Europe, Yes we can
È finita l’avventura. La squadra italiana, mesta, torna a casa. Sono state scritte frasi di ogni genere: rabbiose, irriverenti, banali, esilaranti. Poi, come spesso accade, alcuni giocatori hanno fatto la loro parte anche nei social. E allora il nero italiano ha scritto che gli italiani non lo hanno sostenuto. Perché è nero, anzi, ha scritto proprio negro. Ma se lo scrive lui! Come sempre brilla il cafone ignorante che spesso dorme dentro questi sportivi Ferrari dipendenti; la spocchia della gara a chi ce l’ha più grossa, la catena d’oro.
Io che non amo il calcio, ho provato pena per questi sputacchiatori seriali, gente che non è nemmeno capace di prendere una bibita senza comunicarlo ai follower. Ma che mondo malato, di selfie e sgallettate! Eppure non si è scritto o parlato di altro. Mentre il mondo continuava a girare e avvenimenti importanti erano in preparazione, si parlava solo di questi miliardari.
E intanto in una piccola cittadina del Belgio (Ypres, una città che è stata testimone di sanguinose battaglie e che durante la prima guerra mondiale fu quasi rasa al suolo e poi ricostruita in circa quarant’anni) era in preparazione un incontro importante tra i potenti d’Europa.
Un simbolo forte, Ypres, speriamo porti bene a tutti. Si sceglierà il presidente che prenderà il posto di Barroso. Sembra sicuro che tutti sostengano la designazione di Jean-Claude Juncker del PPE alla presidenza della Commissione Ue, anche se temono le gesta di David Cameron che, unico tra tutti, si oppone all’ex premier lussemburghese. E poi si dovrà nominare il Presidente del Consiglio Europeo.
Inoltre ci sarà la definizione del programma di lavoro della prossima Commissione europea, la cosiddetta “Agenda strategica”. Sarà un momento di confronto per i leader sul concetto di flessibilità con l’obiettivo di uscire dalla logica di politiche basate solo su rigore e austerità per passare ad azioni in grado di rilanciare la crescita e l’occupazione. Era ora aggiungo io. Speriamo davvero, anche perché c’è stata un’apertura importante da parte della Germania.
Insomma si gioca una partita molto più importante di quelle giocate sul campo erboso. Il nostro Primo Ministro ha ricevuto ieri una telefonata da Obama: gli avrà fatto gli auguri? Gli avrà dato una simbolica pacca sulla spalla? Speriamo bene. Anzi speriamo benissimo e ripetiamo come un mantra: Yes we can.
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