Cronache dai Palazzi
I temi economici animano il dibattito politico fuori dal Palazzo in questa breve pausa post ferragostana, in attesa del Consiglio dei ministri che si terrà il prossimo 29 agosto quando il governo dovrà varare il famigerato decreto Sblocca Italia.
Il decreto conterrà un pacchetto sulla casa che prevede sgravi fiscali Irpef del 65% per i lavori di risparmio energetico e del 50% per i lavori di ristrutturazione nel campo dell’edilizia. Il governo mira inoltre a sbloccare le grandi opere ferme per veti burocratici o per mancanza di fondi, tra le quali l’alta velocità Napoli-Bari, i collegamenti con Fiumicino e Malpensa e la ferrovia Catania-Messina-Palermo. Agevolazioni fiscali anche per chi acquista automobili ecologiche o per chi rottama la vecchia macchina per sostituirla con una meno inquinante. Per dare nuova linfa alle imprese è in arrivo invece la garanzia dello Stato sui prestiti finanziati dalla Cassa depositi e prestiti, per svincolare il sistema produttivo dalla mediazione stressante delle banche. Ed infine interventi di recupero che riguardano i Comuni minori e la manutenzione di scuole e strade; una razionalizzazione delle municipalizzate allo scopo di migliorare l’offerta dei servizi, in vista di un eventuale privatizzazione degli stessi. Sul fronte casa l’Anci ha riaperto la questione Tasi (tassa sui servizi indivisibili) che incoraggerebbe un inasprimento fiscale sugli immobili; mentre continua il dibattito sulla banda larga che il governo vorrebbe favorire con nuovi investimenti.
Nel frattempo è slittato il termine di presentazione del Def (Documento di economia e finanza), dal 20 settembre al primo ottobre, complice l’introduzione delle nuove regole per il calcolo del Prodotto interno lordo (Pil). In pratica nelle prossime settimane l’Istat elaborerà le nuove stime del Pil tenendo conto delle regole statistiche del Sistema europeo di calcolo (Sec) 2010, aggiornando così quelle ormai superate del Sec 1995 e prendendo in considerazione molte voci fino ad oggi escluse, come le spese in ricerca e sviluppo – considerate finora come uscite pure anziché investimenti – le spese militari e il conteggio dell’economia illegale. Il ricalcolo coinvolgerà tutti i Paesi dell’Ue.
L’aggiunta delle nuove voci dovrebbe comportare un aumento del Prodotto interno lordo e l’Italia, in particolare, dovrebbe guadagnare un paio di punti di Pil, circa 32 miliardi di euro. Un modesto tesoretto che dovrebbe risollevare il rapporto deficit/Pil e tra debito e Pil. A proposito di deficit un eventuale aumento del Pil dovrebbe garantire all’esecutivo un discreto margine di sicurezza per scongiurare lo sforamento della soglia del 3%, stabilita da Maastricht.
Il ministero dell’Economia ha precisato che l’utilizzo delle nuove statistiche sul Pil, basate sul Sec 2010, rappresenta il presupposto “essenziale per la predisposizione di un Def coerente con questa nuova metodologia di rilevazione adottata a livello europeo”. Il nuovo sistema di calcolo, però, è necessario ma non sufficiente per far quadrare i conti e il governo mira quindi ad accelerare la cessione di ulteriori quote di Eni ed Enel come è stato confermato dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando: “Nella nota di aggiornamento al Def sarà ribadito e rafforzato il piano pluriennale di privatizzazioni di aziende pubbliche da destinare interamente e integralmente alla riduzione del debito”.
Morando ha sottolineato inoltre la necessità di attingere risorse dalla spending review, sia per stabilizzare il bonus di 80 euro sia per ridurre il carico fiscale su lavoro e imprese. Di concerto il premier Renzi, a dispetto di un quadro economico in netto peggioramento, ci ha tenuto a ribadire che non sono previsti interventi straordinari per i conti pubblici e “non ci saranno nuove tasse, anzi come abbiamo fatto con gli 80 euro – ha affermato Renzi – cercheremo di farlo per altre fasce. Ma va ridotta ulteriormente la spesa visto che si spendono 800 miliardi e sono troppi”.
Continua comunque lo scontro con i sindacati, anche a proposito dell’articolo 18, e il dibattito sulla giustizia. Il Cdm del 29 agosto dovrebbe infatti varare un primo blocco di provvedimenti, che ha ottenuto il via libera della maggioranza, facendo perno sulla velocizzazione del processo civile e sulla responsabilità civile dei magistrati. Rimarrebbero inevasi due argomenti, di non poco conto: la riforma del Consiglio superiore della magistratura – per “garbo istituzionale”, ha affermato Orlando, è necessario attendere almeno l’11 settembre quando il Parlamento in seduta comune (quinto tentativo) cercherà di eleggere gli 8 membri laici del Csm – e la questione che riguarda i limiti alla pubblicazione delle intercettazioni, sulla quale manca ancora il confronto tra governo e direttori delle più importanti testate giornalistiche. Resta inoltre fermo l’invito del Capo dello Stato a non inasprire i toni con temi divisivi.
I pentastellati accusano il ministro Orlando di fare solo “chiacchiere da bar” e “nascondersi dietro la riforma del processo civile per non varare leggi contro la corruzione e la criminalità organizzata”, ma in via Arenula viene puntualizzato che presto verranno messi a punto anche i testi della parte penale del pacchetto giustizia. Il Guardasigilli, dopo aver ricevuto da Forza Italia la richiesta di non ripenalizzare il reato di falso in bilancio e di inasprire l’azione di risarcimento civile contro i magistrati, mira ora ad incontrare Cinque Stelle, Lega e Sel che per ora hanno rinunciato ad un confronto diretto con il ministro, il quale ha dichiarato comunque di “sperare ancora in un dialogo”. Per i pentastellati (e non solo) “la priorità deve essere la lotta alla corruzione in un Paese che ne è dilaniato. Non solo per ragioni etiche ma economiche”. Oltre alla penalizzazione del falso in bilancio e dell’autoriciclaggio (slot-machine comprese) i Cinque stelle chiedono “pene più severe per corrotti, concussi, e condannati per mafia e voto di scambio”, oltre alla sospensione della prescrizione al momento del rinvio a giudizio. Per il ministro Orlando si tratta di “spunti utili” e “integrabili” con le proposte di governo.
Resta comunque da capire in che modo l’esecutivo Renzi uscirà dal guado nel quale si trova anche Forza Italia che, come afferma Potito Salatto, vicepresidente nazionale dei Popolari per l’Italia, dovrà “chiarire la sua posizione una volta per tutte. Opporsi al governo salvo poi sostenerlo nelle riforme istituzionali a uso e consumo del Pd, alla lunga non paga”, ammonisce Salatto che incoraggia “un percorso unificante comune” – sia sul piano interno sia a livello europeo – “che abbia contenuti chiari da inserire nell’attuale governo oggi caratterizzato da un presidente del Consiglio dominus del nulla”. Immaginare come “unica strada possibile” l’esecutivo Renzi è una convinzione che potrebbe “far commettere allo stesso errori su errori, forte di un grado di impunità che farebbe pagare le spese ai cittadini”.
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