Bill, un italiano di New York
Con l’elezione di Bill De Blasio alla carica di sindaco nel novembre 2013, lo Stato di New York si trova guidato da due potenti figure italo-americane di appartenenza democratica e liberal: De Blasio nella città, e alla guida dello Stato Andrew Cuomo, figlio del leggendario Mario Cuomo e lui stesso governatore stimato e con un alto tasso di approvazione popolare.
Nato a Manhattan nel 1961, nonni materni, immigrati da Sant’Agata dei Goti nel beneventano, il plurilaureato Bill de Blasio (la prima laurea è alla New York University e la seconda alla Columbia), è stato consigliere comunale di Brooklyn e per quattro anni alla guida dell’Ufficio per la difesa dei diritti dei cittadini, il Public Advocate.
La vittoria del nuovo sindaco deve molto ad una campagna elettorale costruita sulla “storia delle due città” che coesistono a New York, una dentro l’altra. La prima, quella finanziaria, ha pochi abitanti ed è sempre più prospera, mentre l’altra, popolosa, composta da ceti medi, giovani precari ed immigrati, si è impoverita, subendo gli effetti della recessione e di politiche impopolari. “La verità della nostra città oggi – ha detto de Blasio – è il racconto di due città divise dal divario della disuguaglianza, una distanza che minaccia il nostro futuro”. “Il 46% degli abitanti di New York vive vicino alla soglia di povertà”, ha aggiunto.
La sua agenda prevede più tasse per i ricchi e più servizi sociali per le classe svantaggiate, passando per un aumento del salario minimo. Obiettivi che non sarà per nulla facile raggiungere, ma che imprimeranno una vera e propria svolta liberal alle politiche della prima città degli Stati Uniti, dopo 20 anni di amministrazione repubblicana. A proposito del suo programma, ha dichiarato: “Siamo chiamati a porre fine alle ineguaglianze economiche e sociali che minacciano il futuro della città che amiamo, e oggi ci impegniamo per una nuova agenda progressista, la stessa che spesso ha scritto la storia di New York”.
Le battaglie passate come Public advocate ben definscono la sua figura pubblica. Eletto nel 2009, si è adoperato per proteggere e rifinanziare le disastrate scuole di quartiere, ottenendo milioni di finanziamenti statali. C’è stata poi la campagna contro la decisione della Citizens United Supreme Court, che gli ha permesso di usare il report finale per mettere sotto pressione le imprese finanziarie, costringendole a rendere nota la scelta di non impegnarsi in una spesa diretta per le sovvenzioni politiche.
C’è poi il programma, chiaramente orientato a sinistra e che spaventa non poco Wall Street e gli ambienti finanziari: cambiare la legge sui salari minimi, sospendere le agevolazioni fiscali per chi costruisce condomini di lusso, puntare sull’edilizia popolare, proteggere le minoranze, stop alla pratica del “ferma e perquisisci” da parte della polizia. In molti ne parlano come di un sognatore con la testa sulle nuvole, in realtà pare che sia molto più vicino a un primo della classe, che ha messo piede nel suo ufficio da sindaco, avendo già imparato i segreti della macchina amministrativa.
Una delle sue priorità è il “Social housing”, tuttora insufficiente nonostante i ragguardevoli risultati del predecessore Michael Bloomberg (165.000 appartamenti in dodici anni), così come quelli di Edward Koch, che pure era animato da uno spirito welfarista non dissimile da quello dell’italo-americano De Blasio (190.000 in tredici anni). Il piano di De Blasio include la costruzione di 200.000 nuove unità per l’edilizia popolare, a canone calmierato, nel giro di dieci anni.
Anche il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, sembra in parte approvare, almeno in teoria, il programma di De Blasio. “Economicamente parlando i programmi dedicati all’infanzia sono un buon investimento, il ritorno annuale sui fondi destinati a questo scopo al netto dell’inflazione può toccare il 10% e oltre”, aveva detto nel 2012.
New York, come tante grandi città americane, pullula di immigrati senza permesso di soggiorno: in loro favore, il sindaco promette una sanatoria: “Proteggeremo il mezzo milione di irregolari la cui voce è troppo spesso inascoltata”, ha detto De Blasio, spiegando che senza documenti non è possibile aprire un conto in banca, prendere una casa in affitto.
Oltre che i tempi, restano da vedere gli spazi in cui verrà attuata la realizzazione delle nuove aree urbane (o la riqualificazione di quelle precedenti), nella speranza che vengano garantite una qualità della vita dignitosa per tutti, a prescindere dalle fasce reddituali di appartenenza.
Forse non è un caso che proprio in questo periodo la città più ricca del mondo abbia inaugurato un parco dedicato a Roosevelt, il Presidente del New Deal, e alla sua tenace lotta contro conservatori potenti e ostinati, per strappare i suoi cittadini al terrore della miseria. Forse non è un caso che, di quel parco-memoria sia ideatore e presidente William vanden Heuvel, padre di Kathrine e grande elettore di De Blasio.
Certamente il nuovo sindaco di New York non avrà vita facile. La sua elezione, tuttavia, costituisce un’occasione imperdibile per cambiare le cose a New York, città laboratorio dove l’accoglienza e l’integrazione tra diverse culture e modi di vivere hanno sempre costituito una difficile sfida.
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