Salvini il coreano
C’è una Lega che, nel tentare di riconquistare credito ed elettorato, tira un colpo al cerchio ed uno alla botte. Storicamente la ricordiamo come un partito federalista, autonomista, contro lo Stato oppressore nella difesa della libertà di fare impresa. Poi un giorno il Segretario Federale Matteo Salvini decide di fare un viaggio nella “florida e libera” Corea di Kim Jong un e di raccontare in una intervista la sua “bellissima esperienza” nel paese coreano.
A leggere le parole di Salvini, oltre al disegnare un grande paese dove “ i bambini giocano ancora per strada” e a sostenere che “ non esiste solo il modello di vita americano”, sorgono seri dubbi sulle sue idee politiche. La scienza politica lo definirebbe “partito pigliatutto” dove l’importante non è cosa pensi, ma offrire opportunità al più alto numero di elettori. E così mentre si protesta contro uno stato ingombrante che soffoca di tasse gli imprenditori del nord, si invoca l’uscita dall’euro e un forte protezionismo commerciale (con la scusa della tutela della produzione nostrana).
Massimo d’Alema non a caso, qualche tempo fa, definì la Lega “una costola della sinistra” e gli indizi in questi anni sono stati più di uno. Ma più che sinistra, la Lega, a differenza di quello che va sostenendo, ha una forte impronta socialista. È evidente dal passato dei suoi massimi esponenti (sia Maroni che lo stesso Salvini hanno militato in movimenti comunisti) e dalle nuove alleanze europee (la destra di Le Pen). A preoccupare non è la deriva socialista che potrebbe anche avere il suo quid, ma l’esaltazione di un regime, quello nordcoreano, che condanna la propria popolazione all’appiattimento più totale, in condizioni di vita non certo idilliache. Stile di vita completamente differente dalla moderna Sud Corea, paese libero dove l’influenza occidentale ha permesso alla popolazione un cambiamento radicale nel proprio stile di vita.
È del tutto evidente che, con degli ottimi risultati, la Lega stia cavalcando quei vari sentimenti che si manifestano nel nostro paese. Gli stessi sono però a volte tra loro contrastanti e di sicuro a lungo andare capaci di produrre spaccature interne non indifferenti.
L’idea di federalismo leghista è quindi una visione distorta del significato profondo del termine. Ad oggi sembrano più volere la realizzazione di uno Stato autonomo che però al suo interno perda quella natura sussidiaria in favore di un forte accentramento statale. Fino all’ascesa di Salvini sul trono padano, la Lega aveva una visione molto meno statalista di quella che, con il nuovo segretario federale, si sta imponendo. Le lodi al regime nord coreano sono state l’esempio lampante della direzione che il Carroccio sta prendendo, in assoluta collisione con i principi che più di trent’anni fa ne hanno ispirato la nascita del partito padano.
La lotta alle tasse e allo “Stato ladro” devono passare per una minore ingerenza dello stesso nella vita dei cittadini, ma va da sé che se a Salvini piace tanto la vita semplice in Corea, noi qui cominciamo a tremare.
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