Politici in TV
“La Gabbia” dell’11 giugno su La7 indaga sull’ufficio comunicazione e stampa del presidente della Camera Laura Boldrini: secondo il servizio costerebbe circa un milione di euro per uno staff di 7 persone. Per fare cosa? “Aggiornare le pagine twitter, facebook e i bollettini video – afferma il giornalista Filippo Barone – sull’attività istituzionale della Boldrini.
La presidente Boldrini è stata raggiunta alla sala della Regina alla Camera dal giornalista, “dove è impegnata a consegnare dei premi letterari – continua il servizio –“. Alla domanda se è vero che il costo del suo personale di comunicazione ammonta a un milione di euro, la presidente parla solo di ciò che sta facendo in quel momento, ossia “una giornata bellissima al Premio Strega Giovani”. Il giornalista quindi viene allontanato e parla un addetto alla comunicazione della presidente della Camera, il portavoce e esponente politico Roberto Natale, dicendo che “sono tutti gli addetti alla presidente” che costano “un milione di euro, non solo la comunicazione, la cosa è infondata e sta andando in giro da giorni sui giornali. Tutto lo staff costa un milione di euro” e comunque con una riduzione del trenta per cento rispetto alla precedente legislatura. Il giornalista fa presente che c’è un candidato non eletto nello staff, che è lo stesso portavoce di Boldrini, Roberto Natale, che concede le risposte a La Gabbia. “Ma anche la figlia di Loiero”, incalza Barone. Natale precisa che sono collaboratori che conoscono da anni la presidente e sono di sua estrema fiducia.
Uno dei temi caldi della settimana dei Politici in TV è il “caso Mauro” ed il “caso Mineo”, ossia l’allontanamento dei due senatori dalla Commissione Affari costituzionali: Mario Mauro, già Ministro della Difesa nel governo Letta e Presidente dei Popolari per l’Italia, e di Corradino Mineo uno dei cosiddetti “dissidenti” del PD. Entrambi non allineati con la proposta Renzi di riforma del Senato in discussione in Commissione.
TGCOM24 parla dell’autosospensione di 13 senatori PD dal gruppo parlamentare per protesta contro quella che considerano una vera e propria epurazione. “Dopo l’allontanamento di Corradino Mineo dalla commissione Affari costituzionali – dice il servizio di TGCOM24 – del Senato che sta discutendo delle riforme, 13 senatori del Pd si sono autosospesi dal gruppo parlamentare. L’annuncio è stato dato dal senatore Dem Paolo Corsini in Aula a Palazzo Madama. Tra loro, oltre a Mineo stesso, anche Vannino Chiti”. TGCOM24 elenca i nomi dei senatori autosospesiti: “Felice Casson, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Erica D’Adda, Nerina Dirindin, Maria Grazia Gatti, Sergio Lo Giudice, Claudio Micheloni, Corradino Mineo, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci, Renato Turano”. Corsini, uno dei più critici, afferma che “quanto avvenuto nel gruppo del Pd in occasione del dibattito sulle Riforme è stata un’epurazione delle idee non ortodosse ed è una palese violazione della nostra Carta fondamentale. Chiediamo dunque alla presidenza del gruppo Parlamentare un chiarimento”.
Già il giorno precedente tutti i TG riferivano del “caso Mauro” ed hanno riportato le dichiarazioni del Senatore dei Popolari per l’Italia espresse nel corso di una Conferenza stampa convocata in Senato: “La decisione di rimuovermi è stata presa per ‘facilitare’ il dibattito nella commissione, eliminando di fatto una presenza critica sul ddl di riforma del Senato e del Titolo V. Nei miei confronti c’è stata una vera e propria imboscata parlamentare”.
Tutti i principali telegiornali nazionali, tra cui il TG1, trattano della clamorosa presa di posizione della Procura generale della Cassazione nei confronti di Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Corte, che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset. Esposito sarà processato il 20 giugno dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Il motivo? “Violazione del dovere di riserbo e correttezza”.
L’accusa, come ricorda il TG1, è scaturita per volontà del PG Gianfranco Ciani, che ha censurato l’intervista rilasciata da Esposito a Il Mattino pochi giorni dopo la sentenza di condanna di Berlusconi.
Nel disposto di incolpazione si legge: “immediatamente dopo la lettura in pubblica udienza del dispositivo della sentenza” aveva “sollecitato, utilizzando canali personali privilegiati, ai quali già aveva fatto ricorso, la pubblicità di notizie relative alla propria attività d’ufficio e alla trattazione del processo davanti alla Corte di ultima istanza”, nonostante “dovessero a ciò sconsigliarlo, oltre alla particolare risonanza mediatica che aveva la celebrazione del processo, l’elevata funzione svolta nell’ambito del collegio giudicante”. Esposito, inoltre, avrebbe parlato a nome di tutto il collegio senza averne il diritto, in quanto le dichiarazioni pubbliche e ufficiali sono riservate all’ufficio stampa della Corte e dopo la stesura e il deposito della sentenza: tutte situazioni che, invece, Esposito non avrebbe rispettato.
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