Teatro Valle, verso quale soluzione?

Roma – L’assessorato alla Cultura della Capitale sembra risvegliarsi dal lungo letargo e chiede la riconsegna del Teatro Valle per realizzarne la ristrutturazione. Il mese di luglio non è mai stato così lungo, come nel calendario della Fondazione Valle Bene Comune che ha “autogestito” sinora il Teatro. La data di sgombero, scaduta il 31 luglio, è stata posticipata al 10 agosto (alias “41 luglio” per la Fondazione), per far partire i lavori già il giorno dopo. Gli istrioni occupanti continueranno fino al “41 luglio” assemblee aperte alla cittadinanza e gli eventi in programmazione.

Dapprima sembrava che il Valle avesse accettato il patto, non senza un certo timore, ma ora è tornato doveroso capire e farsi capire. Il 31 luglio fino all’ultimo non si sapeva come sarebbe finita, se non con 24 ore di maratona non-stop di attività. Si è deciso di non deporre le armi del pensiero, lì dove non sono mai mancate durante questi 3 anni di occupazione intelligente condotta in maniera ineguagliabile.

Durante tavoli di lavoro, alla presenza di relatori come l’ex-Ministro MiBACT, Massimo Bray, l’ex-Presidente della Corte dei Conti, Paolo Maddalena, esperti e professori universitari come lo storico dell’Arte, Tomaso Montanari, e la giurista Maria Rosaria Marella, si sta cercando di elaborare una proposta di Teatro Partecipato, un’alternativa convincente per un teatro migliore, da presentare alle istituzioni, in particolare al Presidente del Teatro di Roma, Marino Sinibaldi. C’è il bisogno di imporre degli oneri per permettere la tutela di un grande progetto, in un momento di confusione e abbandono. Ma se si tratta di meri interessi politici, pure il lampo di genio più brillante soccombe.

L’idea è quella di far transitare la gestione dal MiBACT al Comune, ma Roma Capitale non ha ancora perfezionato con il Ministero la consegna del Teatro Valle. Questo avviene in un contesto di privatizzazione voluta da Palazzo Chigi e di un percorso in cui le Soprintendenze vivono un processo di riforma. Dopo la nomina di Giovanna Marinelli, nuovo assessore alla Cultura, la recente approvazione da parte del Comune del bilancio dell’Assessorato (il che significa no ulteriori tagli) e l’annuncio di finanziamenti per oltre 161mila euro (che non sono mica tanti), si punta a rendere sempre più ricco e grande il Teatro di Roma.

Del resto, il Valle in 3 anni ha maturato un potenziale invidiabile, un’attività avviata che farebbe comodo a qualsiasi istituzione. Problema: chi è in grado di mantenerlo, se non i suoi creatori? Potenziale a livello di produttività economica, culturale, di organo costituzionale. Verrebbe operata una violazione nei confronti del collettivo popolo sovrano, che si vedrebbe privato, come pubblico e parte partecipante, di questa viva eccellenza, che può respirare solo aria di controtendenza.

La Fondazione sta cercando di capire se davvero può fare a meno dell’occupazione, ma il rischio di involuzione, concretamente costituita da una non avvenuta ricollocazione si fa sentire. Nel comunicato del 31 luglio si legge: “Non vogliamo tenerci questo teatro, non siamo attaccati a quelle poltroncine di velluto rosso, vogliamo dar vita a una stagione nuova dove sono gli artisti e la cittadinanza a gestire un teatro. Vogliamo che i principi che hanno generato questi 3 anni rimangano nel DNA del nuovo progetto per il Teatro Valle”.

A suon di ricatti e complimenti pomposi, le istituzioni si fanno sentire, ma il gioco non regge. Gli ultimi lavori risalgono al 2010. L’agibilità il Valle ce l’ha. L’impianto elettrico e le porte antincendio sono stati completamente rinnovati, ed è stato mantenuto il graticcio in legno poiché ‘800entesco e vincolato. Il teatro può essere dichiarato inagibile solo dopo accurate perlustrazioni. L’agibilità consta di un certificato emesso dalla Commissione Provinciale di Vigilanza e dal Certificato Prevenzione Incendi. È scontato dire che, una volta entrata, la Soprintendenza non esiterà a compilare certificati farlocchi dalle cifre elevate.

Chissà quando riaprirebbe il Teatro e chissà quando il palco rivedrebbe produzioni alla pari di quelle offerte finora, a fronte della Società Zètema, l’azienda culturale di Roma Capitale, fondata da Walter Veltroni. Durante i lavori, la concessione di una degna sede temporanea per non interrompere l’esperienza di Teatro Partecipato, Cultura come bene comune, costituirebbe una garanzia non da poco. I sodalizi non sono facili, ma non c’è penuria di luoghi sotto l’Assessorato alla Cultura da riattivare culturalmente; un nome? Il neo-restaurato Teatro di Villa Torlonia dall’assente programmazione. Intanto il Valle, a ragione, resiste e non abbandona la nave.

©Futuro Europa®

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