ASEAN, presto dirà la sua

Una volta completato il proprio mercato unico nel 2015, l’ASEAN (l’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico) diventerà la settima economia mondiale. Con un PIL composito dei dieci Paesi membri di oltre $2.4 trilioni nel 2013, e grazie agli enormi passi avanti che sono stati fatti recentemente, specialmente dal gruppo cosiddetto ASEAN 5 composto da Thailandia, Malesia, Filippine, Indonesia e Vietnam, anche il Sudest Asiatico potrà certamente dire la sua nello scacchiere economico globale.

I dati che sono emersi dallo studio sulla competitività per il 2014-2015 del World Economic Forum, infatti, segnalano come questi cinque paesi hanno migliorato complessivamente la loro posizione nella speciale classifica. La Malesia è entrata per la prima volta dal 2006 nella top 20, esibendo un ottimo record nelle liberalizzazioni e soprattutto nella lotta contro la corruzione. La Thailandia, nonostante la crisi politica, è risalita di sei posizioni fino al 31° posto. L’Indonesia trascinata da un’impressionante costante crescita e grazie alla nuova leadership è balzata al 34° posto – notare che questi tre Paesi si trovano tutti davanti all’Italia relegata al 49° posto. Seguono a ruota le Filippine, che con il più importante miglioramento tra tutti i paesi sin dall’introduzione dei nuovi parametri nel 2006, occupano ora il 52°posto. Mentre il Vietnam (recentemente visitato da Renzi) è tra questi paesi quello che meno è migliorato, risalendo comunque di due posizioni fino al 68°posto.

La classifica del WEF fa indubbiamente ben sperare per il futuro, ma molte incognite rimangono. Infatti, sebbene il completamento della comunità economica dell’ASEAN (AEC) avverrà entro i prossimi quindici mesi, ci vorrà ben più tempo affinché i problemi legati a qualsiasi transizione del genere vengano risolti. Pare indubbiamente difficile se non sulla carta, che la libera circolazione di persone, beni, servizi e lavoro avvenga simultaneamente. Di fatto, c’è ancora un gap culturale ed economico sostanziale tra questi Paesi. Ad esempio, l’economia di Laos, Cambogia, Myanmar, Vietnam e della stessa Thailandia è ancora notevolmente improntata sul settore primario, e con un peso dell’agricoltura del 40% nella regione, sembra alquanto improbabile che un cambio improvviso verso il settore secondario e terziario possa avvenire in tempi così brevi. Dal canto suo, invece i restanti paesi, sono proprio trainati dal settore dei servizi con Singapore a guidare il quartetto composto da Malesia, Indonesia, Brunei e Filippine. In ogni caso l’ottimismo nei confronti dell’ASEAN non manca, infatti, secondo Michael Zink CEO di Citi Singapore: “Il mondo assisterà a una nuova ondata di globalizzazione e molte delle nuove multinazionali avranno sede fuori dal gruppo dei G-7, e innumerevoli arriveranno proprio da questa regione”.

A far da eco a Citi ci ha pensato Moody’s, secondo la quale, l’economia dell’ASEAN crescerà complessivamente del 4.3% quest’anno, un dato certo non ignorato dai vicini giganti: Cina e India. Le due superpotenze asiatiche, infatti, hanno già pronte sul tavolo due proposte di libero commercio bilaterale con l’ASEAN. Il dragone rosso si è già assicurato un aggiornamento dell’Asean China Free Trade Agreement (ACFTA), mentre l’India si accinge a firmare un nuovo accordo bilaterale concernente investimenti e servizi. In attesa di vedere cosà bollerà in pentola dopo il tanto atteso completamento dell’AEC, c’è già molta carne al fuoco su cui lavorare, e se questi Paesi riusciranno nell’intento di ridurre il problema della corruzione, vero tallone d’Achille della regione, non si potrà che assistere a una crescita economica repentina.

©Futuro Europa®

Condividi
precedente

Eterologa

successivo

iPhone 6, anche portafoglio virtuale

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *