FMI in supporto del Ghana
Accra – Dopo un biennio di “colonizzazione” europea, l’occhio accorto, o per altri rapace del Fondo Monetario Internazionale (FMI) sembra essersi spostato a più diverse latitudini. Infatti, dopo i famosi “salvataggi” in Grecia, Irlanda e Portogallo, l’attenzione del Fondo con sede a Washington si è trasferita verso l’Africa. Tra gli ultimi paesi a essere entrato nel mirino di Lagarde&Co c’è il Ghana, che secondo il Fondo necessita di un sonoro consolidamento fiscale. Strozzato tra il pagamento degli interessi sul debito e un budget con forti limiti per il finanziamento d’investimenti pubblici necessari a rilanciare il paese, e in presenza di un’inflazione in netta crescita e di un Cedi in picchiata verticale verso il basso, il governo presieduto da John Dramani Mahama ha deciso di sedersi al tavolo negoziale con i tecnocrati dell’FMI.
Non è la prima volta che il paese si trova costretto a chiedere il supporto dell’FMI, è già successo più volte in passato, in particolare nel decennio nel quale il paese è stato governato dal regime del PNDC (Provisional National Defence Council), e ora a distanza di un ventennio e con enormi giacimenti di petrolio a disposizione si ritrova nuovamente nelle stesse circostanze, segnale evidente di un perenne mismanagement della classe politica e di una corruzione dilagante. Che fine hanno fatto i soldi presi in prestito sin dal ritorno al potere del NCD nel 2009? Questa è la domanda che tormenta alcuni tra i leader dell’opposizione come Kobena Arthur Kennedy. Sembrano essere finiti in campi da golf, uffici ministeriali ultra lussuosi e stipendi pubblici da capogiro, con la spesa pubblica sempre più fuori controllo.
Qualcosa sta però cambiando, a fronte di un forte boom demografico ma anche con un livello d’istruzione crescente, il paese è molto più consapevole del proprio potenziale e meno disposto a offrire il fianco a speculazioni finanziare di ogni genere, di fatto, oggi un investitore in Ghana si trova a dover fare i conti con un sistema regolatorio più solido e una crescente richiesta di attenzione al contesto sociale locale nel quale investe. Secondo Anthony Thunstrom, COO di KPMG’s Global Africa Practice il clima imprenditoriale attuale non è ne opportunistico ne filantropico ma semplicemente ottimista. Dello stesso avviso è anche Vikram Mansharamani, professore alla Yale University e navigato investitore internazionale, il quale afferma che “ora è tempo d’investire in Ghana”. Meno fiducioso James Asare-Adjei, presidente di AGI (Association of Ghana Industries), il quale sottolinea come le compagnie presenti nel paese si stiano preparando ad affrontare un periodo di tagli crescenti nei prossimi mesi, infatti la business lobby ghanese non prevede alcun segnale di crescita per il resto dell’anno. Certo anche le notizie che arrivano dal bollettino sanitario del paese non rassicurano: 3.000 casi di colera in meno di un mese nella sola capitale Accra, con oltre 10 morti nelle ultime settime. Frimpong Boateng, ex AD del Korle-bu Teaching Hospital, ha lanciato un appello affinché anche gli investitori privati investano di più nel settore sanitario, infatti, le strutture ospedaliere contano solo su 2.700 dottori mentre secondo lui ne servirebbero almeno 42.000 per far fronte alle necessità sanitarie del paese.
Certo le condizioni e i tagli che saranno probabilmente imposti dall’FMI su spesa pubblica e tasse avranno l’effetto desiderato dal governo, ovvero ristabilire parzialmente la fiducia tra gli investitori internazionali, visto che il ministero delle finanze ha già predisposto un nuovo piano d’indebitamento per finanziare le infrastrutture pubbliche, ma con altrettanta certezza imporranno nuovi sforzi ai contribuenti andando a colpire maggiormente le classi meno abbienti e alimentando cosi le proteste anti-governative sempre più frequenti nel paese.
©Futuro Europa®
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