#matteometticilafaccia

Roma – Lo striscione che la settimana scorsa ha aperto il corteo del ventesimo Roma Pride, partito da piazza della Repubblica fino a via dei Fori Imperiali era “Adesso fuori i diritti”. Subito dietro lo striscione, si è visto per la prima volta nella storia del pride capitolino, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, insieme a tutti (o quasi) i presidenti di municipio con le fasce di rappresentanza. Il sindaco della capitale è apparso divertito e sorridente ed i manifestanti in testa al corteo hanno cantato, parafrasando una famosa canzone, “Marino, Marino, mi voglio al più presto sposar”.

Alla vigilia della manifestazione, il Coordinamento ha anche lanciato un video per incalzare il premier Matteo Renzi a rispettare “gli impegni presi con la comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) durante le primarie del Partito Democratico e subito prima di sostituire al Governo Enrico Letta”. Con l’hashtag #matteometticilafaccia gli attivisti hanno rilanciato lo slogan “Adesso fuori i diritti”.

All’ultimo gay pride romano, due manifestanti d’eccezione: Gianni Cuperlo e il governatore della Puglia Nichi Vendola. “Chiediamo al governo di non fare la danza del rinvio”, ha detto Vendola, al Pride con il suo compagno. A far da pungolo al Governo ci sono anche Cuperlo ed altri esponenti del Pd: “Il mio partito, il Pd, il Governo e il Parlamento – dice Cuperlo – devono avere più coraggio”. Il Partito Democratico ha sulle spalle il fallimento dei PACS (patti civili di solidarietà) e dei DICO, avvenuto fra il 2005 ed il 2007. Nel frattempo, i mutamenti del costume si sono accelerati: Secondo l’Istat, se nel 2007 in Italia 500.000 coppie (ovvero il 5,9% del totale) erano formate da libere unioni, in tre anni sono aumentate di 472.000 unità: tra il 2010 e il 2011 a vivere sotto lo stesso tetto, pur senza alcun riconoscimento dallo Stato italiano, erano 970.000 coppie.

Il Premier ha incluso questo tema nel suo discorso al Senato per la fiducia al suo Esecutivo, dedicando un passaggio alle coppie di fatto. Non ha nominato le unioni gay e nemmeno i diritti delle coppie omosessuali, ma il riferimento è chiaro: “Un’amica mi ha scritto: se dovete approvare una forma di unioni civili che non sia quella che vogliamo noi, non approvatela. No, non è così. Sui diritti si fa lo sforzo di ascoltarsi, di trovare un compromesso anche quando non soddisfa del tutto. Questo è un cambio di metodo profondo”.

Già nel passato, Renzi si era dichiarato favorevole alle “Civil partnerships” alla tedesca, senza però il diritto alle adozioni da parte delle coppie gay. La questione delle adozioni è, del resto, assai delicata e su questo tema non vi è unanimità di consensi nemmeno all’interno della comunità LGBT.

Franco Grillini, presidente di Gaynet e storico difensore dei diritti degli omosessuali, ricorda al premier che il vero tema dei diritti civili è l’uguaglianza: “Ma un omosessuale è un italiano? Al momento no perché non abbiamo nessun diritto e in particolare siamo uno dei pochi Paesi della vecchia Europa a non avere alcuna norma sulle coppie lgbt e persino nulla sui conviventi in generale”.

Un report pubblicato da Arcigay parla inoltre di “anno nero dell’omofobia”: tra maggio 2013 e maggio 2014, solo gli episodi di omofobia raccontati dalla stampa sono 75: pestaggi, blitz vandalici, scritte, attacchi ai simboli o alle persone. In quattro casi le vittime si sono suicidate. Ed è solo la punta dell’iceberg.

Lo scrittore e attivista Louis-Georges Tin è l’ideatore della Giornata contro l’omofobia, nata nel 2005. In un video, pubblicato anche sul suo sito, racconta come e perché ha voluto dare il via a questa iniziativa a cui hanno aderito più di cento paesi nel mondo. Dal 2007, l’Unione Europea la celebra il 17 maggio di ogni anno per dire basta alla violenza basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. “Il mio sogno più grande? La depenalizzazione universale dell’omosessualità, ma c’è ancora tanto da fare”.

Marino, sindaco di Roma, ha annunciato una calendarizzazione veloce a Roma del registro delle unioni civili, aggiungendo: “Non è sufficiente. Dobbiamo spingere sul Parlamento affinché l’Italia superi la vergogna di essere rimasta indietro rispetto al resto dell’Unione Europa”.

Tema complesso e controverso, quello delle unioni civili, in particolare tra persone dello stesso sesso. Certo, alcuni diritti civili vanno riconosciuti a chi decide una convivenza senza far ricorso al matrimonio; altro è avventurarsi in riconoscimenti che vanno oltre una cultura consolidata nei secoli nel nostro Paese.

©Futuro Europa®

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