Cronache dai Palazzi
Riforme ad ogni costo. “Le riforme non sono il capriccio di un premier autoritario – sostiene Matteo Renzi – ma l’unica strada per far uscire l’Italia dalla stagnazione che prima di essere economica rischia di essere concettuale”. Un premier agguerrito vuole portare a casa la riforma costituzionale prima della chiusura estiva, prevista per l’8 agosto, ed apre alle modifiche dell’Italicum al Senato, con un certo disappunto di Forza Italia costretta ad ingoiare ancora. Renzi elabora il modello di una futura legge elettorale dal web: “Modello legge elettorale dei sindaci: un vincitore – eventualmente con ballottaggio – che ha i numeri per governare. Se non governa è colpa sua, non ha alibi. L’Italicum va in questa direzione. È stato già approvato alla Camera. Sarà modificato dal Senato e diventerà legge definitivamente”, assicura Matteo Renzi.
“Approveremo la riforma in prima lettura, nonostante le urla e gli insulti”, continua il premier, ma dietro le quinte cresce il malumore per le modifiche annunciate da Renzi sul modello di legge elettorale. Preferenze e soglie sono i temi caldi che FI non vorrebbe trattare. I grillini, invece, sono pronti ad accettare la legge per i sindaci ma “in cambio chiediamo l’introduzione delle preferenze – puntualizza Luigi Di Maio – e l’esclusione dal Parlamento dei condannati con sentenza definitiva, tranne che per i reati di opinione”.
La partita dell’Italicum si giocherà a settembre ma nel mese di agosto continueranno le trattative tra i partiti. Ai suoi interlocutori Renzi ribadisce la disponibilità “a cambiare se c’è l’accordo di tutti, compreso Berlusconi”. In sostanza “non si faranno cambiamenti che non siano condivisi anche da Forza Italia”. Dopo ciò che è successo con il movimento di Nichi Vendola sarà comunque più difficile portare avanti le trattative, nonostante Matteo Renzi sembra sia pronto alla rottura con Sel. Molto probabilmente si innalzerà la soglia del 37 per cento per accedere o no al secondo turno, mentre per quanto riguarda il resto della riforma elettorale è ancora tutto un enigma da risolvere.
Sul banco ci sono due proposte di cui hanno già discusso Renzi e Verdini. La prima prevede di non alterare l’impianto dell’Italicum facendo solo qualche piccolo ritocchino per evitare così di rimettere in discussione il patto del Nazareno. La seconda proposta, invece, è quella che trae ispirazione dal modello della legge elettorale che hanno appena sfornato in Toscana – i forzisti e gli esponenti del Pd locale – secondo cui le soglie di sbarramento si abbasserebbero: il 3 per cento per chi si coalizza e il 5 per cento per chi corre da solo (contro l’8 per cento previsto dall’Italicum). Tale schema lascerebbe intravedere per Sel la possibilità di tornare in Parlamento anche non facendo parte di una coalizione della quale il Pd sarebbe il “dominus”.
Il modello elettorale ‘made in Tuscany” prevede infine un’altra condizione che potrebbe mettere d’accordo tutti a proposito di preferenze: si tratta di una norma secondo la quale ogni partito può decidere se presentarsi alle elezioni con una mini-lista bloccata oppure con una lista aperta, adottando così il sistema delle preferenze. Se il modello in salsa toscana non dovrebbe mietere successo si tornerà all’impianto dell’Italicum, apportando qualche lieve modifica.
“Dobbiamo fare presto e bene”, continua a ribadire Matteo Renzi ai suoi parlamentari. Il presidente del Consiglio punta in pratica a ricucire i pezzi della riforma elettorale prima della pausa estiva, anche se molto probabilmente si arriverà a fine agosto, e quindi al prossimo Consiglio europeo (30 agosto), con l’acqua alla gola a proposito di riforme, riforma costituzionale compresa.
La bagarre in Aula al Senato ha superato i limiti consentiti, tra bavagli tricolore, spalle lussate e cartelli variopinti. “Simili comportamenti non saranno più consentiti”, ha puntualizzato il presidente Grasso, che ha annunciato un’istruttoria sui fatti di giovedì 31 luglio. I senatori questori individueranno le responsabilità dei singoli e irrogheranno “le più gravi sanzioni” previste dall’articolo 67 del regolamento.
La discussione sugli emendamenti al ddl Boschi continua quindi in un clima incandescente in cui M5S, Lega e Sel abbandonano l’Aula di Palazzo Madama puntando il dito sulla conduzione di Grasso.
“Il presidente del Senato Grasso mi ha tolto la parola come relatrice di minoranza sulla riforma. È un fatto gravissimo e inaccettabile”, ha dichiarato la senatrice De Petris. I pentastellati, invece, hanno protestato silenziosamente in Aula estraendo la loro scheda al momento del voto “per rimarcare la mancata corretta applicazione del regolamento da parte del Presidente Grasso sull’emendamento per la riduzione dei parlamentari”.
“Di fronte a questa conduzione dei lavori non parteciperemo più a nessuna votazione e ai lavori dell’Aula”, ha annunciato il capogruppo 5 Stelle, Vito Petrocelli, esponendo subito dopo un bavaglio tricolore.
Tre forze sembrano quindi mancare all’appello ostacolando il proseguire dei lavori sulla strada della riforma costituzionale, resa ancor più ardua, e in salita, dalla diatriba Pd-Sel, commentata aspramente anche da Pippo Civati, leader della minoranza interna Pd che, inoltre, “in relazione alle modalità con cui è stata convocata la direzione Pd per parlare della riforma del Senato”, ha sottolineato “la singolarità di una direzione convocata per trattare il tema del Senato, senza però permettere la partecipazione dei senatori”.
Renzi, in sostanza, non vuole offrire pretesti né ai “gufi” del suo partito, né ai “costituzionalisti con il passamontagna” o, tantomeno, ai senatori “incappucciati”. “Non è un remake dei 101”, ironizza Renzi, i parlamentari del Pd che nell’aprile 2013 fecero saltare la nomina di Romano Prodi a presidente della Repubblica. L’operazione che ha soffocato il governo nel segreto dell’urna gli ha lasciato “l’amaro in bocca” ma il segretario-premier è intenzionato a procedere facendo appello “alla calma e alla serenità”.
Dopo l’abbandono dei lavori da parte dei senatori di Sel, M5S e Lega, il premier incontra comunque i capigruppo della maggioranza al Senato e apre ad eventuali modifiche a proposito di immunità e elezione del capo dello Stato, purché le opposizioni pongano fine all’ostruzionismo. “Non molliamo rispetto alle provocazioni, noi porteremo questo Paese fuori dalle sabbie mobili”, sostiene Renzi, che aggiunge: “Le riforme strutturali sono la principale richiesta di tutti gli operatori economici mondiali. Fatte le riforme l’Italia sarà molto più appetibile”.
Prima l’abolizione del bicameralismo perfetto, poi la nuova legge elettorale (e la riforma del lavoro). “Non siamo quelli della deriva autoritaria – smentisce Renzi – Avremo i due terzi, ma faremo mancare i voti per far scegliere i cittadini con il referendum”. Il leader del Pd rivendica il patto del Nazareno con Berlusconi, definendolo “un atto parlamentare” e ufficializza l’apertura sulle preferenze.
L’Italicum sarà in calendario già i primi di settembre quando dovrebbe prendere definitivamente corpo anche la riforma della giustizia, “con l’obiettivo di dimezzare gli arretrati del civile, portare i tempi ai livelli europei (350 giorni contro 950 per il primo grado), garantire la certezza del diritto eliminando il ricorso alle prescrizioni perché il tempo non può sconfiggere la legge”. A settembre subentrerà inoltre la presentazione della “fase 2” del governo: la presentazione del programma dei Mille giorni con il quale il presidente del Consiglio, “a dispetto dei rassegnati per professione”, mira a traghettare l’Italia “là dove deve stare”, ossia tra le grandi potenze mondiali, che vuol dire anche avere un posto in prima fila in Europa. Un posto che Matteo Renzi dovrà difendere con forza anche nel Consiglio europeo del 30 agosto.
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