Italia delle Regioni

“Nell’adozione dell’Agenda urbana europea, le città devono giocare un ruolo da protagonista, queste le indicazioni dell’ANCI Associazione dei Comuni Italiani.  Fino ad ora sono state le Regioni il punto di riferimento istituzionale per l’Unione europea ma, nell’epoca della globalizzazione, questo approccio si è rivelato insufficiente perché oggi sono le grandi conurbazioni urbane ad essere determinanti per lo sviluppo e la crescita su scala globale”.

Lo ha ribadito il presidente dell’Anci e sindaco di Torino, Piero Fassino nel corso del suo intervento al summit dei sindaci europei, svoltosi la scorsa settimana a Roma in Campidoglio nella Sala Giulio Cesare, per discutere del ruolo delle città nella costruzione di un’agenda urbana europea condivisa.

“Sempre più dal destino delle grandi città dipende il destino dei Paesi”, ha detto Fassino, ricordando come “nel 2050 il 70% della popolazione mondiale sarà concentrata nei grandi centri. Sono le città il luogo dove vivono le maggiori opportunità, economiche e di sviluppo, e sempre nelle città ci sono le maggiori patologie della civiltà moderna. Da come si realizzano le politiche urbane, quindi, deriva la possibilità di governare, nel migliore dei modi, criticità e opportunità”.  Entro fine anno l’Unione europea adotterà la sua agenda urbana che per il presidente dell’Anci dovrà contenere cinque punti prioritari.

“La prima sfida – per Fassino – è finanziaria. Dovunque le politiche di rigore determinano riduzioni e contenimenti della spesa, a partire dal sistema degli enti locali. Quello che ieri si poteva fare con le risorse pubbliche oggi non è più possibile. Serve quindi un quadro finanziario diverso, basato su grandi partnership pubblico-privato, dove i grandi capitali privati si mettono a disposizione della pubblica utilità, questo anche in vista della prossima programmazione del ciclo di finanziamenti 2014-2020”.

Secondo tema centrale è per il sindaco di Torino quello delle smart city. “Bisogna ripensare le nostre città – ha detto – fondando lo sviluppo sull’innovazione, sulla green economy e sulla digitalizzazione. Serve però un cambio di passo anche culturale, per abbandonare il modello ottocentesco che regola ancora le nostre aree urbane e per sfruttare a pieno le tecnologie per la gestione della mobilità, del welfare, della sanità e del risparmio energetico. Solo così potremo migliorare e ottimizzare le relazioni che caratterizzano la vita urbana”.Terzo punto cardine, la coesione sociale.

“Nella crisi – ha ricordato Fassino – in tutte le città si allarga la polarizzazione tra chi perde lavoro e reddito e chi riesce a mantenerli”. Occorre quindi “costruire politiche di inclusione per mantenere al massimo il tasso di inclusione sociale che eviti la divaricazione tra la condizione dei cittadini”.Infine, il tema della sostenibilità e della riorganizzazione del territorio. “Oggi – ha rimarcato il sindaco di Torino – siamo tutti più attenti alla qualità della vita. L’idea di uno sviluppo continuo, come quella perseguita nel novecento,  è  un’idea che deve fare i conti con le contraddizioni che si porta dietro. Venti anni fa la sostenibilità era un termine sconosciuto, invece oggi è un parametro fondamentale.  L’Ue, anche attraverso il Patto dei sindaci e la strategia 20-20-20, la assuma come tema centrale della futura agenda urbana”.E il territorio? Per il presidente Anci “le città devono imparare a crescere senza consumo eccessivo del suolo. E dobbiamo ripensare l’utilizzo dello stesso, in particolare al recupero del patrimonio edilizio o degli spazi industriali inerti che possono diventare occasione di rigenerazione urbana”.

In questa ottica rammentiamo le  dichiarazioni dell’architetto  Renzo Piano: “E’ fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro”. Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?”. Va ricordato come 224 milioni di euro sono stati destinati all’attuazione del  “Piano nazionale per le città”,  predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dedicato alla riqualificazione di aree urbane, con particolare riferimento a quelle degradate nel periodo 2012-2017.

Il Piano della “Riqualificazione urbana” elaborato nel 2012 è uno dei provvedimenti più significativi per la rivalutazione e la vivibilità delle città, più dei vari Piani casa o di legislazioni e prassi urbanistico-edilizie che, di fatto,  svendono il territorio per fare cassa e permettono le colate di cemento  nei  nuovi quartieri ”dormitorio”  delle periferie cittadine, molto spesso senza la previsione di miglioramento della viabilità veicolare e ciclo-pedonale, di spazi verdi per ragazzi e famiglie, strutture sportive per i giovani e ricreative per anziani, in cui  non è  facile-  e soprattutto giusto – vivere dignitosamente.

Il provvedimento del 2012 prevedeva un Piano quinquennale per  investimenti in favore delle periferie urbane sino al 2017: l’articolo 12 del  decreto legge “Misure urgenti per la crescita del Paese”  stanziava risorse pari a circa 224 milioni di euro da destinarsi all’attuazione del “Piano nazionale per le città”,  predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dedicato alla riqualificazione di aree urbane, con particolare riferimento a quelle degradate. Le risorse disponibili sono state suddivise in sei annualità: 10 milioni di euro per l’anno 2012, 24 milioni di euro per l’anno 2013, 40 milioni di euro l’anno 2014 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.

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