Sette fotografi a Brera
Milano – La Pinacoteca di Brera fino al 2 novembre sarà protagonista della mostra Sette fotografi a Brera, allestita dall’architetto Alessandra Quarto; un progetto originale che celebra gli spazi museali e i suoi protagonisti, dalle opere d’arte ai visitatori.
Basandosi sulla proposta del fotografo Luca Carrà abbracciata dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Milano, l’idea di riscoprire gli spazi museali attraverso l’obbiettivo della macchina fotografica è stata realizzata grazie al lavoro di squadra tra la soprintendente Sandrina Bandera, la storica dell’arte Cecilia Ghibaudi, responsabile dell’archivio fotografico della Soprintendenza di Milano, e il prof. Giorgio Zanchetti, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano.
Il progetto inaugurato il 9 settembre fonda le sue radici in un antico sodalizio tra la Pinacoteca e la fotografia; già nel 1903 fu allestita una prima campagna fotografica sulle sale del museo (dall’allora soprintendente Corrado Ricci), riproposta nel 1950 dopo la riedificazione della Pinacoteca con il lavoro di Aragozzini e Marchisio degli studi Publifoto. L’interessante connubio è stato ribadito più volte attraverso convegni, mostre e ricerche, organizzati negli anni dai soprintendenti Franco Russoli, Carlo Bertelli e Matteo Ceriana.
L’attuale mostra rivede gli interni del museo nella prospettiva del progetto Grande Brera relativo ai lavori di restauro presso Palazzo Citterio, dove molte raccolte della Pinacoteca saranno trasferiti, che porteranno a nuovi allestimenti di 6.500 metri quadrati dedicati all’arte del Novecento e un diverso percorso museale. In questa cornice si sono abilmente mossi i sette fotografi designati per il progetto carpendo le varie sfumature e i possibili linguaggi comunicati dalle sale.
Luca Carrà si è soffermato sulle grandi statue del cortile d’onore cercando di comunicare visivamente il gioco di contrasti che emerge tra il nero della fotografia e il bianco dello sfondo. Diversamente, Mario Dondero predilige catturare gli attimi di operosità dell’individuo nel proprio ambiente di lavoro, come i restauratori intenti a lavorare sul Ritratto del conte Porcia di Tiziano o sul bronzo canoviano di Napoleone raffigurato come Marte pacificatore che è il simbolo del museo.
I fotografi Giovanni Ricci e Annalisa Sonzogni raffigurano il museo, cogliendone l’essenza, come mero contenitore di opere d’arte; un luogo architettonico indipendente che svolge la funzione di memoria storica con le sue collezioni, quella rerum gestarum historia di cui parlano i sociologhi Franco Ferrarotti e Fernand Braudel.
I ritratti sono al centro del lavoro del fotografo Mario Cresci, un’abile reinterpretazione che ne mette in risalto lo splendore derivante da manifestate suggestioni. Come davanti ad uno specchio compaiono i visitatori, oggetto di studio di Carlo Orsi che li ha osservati per sette giorni, con le loro emozioni ed espressioni suscitate dalle opere esposte. I visitatori, insieme ai lavoratori della Pinacoteca, sono ancora protagonisti nel lavoro di Paola Di Bello che si è divertita a realizzare un video ironico proiettato nella sala dello Sposalizio della Vergine di Raffaello.
Per l’occasione è stato pubblicato un apposito catalogo dall’ editore Skira con i contributi, tra gli altri, di Carlo Bertelli e Tiziana Serena, docente di Storia della fotografia presso l’ Università degli Studi di Firenze.
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