Come ci vedono i Russi
1. Apparentemente assopita sui campi di battaglia, l’attuale drôle de guerre tra Federazione Russa e Ucraina sta invero mostrando le sue pervicaci conseguenze più sul piano spirituale che su quello materiale, andando a permeare la weltanschauung russa come puntualmente rilevato dall’istituto demoscopico Levada (certamente non tacciabile di esser prono alle trame putiniane).
Oggetto del survey svolto a settembre è infatti lo stato d’animo con cui gli intervistati si interfacciano con i principali partner e competitor della Federazione. Alla domanda “come vi rapportate nel complesso con gli USA”, il 73% del campione ha risposto “male”: un’ascesa sbalorditiva rispetto al 40% di nove mesi fa ed al 25% scarso del novembre 2012. Neppure durante la seconda guerra in Ossezia del Sud combattuta fra Russia e Georgia i malumori legati all’ingerenza statunitense sfociarono in un così marcato malcontento popolare. Si sono parimenti deteriorati i rapporti con l’Ucraina, giudicata anch’essa “male” dal 55% degli intervistati, picco negativo dell’ultimo quinquennio.
Non va meglio con l’UE: i consolidati rapporti fra i due contigui blocchi geoeconomici, che neppure la guerra georgiana era riuscita a scalfire, hanno mostrato inequivocabili segni di cedimento nell’ultimo anno. Oggi, appena un Russo su cinque definisce “buone” le relazioni con l’Unione. Tale atteggiamento si riverbera sulla valutazione di un eventuale ingresso della Federazione nell’UE; circostanza apprezzata favorevolmente negli ultimi tre lustri ma repentinamente tramontata nelle aspirazioni dei rispondenti. Oggi, a fronte di un 16% fautore dell’adesione, esiste un robusto 64% che la stigmatizza. Appena due anni fa, le percentuali erano invertite.
Al deteriorarsi dei rapporti con l’Occidente fa da pendant la luna di miele con i Bielorussi (solo il 32% degli intervistati li ritiene “stranieri”) e, mirabile dictu, la ritrovata armonia con i vicini Georgiani, con cui si relaziona “bene” il 47% del campione a fronte di un misero 34% ancora condizionato dai postumi del conflitto (ma era il 70% ad un anno dal termine della guerra).
Il quadro delineato merita due considerazioni. La prima, forgiata di fiducia, scaturisce da un’attenta disamina delle valutazioni espresse nei vari questionari. Il quadro che ne ritorna mostra come i Russi nutrano un risentimento verso gli Stati occidentali oggetto dell’analisi maggiore rispetto a quanto provato nei riguardi dei cittadini che quei Paesi popolano. Quella che può apparire mera sfumatura, testimonia invece come i legami economici, sociali, culturali (climax ascendente, ça va sans dire) con i Paesi Occidentali (in primis, l’Europa) compenetrino a tal punto i cittadini russi da esercitare una forza d’attrazione fra i due blocchi anche in una fase caratterizzata sotto il profilo politico da marcate spinte centrifughe (queste ultime forse da leggere in parallelo all’avanzare del negoziato per l’Accordo di Libero Scambio TTIP fra USA ed UE).
La seconda considerazione, al contrario, assolve la funzione di smorzare derive ottimisticheggianti. Trascorsi tre mesi da quando l’UE ha varato il più massiccio impianto sanzionatorio contro un Paese sovrano dai tempi delle misure contro l’Iran, è infatti tempo di stilare un primo bilancio. Cos’hanno prodotto le sanzioni? Certamente sadomasochistici danni economici, che forse solo nel lungo periodo potranno esser aggiustati. Sono tuttavia le ferite spirituali inferte a colpi di incomprensioni e giudizi apodittici che saranno ardue da lenire. Possibile che il destino dell’Europa, intesa quale bacino fecondatore di Popoli ed incubatore di idee, si compia nella sordità alle istanze altrui e nell’asettico perseguimento del fine politico-economico scevro da qualsivoglia considerazione etica e storica? [segue]
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