Città metropolitane
Ci sono appena state le elezioni per rinnovare le province. Ah no, le province non ci sono più: sono state riordinate. Allora, meglio: ci sono state nei giorni scorsi le elezioni per eleggere chi governerà le aree metropolitane che tradotto in volgare sono le province che non si chiamano più così.
Prendiamo Roma. Il Consiglio metropolitano sarà ora composto da 24 consiglieri, 11 espressione della Capitale e 13 dell’hinterland, ai quali andrà aggiunto il sindaco metropolitano, ruolo che spetterà di diritto al primo cittadino di Roma, Marino Ignazio, che dal primo gennaio potrà poi nominare un vice e una serie di consiglieri delegati. Sono eleggibili a consigliere metropolitano i sindaci e i consiglieri comunali in carica.
Le dieci città metropolitane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria) e le aree vaste continueranno a occuparsi di ciò di cui si occupavano prima: soprattutto strade, pianificazione di territorio, ambiente, trasporto, rete scolastica. D’altra parte, non è che abolendo le province si aboliscono le strade e le loro buche.
Il che significa anche – e questa è una vittoria dei sindacati – che nemmeno uno dei 60mila dipendenti delle varie province verrà licenziato. D’altra parte, ci sono situazioni incancrenite che nessuno ha il coraggio di affrontare, dato il clima di grande menefreghismo che aleggia in questi ambienti. Chi pensava di trovare i palazzi finora occupati dalla provincia con i portoni chiusi e sopra un cartello con scritto affittasi, ha proprio toppato.
I consigli provinciali e delle città metropolitane non saranno quindi più eletti dai cittadini, ma dai consiglieri comunali e composti da consiglieri che svolgono il compito in modo gratuito. Comunque una bella cosa, almeno a parole; solo che la nuova legge, mentre toglie dipendenti alle province, li aumenta ai comuni, visto che i piccoli municipi vedono aumentare i loro consiglieri da 6 a 10, con un aumento di 24mila eletti.
Un primo passo che era atteso da tanto tempo, ma che probabilmente non porterà a quella enorme cancellazione degli sprechi che ci si attendeva da un’abolizione delle province vera e propria. Quindi tutta questa roba è un’immensa fregnaccia che ha partorito un topolino. Una delle conseguenze più gravi, però, è il fatto che Marino Ignazio ora sarà il sindaco della città metropolitana; avrà 221 comuni da non amministrare, insomma un successo per l’umanità. Pare che al seggio si sia lamentato che a Roma si svegliano tardi. E lì poteva rischiare grosso se non fosse stato che era il primo a votare, perché gli altri ancora dormivano.
E l’altra conseguenza è che ora i politici hanno trovato il loro sistema elettorale ideale: i politici si votano da soli, dei cittadini non c’è più bisogno!
E poi penso a tutta quella bella carta da lettere che verrà buttata al macero, i timbri, le targhe, i simboli delle province. Un trauma; un po’ come quando all’improvviso dalle targhe delle auto scomparvero le sigle, e quindi l’insulto che era diretto al territorio non solo alla persona, ritornò personale.
Bei tempi, pieni d’ ingenuità. Ora siamo città metropolitana; come se un nome facesse la differenza e forse la farà ma sicuramente in peggio.
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