dolorante per un recente passato sanguinoso.

©Futuro Europa®

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Un Commento

  • Ottima analisi. Vedendo le cose da qui, risulta in effetti chiarissimo che, da una parte, la Presidente non poteva proseguire contro il Papa la stessa guerriglia condotta contro il Cardinale, perché – con la popolarità di Bergoglio in Argentina al 90% – sarebbe stato un suicidio politico. Quanto al Papa, ha fatto prova di magnanimità scordando i passati insulti, ma ha scelto la sola via che non espone la Chiesa a una violenta ostilità governativa (come negli anni 50). E credo anch’io che intenda collaborare per rendere non traumatica una successione che potrebbe rivelarsi molto difficile. D’altra parte, non ha certo frenato l’azione dei giudici contro la corruzione. Quindi, un difficile equilibrio nel quale Egli è maestro.
    Un solo piccolo appunto. Lei parla di “peronismo” come se fosse un blocco compatto. Non lo è: da una parte c’è il kirchnerismo (anzi, il cristinismo, come ora si preferisce dire) dall’altra almeno tre peronismi differenti, che si disputeranno l’eredità a coltellate.

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