Assolto, ora nuovi scenari politici

L’assoluzione di Silvio Berlusconi in Appello, nel processo Ruby, porterà inevitabilmente delle conseguenze. Non tanto per la portata quasi clamorosa della sentenza – bisogna ricordare che il leader di Forza Italia in primo grado era stato condannato a sette anni e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici – ma, soprattutto, per i risvolti politici. Ripercussioni pesanti che consentiranno di procedere più spediti nel percorso delle riforme. In questo senso, quindi, anche il premier Matteo Renzi, può sorridere: “Siamo in dirittura, lavoriamo sodo e porteremo a casa il risultato”, ha detto sabato scorso, poco prima della partenza per la missione lampo in Africa.

L’assoluzione del exCav rafforza il patto del Nazareno. Un duro colpo ai dissidenti forzisti ma anche a quelli del Pd. Tra gli azzurri la sentenza che riabilita Silvio Berlusconi diventa difficile da gestire per chi sul nuovo Senato ha sempre detto no. Nelle scorse settimane in tanti avevano espresso perplessità sulla riforma di Palazzo Madama, creando una vera e propria fronda nel partito. L’ex premier, dal canto suo, non aveva mai dato l’impressione di voler cedere di un centimetro: “Il percorso di Forza Italia non cambia”, aveva più volte rassicurato. Ma il processo Ruby è quello che più di tutti ha segnato il leader azzurro che lo ha sempre considerato “infamante”, sottolineando tutta la sua soddisfazione dopo la sentenza: “Sono profondamente commosso: solo coloro che mi sono stati vicini in questi anni sanno quello che ho sofferto per un’accusa ingiusta. Un pensiero di rispetto va poi alla magistratura”.

E’ innegabile che Berlusconi esca rafforzato dall’assoluzione piena. Magari non elettoralmente – tra i sondaggisti prevale la convinzione che la sentenza non sposti molti voti verso Fi – ma certamente la sua leadership nel partito acquista nuovo vigore. Renzi e i suoi lo sanno bene e nonostante il presidente del Consiglio ripeta che “le sentenze non si commentano e le riforme vanno avanti naturalmente”, una nuova condanna di Berlusconi avrebbe creato più di un problemino all’intesa su Senato e Italicum. Il vicepresidente della Camera, il Pd Roberto Giachetti, rimarca come la linea del Cavaliere esca rafforzata: “Sulle riforme Berlusconi si era mostrato assolutamente determinato anche prima della decisione della Corte, e certo non si aspettava notizie così positive. Eppure questo non gli ha impedito di andare avanti con decisione. Quindi non cambia molto, ci sarà solo una maggiore serenità”.

Insomma la magistratura, per una volta, ha fatto felice l’ex premier. E anche l’attuale inquilino di Palazzo Chigi. Una spallata ai frondisti e dissidenti vari, sia democratici che tra le fila azzurre. Un assist sulla strada delle riforme che il governo ha tutte le intenzioni di sfruttare. Anche perché a dare un altro aiutino sembra ci sia anche Beppe Grillo che alla fine della scorsa settimana ha sconfessato Luigi Di Maio, dichiarando chiusa la trattativa dei 5 Stelle con Pd, togliendo un altro appoggio anche a tutti i parlamentari piddini che mal tollerano l’intesa col “pregiudicato”. “E’ finito il tempo degli incontri”, ha detto Grillo, “saremo pronti a votare la nuova legge elettorale, inclusiva delle preferenze, direttamente in aula. Ci dispiace per il Pd ma non c’è più tempo”. La replica del premier è piccata: “Non fanno a tempo a sedersi al tavolo che arriva la voce del padrone a sconfessarli. Ma voglio continuare ad avere fiducia in quei ragazzi, c’è una evidente tensione nel Movimento ed è interesse del Paese che possa prevalere la linea di chi pensa all’Italia e non alla tattica”.

Chi aveva scommesso sulla condanna e sull’implosione di Forza Italia, questa volta ha perso. Il Pd ora spinge sull’acceleratore: l’occasione di sbaragliare i dissidenti e convincere un Cav più mansueto a mollare qualcosa sulle soglie dell’Italicum è ghiotta. Tanto che, nell’ipotesi di modifiche, anche per i grillini potrebbe essere difficile dire ancora no.

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