A Francoforte 80 anni di Piero Manzoni
Lo Städel Museum di Francoforte celebra gli 80 anni della nascita di Piero Manzoni (1933-1963) con l’esposizione Piero Manzoni: When Bodies Became Art, aperta fino al 22 settembre. I festeggiamenti sono d’obbligo per l’artista che in poco meno di 30 anni, in particolare tra il 1956 e il 1963, ha mosso i passi più significativi dal Modernismo verso l’Arte Contemporanea.
L’artista dalle nobili origini, imparentato con il letterato Alessandro Manzoni, non ha mai tradito la sua natura di innovatore radicale. I dibattiti concettuali da lui inaugurati sono difatti ancora oggi rilevanti, quali quelli sulla condizione di corpo, di opera d’arte e sua autoreferenzialità.
È questa la prima retrospettiva in un Paese di lingua tedesca e la prima mostra completa estera nel corso degli ultimi 20 anni. Sono riunite più di 100 opere, selezioni di Achromes, Linee, Corpi d’aria, Fiato, Merda d’artista e Base magica.
L’esposizione accoglie i visitatori con le opere di Erwin Wurm (1954), Leni Hoffmann (1962) e e Bernard Bazile (1952), tre artisti contemporanei che dimostrano l’odierna rilevanza di Manzoni. La materia delle loro opere è data dallo stesso operato di Manzoni, segnando un percorso a posteriori che analizza la sua ricerca. Sempre al pian terreno, si procede poi con i primi lavori di Manzoni tra Arte Informale e figurativo fortemente astratto.
La sala successiva presenta lungo le pareti 43 delle circa 600 Achromes realizzate durante il periodo 1957-1963 e al centro uno schermo che trasmette immagini di opere legate al corpo. Le “superfici acrome” sono interessate dal concetto di autoreferenzialità e di riduzione del processo produttivo, tanto che l’immagine che ne deriva è puro significante, dove la materia esiste di per sé. Piero Manzoni si rivela autentico estremista e sperimentatore nel campo dei materiali.
Così si vengono a creare opere anti-informali dal minimo intervento soggettivo, elevate allo status di opera qui dalla firma autografa o altrove dall’impronta digitale apposte ora sul corpo di modelle e pubblico, ora su uova che l’osservatore deve mangiare, in modo da operare la delegittimazione dell’arte in senso di merce capitalistica. L’osservatore partecipa dunque al processo artistico di Manzoni.
Linee (1959-1961) in esemplari di diversa lunghezza propongono il nascondimento dell’opera d’arte, in quanto si tratta di rotoli di carta recanti una linea continua e occultati all’interno di cilindri etichettati. Ne consegue che la gente compri «l’idea della linea» e che l’oggetto perda importanza. Il giovane artefice afferma: “Vendo idee, idee chiuse in un contenitore” e “il concetto è tutto.”
Testimonianze dell’artista sono poi Corpi d’aria e Fiato d’artista, palloni contenenti il suo alito vitale e rigorosamente firmati. In continuo crescendo è il tono provocatorio con 11 delle 90 lattine di Merda d’artista al massimo grado di reliquia dell’artista medium ed eroico produttore. L’artista compensa la perdita invadendo lo spazio fino ad allora assegnato dal processo comunicativo all’opera.
Il visitatore nuovamente diviene opera d’arte, in particolare “scultura vivente”, nel momento in cui sale sulla Base Magica, ovvero un piedistallo privo di un pezzo d’arte da sostenere e adibito a tale scopo. In mostra è anche il Socle du monde (Socle magique): Hommage à Galileo del 1961, ovvero un altro piedistallo, questa volta capovolto e destinato a rendere opera d’arte l’intero mondo a partire da ciò che esiste agli antipodi del globo.
Piero Manzoni negli ambienti stimolanti del Bar Jamaica di Brera, quando Milano era nel più fervido fermento culturale e l’intera Italia viveva il suo boom economico, si è posto come un antesignano della Body Art, dell’Arte Performativa, dell’Arte Concettuale, della Land Art e dell’Actionist Art. Il suo contributo è stato di vitale importanza, nonostante l’iniziale scarso riconoscimento concessogli.
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