Unione Africana, lotta a fame e terrorismo

Il 23° Summit dell’Unione Africana (UA) si è tenuto la scorsa settimana a Malabo, in Guinea equatoriale. Durante la cerimonia di apertura si sono succeduti sul palco molti alti dirigenti africani. Se il tema ufficiale del Summit era “Agricoltura e tranquillità alimentare”, sono terrorismo e le minacce alla sicurezza che preoccupano maggiormente i Capi di Stato africani.

Fino all’ultimo momento, la partecipazione di alcuni capi di Stato a questo 23° Summit dell’Unione Africana era avvolta nel mistero. Alla fine, molti di loro si sono presentati: Paul Biya (Camerun), Ali Bongo (Gabon), Paul Kagamé (Ruanda), Blaise Campaoré (Burkina Faso), Idriss Déby (Ciad), Jacob Zuma (Sudafrica), Ibrahim Boubacar Keita (Mali) e Moncef Marzuki (Tunisia). Grandi assenti Alassane Ouattara (Costa d’Avorio), Omar el Bashir (Sudan) e Eduardo Sos Santos (Angola). Ma due Stati hanno fatto il loro ritorno nell’Organizzazione: la Guinea Bissau e l’Egitto. Chiamato sul palco, il nuovo Presidente egiziano eletto all’inizio di Giugno, Abdel Fatah al Sissi, è stato accolto con grandi applausi. L’ex maresciallo non ha avuto difficoltà nel conquistare la sala, snocciolando il nome degli eroi delle lotte per la liberazione dell’Africa, da Nasser a Mandela. Un discorso che ha avuto una eco particolare dopo che era stato letto un messaggio del Presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmud Abbas, che ha citato Yasser Arafat e insistito sulla “solidarietà fraterna dei Paesi africani” per mettere fine “alle azioni ingiuste di Israele, peggiori dell’apartheid”. Al Sissi ha sostenuto a sua volta la creazione di uno Stato Palestinese. Affermazioni che sono state fatte prima  dell’uccisione dei tre giovani israeliani. Oggi ricordarle fa strano.

Al Sissi, dopo aver insistito sulla legittimità della “rivoluzione popolare del 30 Giugno” in Egitto e assicurato all’UA che l’Egitto avrebbe assolto pienamente al suo compito in termini di sviluppo e di mantenimento della Pace, ha messo in guardia contro i pericolo del terrorismo “che va fermamente condannato”.  Questo perché già durante i lavori preparatori del Summit – il cui tema ufficiale era appunto “agricoltura e tranquillità alimentare – Capi di Stato e Ministri hanno apertamente dichiarato la loro crescente preoccupazione nei confronti della spinta dei gruppi jihadisti sul Continente, e della necessità di lottare contro il terrorismo nutrito di estremismi religiosi. Il Presidente della Commissione dell’UA, Nkosazana Dlamini Zuma, ha sottolineato quanto “bisogno di Pace e di sicurezza” ci volesse per permettere al programma di sviluppo e di agricoltura di partire. “Far tacere le armi da qui al 2020, questa è la priorità affinché le popolazioni possano coltivare la terra”, ha spiegato.

Prima di partecipare alla cerimonia di apertura, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, ha da parte sua condotto una riunione informale tra Ali Bongo e il suo omologo della Guinea equatoriale, Teodoro Obiang, sul conflitto territoriale tra i due vicini. Alla platea, nella grande sala del centro di conferenze di Sipopo, ha chiesto ai presidenti africani di mostrarsi “intransigenti e fermi” e non accogliere sul loro territorio capi militari, ribelli o Capi di Stato decaduti, condannati da sanzioni delle Nazioni Unite. Ha nominato qualcuna delle grandi crisi che preoccupano le NU e l’UA, dalla Somalia, dove si devono svolgere nel 2016 le elezioni presidenziali, al Centrafrica, dove le due organizzazioni collaborano per il trasferimento della Misca (Support Mission in Central Africa) verso la Minusca nel Settembre del 2014, passando per la crisi del Sudan del Sud. Per quanto riguarda il Mali, ha intimato che “tutte le parti che partecipano al conflitto si riuniscano immediatamente e incondizionatamente per negoziare una pace durevole” con i gruppi armati del Nord. Il giorno successivo però, Ban ha smussato i toni quando  a Nairobi, in chiusura della cinque giorni di lavori della nuova Assemblea dell’ONU sull’Ambiente (UNEA), si è mostrato determinato ad aiutare il Governo keniota e tutti i Paesi africani presi di mira dal terrorismo. Il Kenya ricordiamo, è stato teatro di numerosi attentati attribuiti agli islamisti somali Shebab o a loro simpatizzanti, da quando ha inviato nel Settembre del 2011 il suo esercito a combattere nel Sud della vicina Somalia. Con Kenyatta, Ban Ki Moon ha ripreso il discorso della sicurezza in Somalia, privata di un vero potere centrale dal 1991, del Sudan del Sud, il più giovane Paese del Mondo, impantanato in una nuova guerra civile dallo scorso Dicembre  e della regione dei Grandi Laghi, dove le tensioni persistono soprattutto tra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda.

Tutto questo a dimostrazione che la situazione sul Continente africano non è per nulla semplice, gli Stati membri dell’UA non sono tutti “Stati modello” e avere rapporti con loro a volte è difficile anche per le Nazioni Unite. Risolvere i conflitti per far partire lo sviluppo, oggi, diventa quasi una chimera. Durante il Summit, Ban Ki Mun non ha detto una parola sull’architettura securitaria dell’Organizzazione. Sul tema sicurezza si è comunque tenuta una riunione alla vigilia dell’apertura dei lavori dove due nuovi Stati si sono dichiarati intenzionati ad integrare la Capacità africana per la risposta delle crisi (Caric): Burkina Faso ed Egitto.

Lo stesso giorno, l’UA celebrava il 10° anniversario del Consiglio di Pace e di Sicurezza (CPS), secondo Idriss Deby “una delle più belle iniziative dell’UA”. Come simbolo di Pace è stata accesa una fiaccola, la cui luce è stata però oscurata per via della recrudescenza dei conflitti in corso. Nel 2015 nascerà una nuova struttura, la Forza Africana in attesa (FAA). I capi di Stato, Ministri degli Esteri e dirigenti incaricati hanno discusso per due giorni sulla FAA, sulla Caric così come sulla risoluzione più generica delle crisi che minano l’Africa, ma anche sullo sviluppo. Nulla si sa però sulle decisioni prese in conclusione dei lavori, le sedute si sono tenute a porte chiuse.

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