Di Maggio (PI): trattativa Stato-mafia, dopo un anno ancora nessuna risposta su Di Matteo
Conferenza Stampa oggi nella Sala Nassiryia di Palazzo Madama del Senatore dei Popolari per l’Italia Tito Di Maggio, membro della Commissione Antimafia del Senato. Tema dell’incontro l’operato del sostituto procuratore di Palermo Antonino Di Matteo, titolare dell’inchiesta sulla cosiddetta “trattativa Stato-mafia”, nel corso di una puntata (dedicata all’inchiesta) del 6 giugno dello scorso anno di “Servizio pubblico” su La7 nella quale il magistrato era ospite di Michele Santoro insieme a Piergiorgio Morosini, Giudice per l’udienza preliminare presso il tribunale di Palermo per la stessa inchiesta.
Nel corso del programma, andato in onda con il caso giudiziario ancora in itinere, il Sostituto Procuratore Di Matteo ha pubblicizzato l’ipotesi di ricostruzione della Procura della Repubblica di Palermo, mentre il GUP Morosini ha pubblicamente dichiarato che, in costanza di udienza preliminare, ha partecipato a incontri con le parti civili di quel processo, tali perché da lui stesso ammesse (l’on. Sonia Alfano, il movimento delle “Agende Rosse” dell’ingegner Salvatore Borsellino) e che, successivamente, la stessa Corte di assise ha ritenuto di dover estromettere dal processo.
Per tutto ciò, il Senatore Tito di Maggio ha presentato esattamente un anno fa il 18 giugno 2013 una interrogazione urgente (tempi di risposta consentiti: massimo tre mesi) all’allora Ministro della Giustizia Cancellieri chiedendo di pronunciarsi su quello che era definito un “processo al di fuori delle sedi e degli organi competenti”. Ad oggi, nessuna risposta è ancora pervenuta e al senatore Di Maggio (che ha scritto al Csm e al Presidente della Repubblica per segnalare la vicenda e la mancata risposta) non è rimasto altro, oggi in sala stampa in Senato, che accendere provocatoriamente una candelina su una invitante torta di compleanno e chiedere che – se non si esprime il ministro competente – ci sia almeno risposta da parte di coloro che detengono la possibilità di azione disciplinare e cioè il Cms e il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.
Il senatore Tito Di Maggio è il fratello del magistrato Francesco scomparso nel 1996, già sostituto procuratore a Milano e vicedirettore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria tra il 1993 e il 1994, ritenuto aver avuto un ruolo nell’alleggerimento del 41bis (il carcere duro per i mafiosi) e che invece viene scagionato da alcune lettere (ritrovate lo scorso anno) inviategli dall’allora superiore del giudice Maggio, il capo del DAP Adalberto Capriotti, con le quali lo esautorava di fatto dalla decisione riguardante il 41bis.
Alla Conferenza Stampa di oggi era presente anche il Senatore Gabriele Albertini (Ncd) che – tra l’altro, oltre a condividere le posizioni del collega di Palazzo Madama – ha citato un caso analogo riferito ad una mancata risposta ad una sua interrogazione parlamentare.
Nel corso dell’incontro, Futuro Europa ha chiesto al Senatore Di Maggio se ritiene che la prassi dei ‘processi mediatici’ come per certi aspetti si può definire quello sulla trattativa Stato-mafia, e stigmatizzata anche dal senatore Albertini, sia consolidata da illustri precedenti. Di Maggio non ha purtroppo potuto far altro che rispondere laconicamente “credo proprio di sì!”.
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