Asse Renzi-Berlusconi, danno per la democrazia

Il gioco di Renzi è molto più sottile e cinico di quanto si possa immaginare. L’affermazione di voler portare velocemente a Bruxelles la riforma del Senato per avere le carte in regola per ottenere maggiore flessibilità da parte dell’Ue sui nostri conti pubblici è un falso assoluto. Le riforme strutturali a noi richieste dalle cancellerie europee riguardano essenzialmente le materie del lavoro (tassazione alle imprese, piani di investimenti, ecc.), della riduzione del debito pubblico (riduzione degli sprechi, razionalizzazione della spesa, ecc.), della lotta all’evasione fiscale (non certo la ridicola obbligatorietà del POS senza alcuna penale a chi non si attiene). Quelle istituzionali, invece, sono indifferenti perché che non hanno alcuna valida incidenza sulla crescita e sulla riduzione del nostro debito.

La verità è che il nostro presidente del Consiglio, preoccupato dagli attuali indicativi dati ufficiali che riguardano la nostra economia, immaginando di dover essere costretto, suo malgrado, ad una manovra di ulteriori lacrime e sangue, tenterà di arrivare a elezioni anticipate portando come trofeo della sua capacità di cambiamento e della sua credibilità sia la riforma del Senato che quella elettorale. Riforme peraltro a lui congeniali per vincere le elezioni.

Del resto, se così non fosse, viene da chiedersi come mai un riformatore come lui non abbia consentito la riproposizione di una riforma istituzionale che restituisse ai cittadini (secondo un recente sondaggio, è il 58 per cento a chiederlo) il diritto di eleggere i propri parlamentari. Perché dedicare tante energie a questo settore invece di trovare adeguate soluzioni per avviare, quantomeno, il processo di uscita dalla crisi? Perché non concentrarsi sulle banche responsabili di utilizzare i miliardi loro affidati dalla Bce per altri scopi anziché riaprire il credito alle imprese e alle famiglie? Non è un caso dunque che gli interessi di Renzi coincidano con quelli di Berlusconi, tant’è che con il patto del Nazareno, stipulato tra due personaggi politici che insieme rappresentano meno del 50 per cento degli aventi diritti al voto, si sia scelto il consenso di un partito all’opposizione e non di tutti i settori della maggioranza, con le dovute mediazioni. Certo, il consenso del Cavaliere sicuramente ha un indicibile prezzo che però consente al segretario del Pd, per affinità culturale, di costruire un’impalcatura istituzionale nuova, adatta alla guida di un solo uomo al comando. Lui.

E con queste riforme, chi paga pegno? I cittadini che si vedono scippati di uno dei principali diritti democratici quale quello del voto preferenziale. Il resto si vedrà. Se in tanti continuano a soffrire per la crisi per mancanza di adeguate iniziative governative, il problema sembra non toccare chi gestisce il potere con un tasso di spregiudicatezza che caratterizza un così giovane rampante. Prima o poi dirà anche a noi di stare sereni.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo è Vicepresidente nazionale dei Popolari per l’Italia]

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