I naufraghi di SEL
Nulla è più magnetico del successo. Il Pd di Matteo Renzi, dopo le elezioni europee, continua a calamitare consensi ed adesioni a destra e, soprattutto, a sinistra dello schieramento politico. La leadership, già un po’ logora, di Nichi Vendola, non è riuscita a mantenere unito il suo partito, già da tempo in fibrillazione.
In seguito alla spaccatura in aula sull’approvazione del decreto Irpef, Sinistra Ecologia e Libertà ha perso un terzo dei suoi membri in Parlamento, tra cui l’autorevole Gennaro Migliore, considerato una colonna del partito. L’ormai ex capogruppo di Sel alla Camera ha incontrato i democratici Lorenzo Guerini e Francesco Bonifazi, prima di scrivere la lettera con cui ha comunicato a Vendola l’intenzione di lasciare il partito. Quest’ultimo assiste attonito allo svuotamento del suo gruppo alla Camera: “Questo è per noi il momento più difficile. Una comunità, quando si spacca in modo così plateale, è una comunità ferita”.
I primi a lasciare il partito erano stati Ferdinando Aiello e Michele Ragosta, che sono già confluiti nel Pd. Da quando Matteo Renzi è subentrato ad Enrico Letta come Presidente del Consiglio, all’interno del partito di Vendola è iniziata un’emorragia di parlamentari e amministratori locali appartenenti al gruppo che ha preso connotazioni tragicomiche. Pochi giorni fa hanno preso ufficialmente un’altra strada, quella filo-renziana, Claudio Fava, Titti Di Salvo e Ileana Piazzoni.
Migliore ha sottolineato che l’ingresso nel Pd “non è una discussione all’ordine del giorno, ma è una cosa che valuteremo collettivamente”. Sulla formazione di un possibile gruppo riformista, l’ex fedelissimo di Vendola spiega che “per ora si sta lavorando perché le proposte del governo abbiano una componente di sinistra”.
Secondo alcune voci raccolte a Montecitorio, sembra che in discussione non ci siano solo governo e riforme: l’ex capogruppo di Sel starebbe pensando a una sua candidatura a sindaco di Napoli. Candidatura che, alla luce degli ultimi eventi, potrebbe essere sostenuta proprio dal Pd, che non si è mai trovato in sintonia con l’attuale sindaco Luigi De Magistris.
Anche in Campania il gruppo di Vendola è fortemente in subbuglio per la probabile candidatura di Vincenzo De Luca, attuale sindaco di Salerno, alla presidenza della regione in quota Pd. Non a caso, 27 esponenti salernitani di Sel hanno lasciato il partito per confluire nel Pd, capeggiati dal deputato Ragosta. Sulle sorti di Sel, nata dalla scissione di Rifondazione comunista, ci sono state molte ironie. C’è chi ha osservato, ma sottovoce, che a sinistra non c’è scissione alla quale non segua un’altra scissione.
Vendola, tuttavia, non ha fatto alcun attacco diretto a chi ha lasciato Sel, anzi, avrebbe dichiarato: “a loro facciamo tanti auguri. Migliore per me è come un figlio, sento il dolore di una perdita. Speriamo che saranno utili per le bandiere della sinistra”. Non tutti, però, entreranno direttamente nel Pd. Probabile per i più è uno stazionamento temporaneo nel gruppo misto per poi fondare eventualmente un gruppo nuovo, forse con l’aiuto di qualche deputato Pd insofferente per la deriva renziana e disposto a prestarsi alla causa. Servono 20 deputati, infatti, per costituire un gruppo alla Camera.
Nella sua lettera di dimissioni dal gruppo Sel, Claudio Fava ha scrive che la sua scelta “non è una scorciatoia verso altri partiti”, rifiuta la divisione tra “renziani e non renziani”. Fava e i suoi colleghi sceglieranno probabilmente un percorso autonomo per ritrovare la via del “socialismo europeo”, accantonata dopo la scelta del partito – da sempre contrastata da Fava e da parte del gruppo parlamentare – di impegnarsi alle europee per la candidatura del greco Alexis Tsipras, nel GUE, il gruppo della sinistra europea.
Oggi Vendola appare un politico in declino, che lotta strenuamente per restare a galla, sia pure con orgoglio. E’ attratto, ormai nemmeno più segretamente, dal successo del Partito Democratico – ancora di più dopo il trionfo europeo – ma ha dovuto inevitabilmente sostenere una posizione, se non contraria, quantomeno alternativa a Renzi. Il leader di Sel, tuttavia, non si dà per vinto. A proposito dei fuorusciti ha dichiarato: “Un gruppo parlamentare non può essere in alcun modo un impedimento a questa linea. La differenza tra essere renziani e non renziani è esattamente quella che passa tra combatere ed arrendersi. La vicenda del nostro dibattito interno è stata letta come una divisione tra filorenziani e antirenziani. E Sel, nonostante il fascino che i vincitori hanno, non può dichiararsi filorenziana”.
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