La triste morte degli hammam
Le città arabe già da qualche decennio si svuotano dei loro Hammam. Il rumore soffuso e il vapore sembrano sprigionarsi dal famoso quadro di Ingres (1859) Il Bagno turco. Dall’11 al 30 Luglio, il Museo di Tunisi è stato disseminato di 114 foto, dall’atmosfera avvolgente, raffiguranti gli Hammam della città vecchia. Per i visitatori una scoperta inedita di meraviglie architettoniche, come la volta turchese in marmo di Carrara dell’Hammam di El Methira, un bagno del XVII°secolo. Questo omaggio magnifico è anche un grido di allarme. L’Associazione Azioni cittadine in medina, che ha organizzato la mostra “Regards posés ”, ne è convinta: “Gli hammam ancora funzionanti sono minacciati di estinzione se non si dà inizio ad un intervento mirato di salvaguardia.”
A monte di questo evento, esiste uno studio sul terreno della ONG che nessuna organizzazione pubblica aveva mai pensato di effettuare. Sui 50 bagni esistenti a Tunisi nel XIX° secolo, solo 26 sono ancora aperti, 7 hanno chiuso e versano in stato di rovina, 17 sono stati completamente distrutti. Per Ahmed Zaouche, architetto specializzato nella medina e membro dell’Associazione, “il degrado è stato accelerato dai nuovi vincoli imposti”. Cita, come presagio di loro definitiva sparizione, il caso del Cairo: nella capitale egiziana non esisterebbero più che cinque Hammam. Tunisi non è l’unica città araba dove questa antica tradizione è in pericolo di estinzione. Di gran moda oggi in Occidente, il bagno turco conosce un declino quasi generalizzato nel mondo arabo. Il colmo per un luogo che rappresentava la piena vita delle città musulmane, a stesso titolo della mosche e del suk. Damasco, l’ex capitale dei califfi Omayyadi , una delle culle di questa istituzione ispirata alle terme romane, vantava tra i più bei e più antichi bagni. Non si sa se esistano ancora, quelli di Homs di Aleppo sono stati sicuramente rasi al suolo dagli incendi e dai bombardamenti. Secondo gli studiosi c’è differenza tra il Medio Oriente, dall’Egitto alla Siria, dove il declino è ormai in stato avanzato, e il Maghreb, dove si continua a costruire nuovi Hammam nelle periferie delle città. In particolare in Marocco, il loro utilizzo rimane molto diffuso tra la popolazione povera. Così se a Tripoli (Libia), solo due bagni turchi rimangono aperti, a Fez, in Marocco se ne possono contare una trentina.
Perché succede questo? Qualcuno lo giustifica, erroneamente, come evoluzione naturale dovuta alla diffusione dei bagni privati. Ma c’è una grande differenza tra il bagno di casa e ciò che significa frequentare un Hammam. Nel caso di Tunisi, l’Associazione della medina insiste sui problemi di ordine tecnico, giuridico ed economico: il riscaldamento tradizionale a carbone è stato vietato, il riscaldamento con il gas ha fatto lievitare i prezzi; le misure igieniche poi obbligano a rivestire di maiolica l’interno dei bagni su di un’altezza di 1,5 metri; senza contare gli asciugamani da disinfettare, lo smaltimento delle acque chiare e scure e via dicendo. I proprietari di questi piccoli stabilimenti, passati in eredità da padre in figlio da generazioni, hanno grande difficoltà ad adattarsi alla “modernità”. Sopraggiungono poi problemi di impatto ambientale. A Marrakech, per esempio, l’acqua degli Hammam arriva dalla falda freatica. Il suo livello sembra stia calando e le autorità impongono norme alle quali gli Hammam non possono contravvenire. Anche il cambiamento di mentalità ha dato il suo contributo, negativo. Per molti “Hammam” è diventato sinonimo di sporcizia. A Tunisi, qualche grave caso di scabbia ha allarmato la popolazione. E la crescita di un Islam radicale a riacceso gli antichi sospetti contro tale “luogo di perdizione e dissolutezza. Il sociologo francese Omar Carlier ricordava in un suo articolo un hadit (parola del Profeta), senza dubbio apocrifo, che vietava l’Hammam alle donne. Condanna che aveva giustificato nel 1994-95 il boicottaggio di questi luoghi da parte del Gruppo Islamico Armato (GIA) in Algeria. Gli studiosi ricordano che questi luoghi evocano l’immagine di “spazi dove viene praticata l’omosessualità.” Motivo in effetti spesso evocato per la loro chiusura. Le pitture orientaleggianti e il cinema hanno a loro volta contribuito a presentare il bagno turco come uno spazio ad alta sensualità. Carlier non crede che l’Islam più radicale sia un elemento determinante nella loro chiusura. Gli Hammam rimangono molto in voga ad Algeri, in particolare per le donne, perché qui possono essere loro stesse, lontano dall’ossessione del controllo maschile.
Ultimo, ma importante, punto: la mancanza di finanziamento pubblico. Gli Stati sembrano più propensi a moltiplicare gli obblighi che partecipare alla loro salvaguardia. Gli Hammam non vengono considerati come “patrimonio” storico-culturale. L’Unione Europea avrebbe potuto prendere il testimone nell’ambito di Euromed Heritage IV, una piattaforma di finanziamento di progetti di protezione del patrimonio nel Mediterraneo, e aveva messo a disposizione più di un milione di euro per Hammamed, un programma dedicato a questo soggetto. Dove sono finiti i soldi? Innanzitutto nelle ricerche che sono servite ha redigere una mappatura su scala del mondo arabo e a verificare quali fossero i primi passi da fare nella riabilitazione e adattamento degli Hammam. Lanciato nel 2008, il progetto, che si concentrava sull’Egitto, sul Marocco e sulla Siria, non ha avuto grande successo visto che non è stato rinnovato nel 2012. Ne è comunque venuto fuori un importante rapporto, numerose interviste, colloqui e rassegne. Un approccio troppo “intellettuale” critica qualcuno, che si interessava più all’antropologia degli Hammam che alla loro salvaguardia. Qualcun altro punta il dito sulla parte di “disfunzionamento” classico dei progetti europei e della loro incapacità di trasformarsi in azioni concrete. L’esplosione della Primavera Araba non ha certamente aiutato.
“Se lo Stato non ha i mezzi per intervenire, bisogna spingere sul contributo della società civile” puntualizza Ahmed Zaouche. L’ONG tunisina vuole incitare le autorità ad un inventario sistematico e, al di là di questo, perorare la causa di una politica di sostegno, moltiplicando le azioni concrete. Così sono state organizzate proiezioni, letture, incontri gastronomici negli Hammam della medina. Nel 2015 verrà messa on line una cartina interattiva che sfrutterà i dati e le foto raccolte per la mostra. La Tunisia potrà essere un modello? Altrove sembra difficile creare delle associazioni, renderle professionali, ancor più criticare l’azione del settore pubblico. Per Pascal Meunier, un fotografo che ha fotografato gli Hammam di tutto il mondo arabo dal Marocco all’Iran, non c’è nulla da fare e questo sarebbe un vero peccato.
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