Sudest asiatico, Al Qaeda alla ricerca di visibilità
Per diversi osservatori quello di Al Qaeda è un gesto di disperazione. Invece di concentrarsi sul Medio Oriente e i Paesi arabi, punta su una Regione dove non ha, almeno fino ad oggi, grandi contatti.
Al Qaeda ha annunciato la nascita di una nuova filiale del movimento islamista radicale nel subcontinente indiano, ma, secondo gli esperti, non potrà contare sull’appoggio della popolazione musulmana indiana per riaccendere la sua influenza. Nello stesso momento in cui un’altra rete, lo Stato Islamico, guadagna terreno in Siria e in Irak, il Capo di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri afferma in un video reso pubblico pochi giorni fa, che questa filiale “vuole distruggere le frontiere artificiali” che dividono i musulmani nel subcontinente indiano. La nuova entità di Al Qaeda, già attiva in Afghanistan e Pakistan, vuol far nascere un Califfato (per chiarezza, territorio posto sotto l’autorità di un Califfo, successore del Profeta musulmano Maometto)il cui territorio copra la Birmania, il Bangladesh e alcune regioni dell’India. Fondato da Osama Bin Laden, ucciso in Pakistan da un commando americano nel Maggio del 2011, Al Qaeda rivendica da molto tempo la propria autorità sugli jihadisti che lottano per restaurare il Califfato sui territori considerati come musulmani. Ma dalla morte di Bin Laden, questo progetto ha perso sempre più forza, prima per le attività della rete concentrate in Africa e nella Penisola Araba, poi per la proclamazione alla fine del Giugno scorso da parte dell’ISIS di un Califfato sui territori a cavallo tra la Siria e l’Irak. I servizi di sicurezza indiani affermano di essere in possesso di tutte le notizie relative alle mosse di Al Qaeda e che stavano analizzando a fondo le parole di al Zawahiri, ma che per i loro esperti questo non era che un tentativo di esistere (e resistere) di fronte alla forza prorompete dell’ISIS. “E’ una montatura pubblicitaria che mostra la loro disperazione perché ormai lo Stato Islamico ad essere la vera minaccia mondiale”, afferma Ajit Kumar Sigh, del Think Tank Institute of Conflict Management di New Delhi. “E’ una battaglia per la supremazia tra Al Qaeda e ISIS”.
Tra gli Stati nominati nel video da Al Zawahiri, il Cachemire, unico Stato indiano a maggioranza musulmana, è da molto in tempo nelle mani di un movimento separatista che ha però già tenuto a sottolineare che la nebulosa jihadista non ricopre nessun ruolo sul loro territorio. Il portavoce del leader separatista Syed Ali Geelani ha dichiarato all’AFP: “non hanno alcuna influenza qui. Il Cachemire è un contenzioso politico locale e Al Qaeda non ha nulla a che vedere con tutto ciò”. Milioni di musulmani sono scappati dall’India nel 1947 verso quello che oggi è il Pakistan e le tensioni persistono tra i musulmani rimasti in India e la maggioranza Indù. Le rappresaglie hanno causato la morte di un migliaio di persone, per la maggior parte musulmani, soprattutto nel 2002 durante degli scontri interconfessionali avvenuti nel Gujarat, all’epoca sotto la guida di Narendra Modi diventato lo scorso Maggio Primo Ministro. Ma la popolazione indiana (13% del totale) è per tradizione moderata.
Lanciando questa nuova filiale attraverso un video nel quale si è espresso in parte in arabo e in parte in urdu per rivolgersi alla sua base pachistana, al Zawahiri tenta di tornare sotto la luce dei riflettori. Chiama la comunità musulmana (l’Umma) ad unirsi intorno al “tawhid” o monoteismo, “per lanciare la Guerra Santa contro i nemici, liberare le sue terre, restaurare la propria sovranità, e far rinascere il Califfato”. Questo nuovo ramo viene chiamato in inglese “Qaedat al-Jihad in the Indian Subcontinent” (Al Qaeda in Guerra Santa nel subcontinente indiano). Si è costituita negli ultimi due anni, raggruppando combattenti che ubbidiscono all’autorità del pachistano Asim Umar, a sua volta sottoposto al Capo dei Talebani afghani, il Mollah Mohammed Omar. “Ma, ad oggi”- affermano gli osservatori locali – non si regista nessuna esempio di giovani indiani che siano entrati nelle fila dell’organizzazione. Non si è a conoscenza di nessuna cellula di Al Qaeda o di membri dell’organizzazione sul territorio indiano”, spiega Rahimullah Yusufzai, specialista in jihad.” In Myanmar, altro territorio citato nel video, i musulmani sono una minoranza e il Paese non ha vissuto nessuna repressione islamista.
Grazie alla sua potenza militare, il suo estremismo e la sua padronanza dei moderni metodi di comunicazione, l’ISIS è sul punto di scavalcare definitivamente Al Qaeda nella guida del movimento jihadista internazionale. Prendendo il controllo del territorio a cavallo della frontiera iracheno-siriana e proclamando prima di tutti la creazione del Califfato al cui capo sta Abu Bakr Al Baghdadi, ormai diventato “Califfo Ibrahim”, l’ISIS ha raggiunto un successo che i sopravvissuti del movimento fondato da Bin Laden hanno sognato senza mai raggiungere. Dopo aver combattuto una vita le super potenze occidentali, dopo essersi astenuti nel proclamare il “loro” califfato, oggi vedono apparire dal nulla dei nuovi arrivati che agguantano il “loro sogno”, e non solo, chiedono loro di sottomettersi all’autorità del giovane e oscuro Califfo. Difficile da mandar giù, da qui la logica conseguenza di rivendicare “qualcosa”, qualsiasi cosa. Quello che forse da più da pensare è che la disperazione non li porti a compiere un gesto “disperato”. Affermare a parole la propria presenza su di un territorio è una cosa, farsi sentire in altro modo avrebbe un peso totalmente diverso. C’è già la macchina da guerra ISIS, in moto da lungo tempo e per troppo tempo ignorata a minacciare l’Occidente. Il suo impatto sul Mondo reale è forte per le giovani reclute che guardano alla vecchia guardia di Al Qaeda con disprezzo.
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