Pietro Germi, cento anni fa

Cento anni, oggi, dalla nascita di Pietro Germi (Genova, 14 settembre 1914 – Roma, 5 dicembre 1974), regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico. Il giovane Germi si diploma al Centro Sperimentale di Roma, prima in recitazione e subito dopo in regia, comincia come assistente di Blasetti (Retroscena), sceneggiatore (L’amore canta, I dieci comandamenti) e aiuto regista. Si afferma come autore interessato a tematiche sociali ed è molto considerato dalla critica più esigente. Tra i registi emergenti del periodo è il meno legato alla tradizione neorealista, perché ama il cinema statunitense contemporaneo, soprattutto il western e i noir d’ambientazione metropolitana. Ricordiamo titoli come Il testimone (1946), Gioventù perduta (1947), In nome della legge (1949), Il cammino della speranza (1950), La presidentessa (1952), Il brigante di Tacca del Lupo (1952) e Gelosia (1953).

Molte di queste pellicole sono ambientate in Sicilia, parlano di giovani gangster di buona famiglia, mafiosi stile Far West, lotta al brigantaggio e mancanza di uno Stato di diritto. Pietro Germi è un autore sempre indeciso tra attrazione per la modernità e nostalgia del buon tempo passato, che spesso si traduce in moralismo e conservatorismo. Le sue pellicole di maggior successo sono Il ferroviere (1956) e L’uomo di paglia (1958), due opere melodrammatiche che scandagliano la psicologia della gente comune, la vita quotidiana dei ceti popolari fatta di sentimenti e ansie. Il ferroviere racconta le vicissitudini di un operaio amante dell’alcol che un giorno investe una persona che si è buttata tra le rotaie e vede la sua vita professionale e familiare andare a rotoli.

Germi è regista e interprete di due pellicole che conduce senza esitazioni verso un esito drammatico, anche se il rischio del patetico è sempre dietro l’angolo. L’uomo di paglia racconta le vicissitudini di un uomo che tradisce la moglie con una giovane dattilografa e rischia di distruggere il matrimonio. Pietro Germi è Andrea, l’uomo di paglia che non sa prendersi responsabilità, ma che cede alle tentazioni, finisce per far del male all’amante (che si suicida), alla moglie (che l’abbandona) e persino al figlio (che crede in lui). Il finale prevede un consolante ritorno a casa della consorte tradita, anche se niente sarà più come prima. Un film interessante e di non facile collocazione nella sua produzione è Un maledetto imbroglio (1959), una sorta di giallo ispirato a Quer pasticciaccio brutto di via Marulana di Carlo Emilio Gadda che anticipa motivi e situazioni della commedia all’italiana.

Pietro Germi cambia registro quando approda alla commedia grottesca, prendendo di sorpresa pubblico e critica, ma convincendo entrambi. Tre lavori fondamentali che anticipano la commedia erotica: Divorzio all’italiana (1961), Sedotta e abbandonata (1964) e Signore & Signori (1966). Divorzio all’italiana (1961) è interpretato da Marcello Mastroianni e da una giovanissima Stefania Sandrelli. Il barone Fefè Cefalù (Mastroianni) è innamorato della cugina, ma deve liberarsi della moglie spingendola tra le braccia di un vecchio spasimante. Il gioco del marito è semplice: uccidere la moglie dopo averla colta in flagranza di tradimento e cavarsela con poco invocando il delitto d’onore. Pietro Germi gira una commedia che a tratti sfocia nel bozzetto meridionalistico, satirico e farsesco, ricco di luoghi comuni sulla gente del sud e di stereotipi siciliani, ma efficace come denuncia nei confronti di un assurdo articolo del codice penale come il delitto d’onore. Sedotta e abbandonata (1964) vede protagonista assoluta Stefania Sandrelli, una siciliana giovane e bella sedotta dal fidanzato della sorella. Il film è girato sulla scia del successo di Divorzio all’italiana, in una location siciliana molto simile, seguendo problematiche meridionalistiche e affrontando il tema del matrimonio riparatore. La critica parla di “commedia morale scritta con sarcasmo corrucciato per dipingere una Sicilia dominata dal senso dell’onore” (Mereghetti). I personaggi che popolano la commedia sono tutti brutti, sporchi e cattivi, direbbe Ettore Scola, ma efficaci e divertenti.

Signore & signori (1966) completa la trilogia barocca di Pietro Germi ed è il modello di riferimento indiscutibile per la futura commedia sexy. Il film è un attacco ironico alle ipocrisie, stigmatizzazione feroce di un Veneto cattolico e perbenista che nasconde  molti scheletri negli armadi. Un atto d’accusa ironico nei confronti della provincia e dei suoi vizi nascosti, un modo per mettere in piazza l’ipocrisia cattolica e piccolo – borghese con una carrellata di personaggi realistici. Lo schema narrativo di Signore & signori sarà il canovaccio per molte commedie sexy degli anni Settanta e Ottanta, che si limiteranno a volgarizzare il discorso inserendo riferimenti erotici espliciti. Il film fa intuire le problematiche comiche presenti in Amici miei, soprattutto nel ritratto impietoso di un gruppo di amici vitelloni e dei vizi privati nascosti da pubbliche virtù. L’idea del soggetto di Amici miei (1975) è di Pietro Germi, anche se il film viene realizzato da Mario Monicelli dopo la morte del regista genovese. Signore & signori vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes, ex aequo con Un uomo, una donna (1966) di Claude Lelouch.

Gli ultimi film di Germi sono interessanti, ma non raggiungono i livelli della trilogia barocca e si limitano a realizzare ritratti fini a se stessi di personaggi avulsi dalla realtà. Alcuni titoli: L’immorale (1967), Serafino (1968), Le castagne sono buone (1970) e Alfredo Alfredo (1972). L’immorale racconta la storia di un uomo in bilico tra due famiglie, interpretato da Tognazzi e Stefania Sandrelli, mentre Le castagne sono buone insiste su luoghi comuni e vagheggiati ritorni alla vita nei campi. Serafino (1968) è un film interessante scritto da Germi insieme a Benvenuti e De Bernardi, basato sul soggetto della canzone omonima di Celentano, colonna sonora della pellicola. Pietro Germi torna sul vecchio discorso del matrimonio come gabbia dei sentimenti, vagheggiando un ritorno alla vita dei campi, alla natura incontaminata e al libero amore. Alfredo Alfredo, interpretato da un giovanissimo Dustin Hoffman, Stefania Sandrelli e Carla Gravina, è ricco di momenti erotici, quasi un remake attualizzato dell’episodio centrale di Signore & signori. Un timido impiegato di banca (Hoffman) sposa un’affascinante farmacista (Sandrelli) che si trasforma in una megera possessiva e finisce per consolarsi con l’anticonformista Carla Gravina. Alfredo Alfredo è pura commedia sexy, di alto livello, condita da elementi grotteschi, un discorso politico – sociale, un umorismo beffardo e scanzonato. Un testamento spirituale di Pietro Germi, un canto ironico alla felicità impossibile.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

Condividi
precedente

Cronache dai Palazzi

successivo

Italia, terra di tesori

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *