Miscellanea

Le cose che accadono sono tante e importanti, e resistere alla tentazione di commentarle tutte è difficile. Prendiamone alcune.

Sul fronte esterno, la decisione britannica di colpire l’ISIS anche in Siria, come stanno già facendo gli americani e i loro alleati arabi, è logica. È da lì che è partita la conquista militare di territori iracheni. Ed è lì a quanto pare che  sono stati sgozzati gli ostaggi occidentali. Ma questo non fa che rendere ancora più difficile operare in quel Paese senza o, peggio, contro Assad. Se non si vuole, per motivi politici non trascurabili, accettarne apertamente la collaborazione, va almeno considerato come un alleato obiettivo e come tale trattato. Anche perché i raid aerei  probabilmente non basteranno e ci vorranno azioni di terra che l’esercito siriano potrebbe essere in grado di effettuare se non è impegnato a battersi su altri fronti. La questione è sempre la stessa: siamo in guerra e in guerra bisogna scegliere non tra il bene e il male ma, spesso, il minore di due mali. Del resto, anche a Wahington qualche idea in proposito devono averla, visto che, a quanto pare, il Segretario di Stato ha avvisato Assad con qualche giorno di anticipo dei bombardamenti sul suo territorio. E va notato che contro i raid in Siria (non so per quale stupidaggine la nostra stampa continua a dire :”contro la Siria”) protestano, per la forma, Mosca e Teheran, ma assai poco Damasco (e intanto la Russia sta per fornire elicotteri d’assalto agli iracheni e l’Iran minaccia fuoco e fiamme se la jihad si avvicina alle sue frontiere). Al di là di questo, resta il problema di quello che farà realmente la Turchia. Teniamolo ben presente: a difetto di un intervento americano sul terreno, per il momento assai impopolare negli Stati Uniti, i turchi sono i soli nella Regione ad avere forze militari più che sufficienti a battere la jihad. Lo faranno? Staremo a vedere. Non è comunque difficile pensare che chiederanno all’Occidente contropartite pesanti, a cominciare dal non appoggio alle rivendicazioni curde.

In tema di terrorismo, le poco rassicuranti  dichiarazioni del Ministro Alfano a Bruxelles  sulla minaccia che incombe sull’Italia non sono certo né inattese né peregrine. Ci vuol poco a capire che siamo esposti, sia per la nostra posizione di membri della NATO, di partecipanti all’azione in Afghanistan e soprattutto perché siamo identificati un po’ sbrigativamente con la Chiesa di Roma e il Cristianesimo in generale. Conforta un po’ sapere che le Autorità italiane sono in allerta e che il Ministro si propone di presentare progetti di legge per indurire e rendere più efficaci le norme antiterroriste nel nostro Paese. Per favore, lo faccia senza perdere tempo e speriamo che i progetti non si perdano nella infinita melina parlamentare e non  provochino maldipancia nei soliti utili idioti di vario colore. È ora che, se un cittadino italiano decide di andare a combattere per cause non nostre in terre aliene  sia quantomeno messo in grado di non nuocere al suo ritorno in Italia.

Passando ad altro tema della settimana scorsa, la decisione della Corte Europea di Giustizia di dichiarare ammissibile il ricorso di Berlusconi contro la sentenza Mediaset è una buona notizia. Non perché ci interessi l’ex-Cavaliere, che di magagne morali ne ha da farsene perdonare fin troppe, ma perché corrisponde a una sana idea di giustizia, la quale deve essere sempre e comunque imparziale. Dichiarare il ricorso ammissibile non vuol dire accoglierlo. Vedremo, nella primavera prossima, il verdetto di merito. Se questo dovesse essere sfavorevole a Berlusconi, almeno metterebbe un punto finale a tante speculazioni di parte. Ma se dovesse essere favorevole, se cioè dovesse dichiarare che lungo i vari gradi del processo Mediaset non sono state rispettate le regole del giusto processo, sarebbe uno schiaffo per la nostra Giustizia e non potrebbe che incoraggiarci a rivederne il funzionamento. E magari introdurrebbe un po’ di serenità in un dibattito politico che del “berlusconismo” e “antiberlusconismo” può fare benissimo a meno (non è merito minore di Renzi aver messo un po’ da parte questo tabù).

Infine, l’art.18. Ho visto l’altra sera il Premier nel programma di Fazio. Si accalorava a spiegare che la revisione di quell’articolo non è che un aspetto di una riforma che tende a rendere più flessibile il mercato del lavoro e quindi a favorire nuova occupazione, ma contiene anche maggiori benefici per i lavoratori. Se così è, forse il Premier dovrebbe abituarsi a “comunicare” agli italiani, e non solo nei talk-show, in modo più ampio, ragionato e persuasivo, con dati e cifre alla mano, Ma quello che sta avvenendo nell’ala protestataria del PD è inaccettabile. La minoranza che ha perso tutte le battaglie, i D’Alema, Bersani, Fassina, che hanno contribuito al disastro italiano e che era lecito pensare che le primarie del dicembre scorso e le europee di maggio avessero messi a tacere una buona volta,  sono sempre lì, obiettano, discettano, esigono, arroccati su posizioni veterocomuniste che il mondo globale ha già condannate, sprezzanti della prima regola di ogni forza democratica: si discute, poi si decide a maggioranza e chi non è d’accordo accetta o se ne va. Lo stesso vale per i sindacati. Per fortuna, tra di loro appaiono vari distinguo, per esempio sull’opportunità di uno sciopero generale che, ricordiamolo sempre, impoverisce il Paese. Difendere i diritti dei lavoratori è un diritto-dovere dei sindacati e il sindacato in sé è una delle conquiste della moderna civiltà occidentale, ma ad essere difesi devono essere tutti i lavoratori, anche quelli che un lavoro non l’hanno ancora, e non solo chi ce l’ha. Alla CGIL e alla signora Camusso la storia di questi decenni, l’esempio dei sindacati in Germania, non hanno insegnato nulla, né li sfiora il sospetto che una politica sindacale intelligente e aperta alla realtà sia un fattore indispensabile di crescita economica a profitto di tutti, lavoratori compresi. Per loro conta solo la difesa a oltranza di un certo numero di iscritti (pare attorno a 2500) concretamente interessati al problema del reintegro per via giudiziaria. Che questo blocchi l’assunzione di centinaia di migliaia di giovani in attesa del primo lavoro, che freni nuovi investimenti, dall’estero e dall’Italia, non conta un ben nulla. L’ineffabile signora ha trovato anche uno slogan: “I lavoratori non devono essere servi”. Ovvio. Ma se possibile non devono essere neppure disoccupati.

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