Afghanistan, fragile compromesso fra dubbi e sospetti

Domenica 21 Settembre Ashraf Ghani è stato decretato vincitore delle elezioni presidenziali afghane, dopo aver firmato con il suo sfortunato rivale, Abdullah Abdullah, un accordo di condivisione del potere che mette fine a tre mesi di crisi e paralisi politica.

I risultati segreti delle elezioni presidenziali che hanno coronato Ashraf Ghani e l’accordo di spartizione del potere strappato al suo rivale Abdullah Abdullah rischiano di indebolire la legittimità del futuro Governo afghano, confrontato da una miriade di problemi alla vigilia del ritiro delle forze Nato. Minacciano anche l’eredità di 13 anni di intervento occidentale, con i suoi miliardi di dollari spesi in aiuti umanitari e militari e che avrebbe dovuto favorire la creazione di un Governo democratico. Nel momento in cui i soldati della Nato stanno facendo i bagagli, che gli aiuti internazionali si affievoliscono, l’elezione del successore di Hamid Karzai ha preso più la piega di una rocambolesca saga politica il cui culmine è stato il fragile compromesso raggiunto tra i due pretendenti Ghani e Abdullah, senza che un vero vincitore fosse limpidamente scelto dagli elettori. Domenica 21 Settembre, alla fine di intensi colloqui, la Commissione Elettorale Indipendente (IEC) ha annunciato  la vittoria di Ghani al secondo turno delle presidenziali, lo scorso 14 Giugno, senza fornire però alcun dato tangibile. Il campo del suo rivale Abdullah Abdullah erediterà un nuovo incarico, quello di “Capo dell’Esecutivo”, una sorta di Primo Ministro. Per diversi osservatori, questa transizione politica non può essere definita “democratica” perché non ha permesso a mezzi “democratici” di determinare il vincitore delle elezioni. In effetti, malgrado una grande partecipazione, l’accordo per formare un nuovo Governo è stato ottenuto a porte chiuse e grazie a forti pressioni “esterne”.

Dopo l’accusa di brogli formulata da Abdullah all’uscita dei risultati del secondo turno, il Segretario di Stato americano John Kerry era riuscito ad ottenere dai due rivali un accordo per la revisione di 8,1 milioni di schede elettorali e la formazione di un Governo di Unità Nazionale. Malgrado questa verifica, la Commissione elettorale non ha dato nessun risultato in numeri e definitivo di queste presidenziali. Le discussioni sulla formazione del futuro Governo hanno rischiato a loro volta di arrivare ad un ennesimo punto morto mentre la futura amministrazione non è affatto al sicuro per quanto riguarda il suo destino: ciascun campo tenta di piazzare i propri uomini e questo fa presagire problemi e non finire. Secondo il testo dell’accordo, il Presidente e il Capo dell’Esecutivo avranno delle rappresentanze paritarie in seno a diverse istituzioni economiche e del settore della sicurezza come il Consiglio Nazionale per la sicurezza. “Ogni nuova situazione susciterà una reazione diversa in ognuno dei due campi. I capi dovranno controllare da vicino il loro gregge”, ha detto l’analista politica afghana Mia Gul Waseek. Questo sblocco della crisi è stato subito salutato dalle NU e dagli alleati occidentali di Kabul, che temevano che una paralisi politica prolungata potesse far precipitare il Paese nella divisione e nella violenza proprio ne momento cruciale che vede la maggioranza delle truppe della Nato apprestarsi a lasciare il Paese. Ma sancisce anche il fallimento di un processo elettorale contraddistinto, come nel 2009, dai numerosi brogli (da entrambe le parti)e che non è riuscito ad imporre un risultato inconfutabile, costringendo i due candidati a negoziare dietro le quinte. Ghani e Abdullah hanno firmato questo accordo di Governo di unità nazionale senza grandi fasti, scambiandosi un tiepido abbraccio durante la brevissima cerimonia che si è tenuta nel palazzo presidenziale di Kabul.

Ora bisogna vedere come i due campi rivali potranno accordarsi in questa dualità di poteri, in un Paese dove la Costituzione concentra in mano al Presidente la maggioranza dei poteri. Le sfide sono molteplici. Le due fazioni dovranno far dimenticare questi mesi di tensioni che hanno risvegliato rivalità etniche sopite da tempo, soprattutto tra Tagichi del Nord, sostenitori di Abdullah e Pashtun del Sud, più propensi a sostenere Ghani. Questi antagonismi avevano portato alla tragica guerra civile degli anni ’90 e favorito l’arrivo dei Talebani al potere nel 1996. L’uscita dalla paralisi politica potrebbe anche portare allo sblocco di un altro dossier caldo: l’accordo di sicurezza bilaterale con gli Stati Uniti (BSA), che sia Ghani che Abdullah si sono impegnati a firmare, contrariamente a Karzai, in collera con Washington. La questione della sicurezza è un problema drammatico per il Paese in quanto il conflitto armato con i Talebani non è ancora finito e quando gli ultimi uomini della Nato si apprestano a lasciare l’Afghanistan. La Casa Bianca ha accolto molto positivamente l’accordo firmato la settimana scorsa che “contribuirà a mettere fine ala crisi politica”, e il Segretario di Stato americano John Kerry ha espresso l’auspicio di vedere siglato a breve l’accordo di sicurezza.

Nell’ambito del BSA, gli Occidentali sperano lasciare in Afghanistan a partire dal 2015 una forza ridotta di 12mila uomini, per formare e sostenere le forze afghane confrontate a Talebani sempre più minacciosi: l’accordo siglato non è affatto piaciuto in quanto, secondo il portavoce del movimento islamista Zabihullah Mujahid,“concluso non da Afghani, ma da un Segretario di Stato o ambasciatore americano”. Il nuovo Governo, dovrà anche rilanciare la malmessa e sempre più fragile economia del Paese dal momento in cui gli aiuti internazionali cominciano a prosciugarsi. Ghani e Abdullah per liquidare l’era Karzai dovranno combattere soprattutto la corruzione, endemica e generalizzata, che ha contaminato anche i vertici dello Stato. Condizione necessaria per ridare credibilità al potere centrale di Kabul agli occhi dei cittadini afghani.

In questo scenario di Governo diviso, Karzai potrebbe rimanere un attore importante del gioco politico, nonostante abbia preso le distanze dall’accordo concluso. “I termini dell’accordo sono stati stabiliti da loro, non sono stato coinvolto”, ha dichiarato al termine della cerimonia per la firma di questo documento guida per il futuro, a breve termine, del Paese.

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