Rassegna stampa estera
Settimana “piatta” per quanto ci riguarda. La Stampa Estera sembra poco attratta dalle continue discussioni che avvengono dentro e fuori dai Palazzi, provocando un insano prorogarsi delle urgenti decisioni da prendere. Nessun nome di politici di rilievo, al di là di quello di Renzi, viene fatto dalle testate internazionali, se non per brevi flash di notizie date per “dovere di cronaca”. Almeno questa è l’impressione. Un esempio? La nostra Ministra degli Esteri non viene citata da tempo. Strano visto tutto il “rumore” che era stato fatto per la sua nomina e visto che la Presidenza del semestre europeo è nostra, anche se ormai ancora per poco. Aveva forse ragione chi diceva che a Bruxelles a capo della PESC volevano una figura poco incisiva? I dubbi a questo punto sono leciti.
Tornando alla Stampa Estera, ancora un Renzi protagonista assoluto della scena politica italiana. Tutti gli occhi puntati su di lui per la conduzione della Direzione del suo Partito per l’approvazione del “job act”. Romaric Godin fa per La Tribune una puntuale analisi di quelle ore. “Ancora una volta, Matteo Renzi ha fatto prova della sua capacità di domare…il suo Partito. Lunedì 29 Settembre, il Presidente del Consiglio italiano aveva il difficile compito di convincere la Direzione del Partito Democratico di sostenere la sua riforma del mercato del lavoro (…) Il compito non era facile, anche se Matteo Renzi ha messo sotto chiave dal suo arrivo a capo del Partito nel Dicembre del 2013 le leve di comando. I <vecchi leoni> hanno ancora ruggito ieri, senza far paura a nessuno.” Godin continua spiegando come Renzi esca rafforzato da questa “vittoria”, racconta della morte “parziale” dell’Articolo 18, un “simbolo” prima di tutto e come sarà il nuovo mercato del lavoro, ma cosa importante è il precisare del giornalista che “non è un caso se Matteo Renzi abbia voluto fare un atto di forza su questo argomento in questa fine di Settembre. Il suo obbiettivo è evidentemente europeo. Tutti sanno che la soppressione dell’Art. 18 non rilancerà l’economia italiana che vegeta nella recessione dal 2011 (…) al contrario, questa riforma potrebbe ancora pesare sulla domanda interna del Paese. Ma l’essenziale si trova in realtà altrove: si tratta innanzitutto di dare delle garanzie alla Germania. “ Conclude Godin con una considerazione sulla “lezione” da trarre del “caso italiano”: ci mostra che i <contratti di competitività> sognati da Angela Merkel e Wolfgang Schauble, respinti dal Consiglio Europeo sono de facto ancora in vigore e alcuni Stati europei sono costretti ad abbozzare delle riforme, anche se “simboliche”, anche se nefaste, per ottenere la grazia di un rinvio sugli obbiettivi dei loro deficit o per attirare gli investimenti esteri. “ Lo scorso Giugno Matteo Renzi ha fallito nel tentativo di smuovere Berlino. E’ dovuto rientrare nei ranghi ed abbozzare. Ma cosa otterrà l’8 Ottobre? Sicuramente un gesto altrettanto simbolico che la soppressione dell’Articolo 18.” Amara conclusione ancora una volta. Bruxelles sempre più foriera di divisioni ce di inclusioni in un’unica famiglia?
Se Godin ha dato una lettura della riforma del lavoro in chiave europea, esportando la battaglia di Renzi negli uffici di Bruxelles, Philippe Ridet su Le Monde ne fa una guerra più patriottica. “Li ho piegati! Matteo Renzi non è un trionfatore modesto se crediamo alla stampa italiana che, martedì 30 Settembre, rendeva conto della riunione della Direzione del Partito Democratico della vigilia. Convocata per approvare o no il testo che il Governo presenta al Parlamento sulla riforma del mercato del lavoro, si è conclusa con un successo per il Primo Ministro: 130 voti a favore, 20 contrari, 11 astensioni (…) I suoi oppositori guidati da Massimo d’Alema, ex Presidente del Consiglio e Pierluigi Bersani, ex Segretario del Partito, non hanno pesato molto anche se a D’Alema va la miglior replica della serata: Il progetto del Governo è destinato a produrre effetti mediocri. Ci vogliono meno slogan, meno annunci e una maggiore azione sensata, ha dichiarato, riassumendo in una frase assassina tutto quello che gli oppositori rimproverano al Capo del Governo. Per sua fortuna questi ultimi sono, per il momento, tanto numerosi quanto disparati e obbediscono ad interessi contraddittori (…) Tuttavia la battaglia non è completamente vinta per il Primo Ministro. Ora si trasferisce al Senato dove il testo è in esame e dove gli eletti non sono tutti renzisti.” Ridet, rispondendo alle “minacce” di Renzi che paventa nuove elezioni se il testo non venisse approvato provocando un’ennesima crisi di Governo, nelle sue considerazioni finali afferma: “Senza alternativa né nel campo della sinistra, né in quello della destra, scommette che nessuno prenderà il rischio di far ricadere l’Italia, già in recessione, in una nuova crisi politica”. Un Presidente del Consiglio che appare ancora “sicuro di lui” e “dominatore”. Ma per quanto?
Alexander Stille su The New Yorker fotografa la visita di Renzi in America, le sue battute, le sue uscite a volte poco “diplomatiche” e la sua capacità di dribblare argomenti impegnativi ed evitare risposte precise giocando con le parole. Ma Stille ci ricorda che “il sistema italiano nel suo complesso è sclerotico, rallentato da un numero eccessivo di leggi e regolamenti che vengono utilizzati dai membri di un sistema politico parassitario per far passare progetti a loro favorevoli, bloccarne altri, e non di rado, per riempire le proprie tasche.” Ma il giornalista americano non finisce qui, mettendo ancora di più il dito nella piaga nel riportare i dati della Banca Mondiale sulla “facilità di fare business in Italia”: ci vogliono 1185 giorni per far rispettare un contratto in Italia, ponendoci più vicini all’Angola ( 1296 giorni) che alla Francia (395), Nuova Zelanda (216) o Stati Uniti (375). Stille è convinto che “Renzi, un comunicatore estremamente abile nell’era dei social media, è ben consapevole che la Renzimania – l’entusiasmo che lo ha portato alla sua carica lo scorso Febbraio – può trasformarsi rapidamente in Renzirimorso”.
I problemi dell’Italia scorrono sulle righe dei media. Disoccupazione, gas russo, “resti romani che si sbriciolano” in quella che Nick Squires paragona ormai alla “repubblica delle Banane”. Ma non solo problemi. Segnaliamo un bel articolo pubblicato da The Economist dedicato a Brunello Cucinelli e alla sua “capacità di pensare fuori dagli schemi” che gli ha permesso, nonostante la crisi, di crescere come brand e come giro di affari. “L’Italia sta vivendo una rinascita spirituale, culturale, economica e politica, dice Cucinelli (…) Ma ci vorrà del tempo affinché l’Italia rimetta a fuoco la sua economia su ciò che sa fare meglio: le produzioni di lusso.” Speriamo sia di buon auspicio!
Matteo Renzi impose sa réforme di marché du travail à son parti, titola Romaric Godin il suo articolo per La Tribune. “(…) Matteo Renzi, preoccupato di dimostrare all’Europa e in particolar modo a Berlino la sua volontà di riforme, ha voluto attraversare il Rubicone che aveva fatto indietreggiare Mario Monti stesso che era riuscito solo a modificare questo Articolo 18. Ma bisognava far accettare questo nuovo passo a un Partito Democratico erede del Partito Comunista Italiano.” (…) (R. Godin, La Tribune, 30 Settembre 2014)
Philipp Ridet per Le Monde: Matteo Renzi marque un point face à la gauche de son parti. “Alla fine si vota in Parlamento allo stesso modo che nel Partito, è convinto Renzi. In effetti, se il Governo dovesse trovarsi in minoranza, si aprirebbe una nuova crisi politica, trascinandosi dietro nuove elezioni” (…) (P. Ridet, Le Monde, 30 Settembre 2014)
In New York, Renzi Mania or Renzi Remorse? Cos’ titola il suo articolo sul New Yorker Alexander Stille. “Matteo Renzi, il Primo Ministro italiano, ha fatto piuttosto consapevolmente della Silicon Valley la sua prima tappa della sua prima visita ufficiale americana: <Non New York, non Washington, non Boston>, ha sottolineato Renzi, non molto diplomaticamente, alla platea del Council of Foreign Relations a New York, un assemblea decisamente più seria di quella che aveva incontrato in posti come Google e Twitter (Il Presidente del Consiglio italiano è un tweeter incallito).” (…) (A. Stille, The New Yorker, 27 Settembre 2014)
Nick Squires titola il suo articolo per il Telegraph: Roman remains crumble in Italy’s banana republic. “Gli archeologi temono che i resti di una grande villa romana trovata in Toscana possano essere nuovamente sepolti dopo che per anni hanno combattuto contro l’incompetenza burocratica” (…) (N. Squires, The Telegraph, 24 Settembre 2014)
Thinking outside the box titolano su The Economist l’articolo dedicato a Brunello Cucinelli.”(…) Se l’Italia riuscirà o meno a guardare avanti verso un periodo d’oro come auspica Cucinelli, una cosa è chiara: la società da lui fondata nel 1978 – una produzione di abiti di lusso in cachemire – sta andando sempre più forte (…) L’azienda è cresciuta rapidamente negli ultimi due anni e ha continuato ad essere redditizia.” (…) ( The Economist, 1 Ottobre 2014)
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