US-Africa Summit, un bilancio
Le attese della vigilia non sono state tradite, l’US-Africa Summit entrerà di diritto tra gli eventi più importanti del 2014. Il presidente americano Barack Obama, forte anche delle proprie origini keniote, ha enfatizzato come gli Stati Uniti rappresentino un alleato commerciale migliore per l’Africa rispetto alla Cina, sottolineando come Washington non sia solamente interessata alle risorse naturali del continente nero, ma vuole contribuire a sviluppare quello che considera il più grande potenziale africano, ovvero la sua gente. A tale impegno hanno risposto con entusiasmo i leader africani presenti, rimarcando come per la prima volta le loro richieste di diventare partner commerciale paritario invece che semplice ricevente d’aiuti siano state accolte. Con gli oltre $33 miliardi di contratti commerciali stipulati, il meeting è stato certamente uno dei più grandi progetti di partnership commerciale tra un singolo paese e un intero continente della recente storia. Il segretario di stato al commercio USA, Penny Pritzker ha confermato, inoltre, che il governo americano incrementerà sostanzialmente il numero di missioni commerciali in Africa.
Il summit non è stato solo oggetto di collaborazione intergovernativa, ma ha visto come grande protagonista il settore privato, con i colossi multinazionali americani tra i quali GE, Coca-Cola e Walmart in prima fila. Tra i più attivi, anche i grandi fondi americani, ad esempio Blackstone in partnership con Dangote Industries si è offerta d’investire $5 miliardi in progetti energetici nell’Africa sub-sahariana, mentre il CEO di Carlyle GroupDavid Rubenstein ha rimarcato come l’industria di private-equity sia pronta a decollare anche in Africa. Anche le grandi banche hanno lanciato il loro peso commerciale dietro grandi progetti d’investimento nel settore energetico, con Citi e Standard Chartered Bank che hanno rispettivamente investito $2.5 e $5 miliardi come parte dell’iniziativa “Power Africa”. L’agenzia internazionale dell’energia (AIE) ha stimato che la Nigeria e gli altri paesi sub sahariani abbiano bisogno di circa $300 miliardi d’investimenti per sviluppare adeguate infrastrutture di approvvigionamento e distribuzione dell’energia. Il presidente di Stanbic BTC Holdings, Atedo Peterside, ha segnalato come l’arrivo di colossi del petrolio sul mercato borsistico NSE possa servire a colmare la mancanza di capitale nel settore. Certo grossi ostacoli rimangono ancora da superare, secondo uno studio di PwC, infatti, corruzione dilagante, insicurezza regolatoria e lentezza nell’approvare leggi a favore del settore sono tra i principali fattori d’intralcio a un rapido sviluppo sia per il settore petrolifero che per quello del gas. Il ministro dell’energia nigeriano Diezani Alison-Madueke ha, inoltre, sottolineato come il costo di raffinazione del petrolio sia cresciuto di $7 al barile a causa di crescenti atti di vandalismo e devastazione contro gli oleodotti, mentre i lavori di costruzione per oltre 250 km di gasdotti rimangono da completare.
Oltre alla Nigeria, altri importanti paesi e catalizzatori d’investimento africani come Ghana, Kenya, Angola e Sudafrica hanno giocato la parte del leone nel meeting tenutosi a Washington. Il governo ghanese ha anch’esso ottenuto $498 milioni d’investimento per lo sviluppo del suo settore energetico attraverso il Millennium Challenge Corporation. A detta del CEO di Safaricom Bob Collymore, gli Stati Uniti si candidano a essere il più grande partner commerciale in Kenya, ponendo l’accento sul fatto che i più importanti investitori privati americani potranno beneficiare di un canale preferenziale a scapito dei colossi governativi cinesi. L’Angola, con una crescita media del PIL di 9.10% tra il 2007 e il 2013 e di 7.4% reale nel 2014, ha portato a casa ulteriori investimenti per lo sviluppo del suo settore energetico, ma numerose critiche sono emerse a causa di una campagna di trasparenza lanciata da Global Witness e portata avanti direttamente dalla SEC sulla destinazione di oltre $300 miliardi d’investimento finiti a un misterioso centro di ricerca, tra gli indagati per corruzione figurano BP e Cobalt International Energy. Dal canto suo, il presidente sudafricano Zuma si è speso personalmente in un’azione di lobbying verso lo stesso Obama e il vice presidente americano Joe Biden per l’estensione dell’AGOA (African Growth and Opportunities Act) che vede il Sud Africa tra i principali artefici e beneficiari del patto siglato quattordici anni fa dall’allora presidente Bill Clinton.
Insomma, nuove opportunità d’investimento e vecchi problemi, quali la corruzione, sembrano affacciarsi e aleggiare sopra un continente che si candida a ospitare nei prossimi anni la particolare attenzione, nel bene e nel male, dei mercati internazionali grazie alla presenza di paesi emergenti con grandi potenzialità di crescita.
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