Forza Italia apre alle preferenze?
“E’ importante che Berlusconi stia al tavolo della riforma elettorale così come è stato a quello per la riforma costituzionale: un segnale importante, di serietà del sistema”. Il premier Matteo Renzi ha sottolineato sabato scorso, parlando con i giornalisti dal Cairo, come il futuro delle riforme non possa prescindere dal dialogo con l’ex Cav. “Vediamo, l’incontro sarà la prossima settimana (questa, ndr)”, ha concluso Renzi, dopo che l’ultimo faccia a faccia è saltato a causa di una lieve indisposizione di Berlusconi. Nei giorni scorsi anche Forza Italia ha aperto più di uno spiraglio sull’ipotesi di reintrodurre le preferenze nell’Italicum.
Mentre al Senato la battaglia per cambiare i connotati di Palazzo Madama si fa sempre più dura (a proposito, nel fine settimana il Senato dei cento ha incassato il primo sì), si torna a parlare anche dell’altra riforma, quella elettorale. “Niente elezioni anticipate, noi andiamo avanti spediti”, rassicura Renzi, ma non è un caso che i binari delle riforme corrano paralleli, anzi, rischiano anche di toccarsi. Affinché passi la riforma al Senato, le preferenze dell’Italicum e magari anche un ritocchino alle soglie di sbarramento diventano una sorta di merce di scambio. Magari detto così suona anche male, ma la sostanza è proprio questa. Ok al Senato dei cento, a patto che si riveda la nuova legge elettorale. Il patto, tanto per restare in tema, del Nazareno è in bilico? “Non abbiamo ceduto un bel niente”, è il commento di Maria Stella Gelmini, deputata azzurra ed ex ministro dell’Istruzione. “Il presidente Silvio Berlusconi non si è ancora pronunciato. Io personalmente non sono contraria alle preferenze, ma non è arrivato il momento di dire come e se sarà modificato l’Italicum. C’è una nostra disponibilità a discutere di tutto purché questo avvenga in maniera concordata tra Berlusconi e Renzi”.
La soluzione potrebbe essere quella di compromesso: capolista bloccati, ossia non scelti direttamente dagli elettori, e voto di preferenza per gli altri candidati di ciascuna forza politica. In più potrebbero anche essere riviste le soglie di sbarramento, ora fissate al 4,5 per cento per i partiti in coalizione e con il premio di maggioranza che scatta al 37 per cento. Il Pd, anzi, Matteo Renzi può contare su una forza che sfiora il 41 per cento incassato alle europee. Va bene, quindi, non stravolgere il patto con Silvio, ma un’apertura che sia in grado di mettere d’accordo un po’ tutti, anche i partiti più piccoli, è lecita attendersela. Non è, comunque, un percorso semplice quello di modifica dell’Italicum. Anche perché il gruppo dei contrari alle preferenze è folto anche nel Pd. Rimettere mano alle liste bloccate equivale a ridiscutere quasi tutto.
Mai come in questi giorni la tensione in Senato è alta. E’, tra l’altro, da segnalare un documento sottoscritto da un centinaio di Senatori appartenenti a diversi Gruppi parlamentari anche della maggioranza (tra i primi firmatari, Mario Mauro e Tito Di Maggio dei Popolari per l’Italia) con il quale si denuncia “al di là delle differenti posizioni e punti di vista sulla riforma della nostra Carta fondamentale” una serie di violazioni delle regole parlamentari nel corso della discussione in Aula a Palazzo Madama del progetto di riforma del Senato.
La sfida del premier è quella di chiudere la “sua” partita riformista al più presto. Intanto il leader azzurro sta studiando la situazione per capire la maniera migliore di capitalizzare l’intesa renziana sulle riforme. Il braccio di ferro con i senatori azzurri ne è la prova. Subito dopo l’estate, non è da escludere che l’ex premier possa pensare anche di reclamare per Forza Italia un ruolo nella maggioranza di governo.
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